Leggendo questo racconto non avrai più dubbi su come contestare i conti correnti.
Ricordi la storia di John?
Ho deciso di scrivere questa seconda puntata per farti calare meglio nei suoi panni e nel suo punto vista – che potrebbe essere anche il tuo, no?
Molto bene, allora iniziamo. Ti preannuncio che lo scritto è un tantino lungo rispetto al solito proprio perché … è un racconto.
Vamosss!
John è un imprenditore che ha deciso di affidarsi a dei professionisti trovati su un blog per far analizzare tutti i rapporti bancari intrattenuti negli anni.
Un imprenditore come tanti, gestore di un’azienda sempre sul pezzo, cresciuta molto negli anni nonostante avesse incontrato molti periodi avversi.
Un po’ come tutti. I cicli economici buoni vanno e vengono.
I rapporti con le banche sono sempre stati ottimi e cordiali.
Devi sapere che l’impresa di John necessita un costante apporto di finanza. Importa molta merce dall’estero e questo comporta molto spesso il pagamento anticipato del fornitore.
Salvo rari casi di eccesso di liquidità, l’impresa anticipa l’ordine tramite la “linea” dedicata – o tramite l’utilizzo di linee di credito allo scoperto. Dipende dalla mole dell’ordine.
Nei tempi che corrono, per esempio, suggellati da un canale di Suez “sospeso”, con aumento di costi e tempi di logistica, John sceglie di importare carichi molto rilevanti, che anticipa con molta forza.
Avrai capito che il ciclo economico-finanziario ha da sempre impegnato in modo ampio tutti i fidi, così come gli smobilizzi dei crediti e le anticipazioni al salvo buon fine.
Certo, da qualche anno le banche stanno molto attente a non far superare i limiti degli affidamenti concessi, ma tant’è.
Belli erano i tempi in cui la banca pagava gli assegni anche se il conto sconfinava per qualche giorno. La fiducia era così tanta che era scontato che pochi giorni dopo la disponibilità sarebbe rientrata nei limiti. Questo consentiva, in effetti, una grande elasticità di cassa, ulteriore rispetto a quella del fido.
Adesso non funziona più così, pensa spesso John, ma è giusto così.
Il fatto è che John lavora con gli istituti da ben oltre 15 anni. E leggere tutte le fantasticherie su articoli di blog lo hanno molto incuriosito.
Articoli come:
- FIDO, EXTRA FIDO, PRESCRIZIONI… REALTÀ O MIRAGGIO?
- CONTO CORRENTE: COME AGIRE (PARTE 1)
- CONTO CORRENTE: COME AGIRE (PARTE 2)
Hanno stimolato molto la sua immaginazione.
“E se anche i miei conti fossero viziati in qualche modo?”
John fu molto colpito dall’effetto “palla di neve” che aveva letto in uno di quei post prima di prendere contatto con i professionisti.
Piccoli vizi insignificanti all’apparenza lasciano un segno indelebile nella gestione del conto corrente. Sono come tessere del domino. Se ne fai cascare una, quelle successive vanno giù una dopo l’altra.
Su un conto corrente accade la stessa cosa, pensò.
Metti che in quindici anni anche solo il 10% degli addebiti non fosse corretto. Quante differenze potrebbero aver generato nel tempo?
Fu così che John divenne un iscritto alla newsletter, da cui poteva coltivare un rapporto diretto col professionista. Ogni Venerdì riceveva informazioni interessanti su ogni aspetto della contesa.
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Non solo di carattere tecnico, ma anche su come gestirlo, in modo molto pratico e concreto. Una discreta infarinatura.
Alla lunga, si convinse e … prese l’iniziativa.
Se lo ricorda ancora oggi John, di quel primo incontro con il perito. Nel suo studio.
Era un pomeriggio nebbioso di Febbraio, non freddo, ma umido e uggioso.
Aveva con sé diversi scatoloni con molti estratti conto suddivisi per “banca” in modo molto meticoloso. Gli articoli che aveva letto lo consigliarono a presentarsi preparato.
La sala riunioni era calda ed accogliente.
Il perito entrò subito dopo di lui.
John sfoderò tutti i suoi assi. Chissà quanti scheletri si potevano tirare fuori da lì.
Evidentemente non bastava.
La prima cosa che il professionista chiese era investire in un po’ di tempo. Mise le mani avanti.
Per avere tutta la documentazione necessaria a fornire un report attendibile occorreva verificare ANCHE che cosa aveva in mano la banca.
Era un elemento non negoziabile.
Il CTP si ricordava bene, infatti, di quante volte all’inzio della propria carriera i giudici avevano respinto domande di ripetizione di indebito e di accertamento dei saldi di conto. Aveva imparato che la troppa fretta era deleteria e che una delle principali armi era la pazienza.
Non avrebbe mai più compiuto un errore del genere.
Adesso, il consulente sapeva che prima di decidere se azionare una causa doveva compiere due “atti”:
- la richiesta documentale ex artt. 119 e 117 TUB;
- la centrale dei rischi storica.
Pareva anzi molto intransigente sul punto.
<< Caro Sig. John, capisco la fretta, ma prima di redigere una perizia devo essere sicuro delle pattuizioni contrattuali esistenti. Devo capire quando sono nati i rapporti, in che modo sono stati regolamentati – se lo sono stati – le aperture di credito concesse e la prova delle modifiche unilaterali del contratto che rilevo dagli estratti conto >>.
Il consulente diceva che se mancava il contratto di apertura di conto corrente potevamo contestare la nullità dell’intero rapporto e recuperare tutti gli addebiti, salvo l’applicazione del tasso legale.
In effetti, John aveva appreso un bel po’ di nozioni leggendo gli articoli elencati più sopra.
<< e la centrale rischi a che serve? >>
<< Dalla mole di documenti che mi porta immagino che i rapporti durano da oltre 10 anni. Se partiamo con la causa – eccepirà senza alcun dubbio l’eccezione di prescrizione di tutte le competenze addebitate in conto oltre il decennio. Bisognerà allora essere preparati a dimostrare l’esistenza di linee di credito utilizzate in conto corrente … >>
<< Certo che ci sono … come pensa che abbia fronteggiato la ditta il fabbisogno di liquidità giornaliero? Può verificare Lei stesso che non c’è un singolo trimestre in cui il saldo del conto ordinario è attivo per più di qualche giorno >> sbottò John d’istinto.
<< Capisco, e lo credo bene. Ecco perché dobbiamo essere bravi a dimostrarlo. Se la banca eccepisce la prescrizione, il giudice chiederà al proprio CTU di calcolare rimesse solutorie e ripristinatorie. Non importa che Lei capisca la distinzione, anche se è molto più semplice sul piano teorico che pratico. Il punto è che se dimostriamo il rapporto affidato, abbiamo molte probabilità di abbattere in modo drastico il rischio di prescrizione e che ogni versamento – la rimessa – abbia avuto come fine solo quello di espandere la disponibilità del fido >>
Sarà, pensò John. Lui, il fido, lo aveva sempre utilizzato quasi interamente. L’azienda è una macchina e il motore dev’essere sempre sempre ben oliato per farlo correre.
Questa cosa della prova del fido turbava John. Come avrebbe fatto il consulente a provarlo senza che la banca avesse consegnato i contratti di credito?
Beh, da una parte, pensò, sarebbe molto buono se non ci fosse alcun contratto. Se è vero che tutti i prezzi, tra cui il tasso di interesse, devono essere “firmati”, la mancanza non può che far rideterminare i soli interessi al saggio legale.
Ma se poi il recupero degli interessi viene compromesso perché prescritto? E poi prescritto perché? Che si intende per rimessa solutoria?
Forse era per quella storia complicata tra rimesse solutore e ripristinatorie. Forse più ripristinatorie ci sono meglio è. Sì, in effetti tornava come ragionamento. Anzi, per la verità lo aveva già “beccato” su alcuni articoli del blog che parlavano proprio di questo:
Eccoli:
- Come dimostrare un fido nel 2014
- Come identificare le rimesse solutorie e calcolare le competenze assoggettabili a prescrizione
- Fido, Extra Fido, prescrizioni… Realtà o miraggio?
Uno di questi, forse il primo, parlava proprio di varie metodologie specifiche e pratiche per dimostrare l’esistenza di affidamenti. Uno di questi era “centrale dei rischi”.
<<Da CTP le dico quanto è importante per me avere la centrale dei rischi. E’ una specie di confessione. La Banca ci dice a quanto ammonta il fido accordato ad una specifica azienda mese dopo mese. Da ogni segnalazione si capisce il limite preciso, il grado di utilizzo e la forma tecnica. Naturalmente, devo trovare l’effettivo riscontro sull’estratto conto, ma nella maggior parte dei casi che ho trattato ha funzionato >>
<< Ma Le dico un’altra cosa non meno importante. Una volta capito che il fido esiste e per quanto, devo anche comprendere se l’indebitamento si è mantenuto sempre al di sotto del limite oppure se la banca Le ha concesso di “sforare”. Solo in tal caso il versamento che Lei avrà sicuramente fatto sarà solutorio e non ripristinatorio. E se la quota “extra fido” ripianata avesse compreso delle competenze, quelle si considerano pagate. E, dunque, prescritte, se il fatto è accaduto oltre dieci anni fa >>
John si lasciò convincere a richiedere la Centrale dei Rischi.
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Che c’aveva da perdere? Anche se gratuita, l’averla o non averla avrebbe spostato l’esito del giudizio per varie migliaia di Euro.
“migliaia? ne è sicuro?”
<< Una volta quasi un milione … solo per colpa della prescrizione >>
<< Adesso la massima giurisprudenza della Cassazione è favorevole al correntista, ma le assicuro che non è mai stato semplice far digerire il criterio del “saldo rettificato” al posto del “saldo banca” >>
<< Il saldo rettificato consente la verifica tra rimesse solutorie e ripristinatorio sul saldo giornaliero del conto corrente previamente rettificato dagli indebiti e ricostruito. Il saldo banca, invece, mi costringerebbe a far le analisi sul conto “inquinato” da annotazioni nulle che la banca non avrebbe mai potuto contabilizzare >>
<< Sa’, sig. John, il diritto alla rettifica per nullità non è soggetto a prescrizione. Se il saldo depurato è sotto il fido, il versamento che solo in apparenza – guardando gli estratti conto con saldo banca – sembrava solutorio diviene ripristinatorio >>
<< Per far questa verifica utilizzo il criterio finanziario istantaneo. Lo spiego in questo POST >>
John capì l’importanza della centrale dei rischi. Gli avevano sempre parlato di “segnalazioni” e “sofferenze”, ma solo in senso negativo. Non sapeva che esisteva un documento dove tutti i finanziamenti erano censiti.
A quanto pareva, in questa occasione era un elemento chiave da tenere in considerazione.
“Se solo fossi stato più consapevole, magari avrei tenuto tutta la documentazione invece di buttare via la rendicontazione ultradecennale e adesso non staremmo a richiederla alla banca”, pensò.
Passato il tempo necessario, John avrebbe ricevuto per PEC la documentazione richiesta da integrare alla sua.
<< Che succede se la banca non consegna i contratti? >>
Domanda ingenua?
Buon segno, disse il consulente.
<< Avremmo a che fare con un rapporto di conto corrente affidato senza però la regolamentazione del fido >>
Gli spiegava che conto corrente e affidamento erano un po’ come madre e figlio. La legge richiede la forma scritta a pena di nullità, per il primo. Per il secondo, dipende.
L’obbligo di forma scritta è più attenuata per il fido, se le condizioni generali sono già previste in un contratto – quello di conto corrente. Del resto il fido non è altro che una forma di finanziamento all’impresa utilizzato per mezzo del conto corrente. In questo caso, il conto corrente è solo uno strumento.
<< Sa che la Banca D’Italia prevede una forma attenuata di forma scritta per alcuni tipi di rapporti? Beh, l’apertura di credito rientra tra quelli >>
<< La banca ha uno specifico interesse a non produrre un contratto di apertura di credito perché valorizza la propria teoria delle prescrizioni >>
<< Il fatto che ci siano interessi e competenze annotate sul conto in un periodo eccedente il decennio avvalora l’ipotesi filobancaria per cui questi sono stati pagati. Se fossero indebiti, non puoi recuperarli. Gli hai pagati ma sono anche passati più di dieci anni …
… Dunque son prescritti… irripetibili>>
<< Ma noi contrastiamo questa impostazione nefasta >> disse il perito << Nessuno può eccepire la nullità dell’affidamento se non noi. Ce lo insegna l’art. 127 c. 2 TUB >>
Possiamo però eccepire la nullità delle condizioni di affidamento non pattuite in un apposito contratto.
A quel punto il consulente suggeriva a John di leggersi bene un paio di articoli del blog:
- Come dimostrare un fido nel 2024
- 5 elementi per verificare la presenza di affidamenti in un rapporto di conto corrente
<< Sosterremo che il fido c’è sempre stato pur se non regolamentato per iscritto >>
<< Sosterremo che la banca ha concesso un fido solo per fatti concludenti e per accordo verbale. Questo ci consente di tenere in piedi il fido utilizzato nel tempo. In questo modo, sappiamo bene che le rimesse sono in prevalenza ripristinatorie, non solutorie come vorrebbe far credere la banca >>
Ma per quanto riguarda le condizioni economiche, il discorso cambia.
Il consulente spiegava a John la necessaria regolamentazione scritta quanto meno dei tassi di interesse e delle condizioni connesse.
Il tasso di interesse è regolato da un articolo del codice civile, tra i più importanti di tutti.
L’art. 1284 CC prevede infatti che gli interessi maturano al saggio c.d. “legale” stabilito dal ministero dell’economia una volta l’anno.
In altre parole, spiegava, il tasso legale è il valore di riferimento, per tutti i capitali fruttiferi.
Le parti possono derogare a questa misura di legge solo per convenzione scritta. Altrimenti il maggior tasso di interesse non vale.
Esiste una norma ancor più specifica.
E’ l’art. 117 TUB, che impone la forma scritta dei contratti a pena di nullità e l’indicazione del tasso di interesse, appunto, e di ogni altro prezzo.
Nel caso di mancata indicazione del tasso di interesse la legge sostituisce il vuoto con il minor rendimento del tasso bot annuale emesso nei 12 mesi precedenti lo svolgimento dell’operazione.
<< Sa’, sig. John. A noi ci interessa eccome che il fido ci sia ma allo stesso tempo che il tasso di interesse sia nullo e sostituito con uno dei due che le ho detto prima >>
Non era comunque un fatto scontato.
Con la centrale dei rischi il perito avrebbe senza dubbio dimostrato l’esistenza dell’affidamento. E comportato, così, la possibilità di rideterminare il saldo dare avere con i tassi sostitutivi migliori – certo, se la banca avesse “cassato” la consegna dei contratti di credito.
Un vantaggio solo sulla carta, ma con presupposti solidi.
John non capiva molto bene.
“se dimostro che il fido c’è, ma che non sono pattuite le condizioni … come fa un giudice a sostenere il contrario?”, pensava.
<< Le racconto adesso un caso che conferma tutti i rischi che le ho esposto. Anzi due. Pensi ad una ditta di trasporti. Sono il CTP in una controversia con oggetto conti correnti affidati ma senza contratti, proprio come il suo caso.
Adesso pensi ad un attività commerciale nella vendita al dettaglio di elettrodomestici. Anche di essa sono il CTP in una causa del tutto simile: la ditta ha tenuto per 40 anni un conto corrente affidato, estinto pochi anni prima della causa.
Per entrambe le società, le rispettive banche hanno consegnato i contratti di apertura ma non le relative aperture di credito. Le centrali dei rischi testimoniavano i limiti dell’accordato tempo per tempo concesso dall’istituto.
La prima è stata vinta su tutta la linea con un recupero di oltre 100.000 Euro – oltre spese legali.
La seconda è stata persa, in primo grado, senza neppure che il GI si degnasse di ammettere la CTU.
Eppure le contestazioni erano più o meno le stesse. Le prove erano le stesse. Entrambi i fascicoli contenevano estratti conto, centrale dei rischi e contratti di conto corrente >>.
John era molto perplesso di fronte a tutta questa incertezza.
“come può essere vera questa netta contraddizione? e lui, se fosse partito, in quale dei due film avrebbe recitato la sua parte?”
Stava di fronte al professionista, indeciso sul da farsi.
Da una parte era tentato a procedere senza indugio. I numeri in gioco erano importanti. L’effetto palla di neve aveva generato un valore “sommerso” che non poteva non considerare per la sua azienda.
Ripensava all’azienda di trasporti. Ha atteso 3-4 anni ed ha avuto successo. Non capita tutti giorni recuperare 100.000 Euro da poter reinvestire nell’attività
Era un’occasione da cogliere senza alcun tipo di esitazione.
Dall’altra parte, però, John era timoroso. Gestire un’azienda comporta molti sforzi, energie e tanta concentrazione focalizzata. Non avrebbe voluto farsi prendere dall’entusiasmo del momento, dai bei numeri, e dalle speranze di vittoria.
Questa cosa avrebbe impegnato la sua testa per qualche anno a venire. Magari gli sarebbe pure passato di mente. E poi dopo qualche tempo, magari, sarebbe arrivato il verdetto negativo come l’azienda di trasporti.
Anni di pensiero per vedersi beccare pure una condanna.
Fu lì che allora John si fece forza.
Il consulente aveva una terza storia da raccontargli.
Si trattava di una società fallita per la quale stava prestando consulenza tecnica di parte in varie cause per il recupero di ulteriore “attivo” da distribuire alla massa di creditori.
In effetti, il caso era abbastanza sconcertante, anche per John, nonostante fosse del tutto estraneo alla materia.
<< Avevamo da gestire questo conto corrente affidato da oltre dieci anni dalla dichiarazione del fallimento, con annesso conto anticipi. Nelle indagini preliminari avevamo preventivato un recupero di oltre 100.000 Euro. Poiché i rapporti già erano stati estinti prima del fallimento, tutto il beneficio sarebbe stato per cassa >>
<< Il tribunale ci conferì l’incarico. Procedemmo spediti verso la mediazione che andò negativa. Non sto a raccontarle le vicissitudini che sono accadute in quella sede, per non farle perdere tempo. Andammo in causa fiduciosi di un buon risultato ed elettrizzati dall’idea di portare al fallimento un attivo non inventariato e che non faceva parte del piano di liquidazione >>
<< Qualcosa andò storto. Non sappiamo bene il motivo ma il giudice ammise una CTU molto limitativa e negativa per noi. Il perito fu chiamato solo ad accertare se il primo trimestre documentato dagli estratti conto in atti fosse ‘usuraio’ o no >>
<< Il quesito non dava spazio ad ulteriori accertamenti. Per noi l’importante era il ricalcolo dei rapporti con tasso sostitutivo ex art. 117 TUB con capitalizzazione semplice. Non ci importava nulla dell’usura >>
<< Ovviamente il CTU doveva limitarsi a quanto il giudice chiedeva. E infatti non rilevò nulla. La sentenza fu dunque una condanna. Non è bello per un fallimento dover avviare un appello, soprattutto se hai i soldi contati per il riparto >>
<< Però in effetti la sentenza era illogica e non teneva conto della nostra domanda. Detto tra di noi, una vera ‘porcata’. E poi la posta in gioco era troppo alta per abbandonare il tutto >>
<< Non ci siamo scoraggiati. Abbiamo fatto appello ed … è andata bene. La Corte ha ammesso di nuovo la CTU, stavolta con tutte le richieste che ci avrebbero dato ragione. Il perito, stavolta, ha confermato i nostri dati, prospettando un recupero di oltre 100k come da programma >>
John era esterrefatto e rincuorato. Sebbene sempre molto perplesso.
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“Capisco che la materia possa essere complicata” pensò “Ma che una ditta debba star sulla graticola perché non c’è certezza di giudicato è alquanto sconcertante”
<< Vede sig. John >> proseguiva << la contesa ti afferra ma non ti molla. E’ una guerra, e come tale dev’essere combattuta colpo su colpo. Alcune battaglie sono dure, altre più agevoli …
… Ma occorre combattere molte di queste battaglie prima di vincerla. E prima ancora bisogna prepare molto bene il terreno prima uscir fuori allo scoperto e limitare gli errori il più possibile.
Bisogna prevedere tutti gli scenari possibili. Anche quelli più temuti dati dalla difesa passiva compiuta dalla banca.
Noi adesso la diffideremo a consegnarci tutta quanta la rendicontazione dei rapporti dall’inizio fino ad oggi. Contratti e modifiche comprese.
Non è per nulla detto che ci dia tutto. Neppure se la sollecitiamo e la ingiungiamo.
E magari le nostre valutazioni saranno sbagliate. Non perché siamo ignoranti o non preparati, mi capisce. Ma perché non dobbiamo escludere che la banca alleghi documenti a noi non convenienti soltanto in fase di comparsa.
A quel punto dovremo modificare le nostre analisi, quasi sicuramente in peggio.
Ma siamo comunque preparati anche a questo. Devo dire che in oltre dieci anni ne ho viste di tutti i colori >>
Adesso John comprendeva la necessaria urgenza di richiedere preventivamente la documentazione bancaria. Lo aveva fra l’altro letto in un post intitolato “perché chiedere documentazione ultradecennale”
E anche la centrale dei rischi, anche se non tutti gli affidamenti potevano essere rinvenuti lì.
Nei primi anni 2000, infatti, la ditta di John era in crescita ma non disponeva di linee di credito di importi rilevanti. Godeva di uno stock di affidamento comunque importante, ma suddiviso tra più istituti bancari.
<< Tenga conto sig. John >> diceva il consulente << che fino al 2008 circa le banche non erano tenute a segnalare in centrale dei rischi affidamenti inferiori ai 75.000 Euro.
Lo si vede nella Circolare n. 139/1991 aggiornata al 2008.
Poniamo che disponesse di un fido di Euro 50.000 in conto corrente. La centrale dei rischi resta “pulita”. Ma il fido in quel caso c’è, come lei sa bene, ma lo si deve dimostrare in altre maniere.
Dal 2009 il limite di censimento si è abbassato a 35.000 Euro >>.
“Beh, non esisterà solo un modo per dimostrare l’esistenza del fido senza la centrale rischi – e senza contratto, certo” pensò John.
“Mi domando solo come sia possibile. Non voglio di sicuro veder svanire parte del recupero solo perché ad un giudice non interessi capire se il fido c’è oppure no.
Anche perché parliamoci chiaro.
Ho letto qualcosa a proposito di 5 metodi per dimostrare l’affidamento – uno di questi era proprio la centrale dei rischi.
Ma non sono così convinto.
Da come mi ha descritto il consulente, sembra quasi che l’apertura di credito in conto corrente sia come una fiesta e che un imprenditore affidato possa utilizzare il conto corrente a proprio piacimento. Pagando ed emettendo assegni con fiducia che la banca ‘paghi’ sempre… senza accorgersi di nulla.
No! Non è così.
Un imprenditore non entra ed esce dal fido come gli pare e piace.
La banca sta molto attenta. Ti mette un bel recinto intorno tanti metri quanti sono l’affidamento. Tu puoi sgambare quanto ti pare in quel giardino o parco recintato. Ma non esci di lì, se non ti danno il permesso. Puoi provarci, ma non riesci.
Un giudice deve capire che puoi uscire dal recinto solo se ti viene permesso.
Ma se ti viene permesso, non è un nuovo accordo con chi ti ci ha messo, in quel recinto?”
John, che stava iniziando a comprendere la portata di quello che gli diceva il consulente, era un fiume in piena.
“Io ho sempre utilizzato tutti gli affidamenti sapendo esattamente quale fossero i limiti di ognuno di essi. Sia che si trattasse di apertura di credito, sia di anticipi import/export che di smobilizzo credito.
La banca non mi ha mai concesso di disporre bonifici per andare oltre fido. O meglio, io gli ho disposti qualche volta, soprattutto ad inizio attività. Ma solo per creare la contabile da mandare al fornitore e fargli vedere che avevo pagato – cavolo è passata una vita!
Ma la banca, non li ha mai contabilizzati senza disponibilità di fido.
Se lo ha fatto, la banca, è solo perché avevo bisogno di qualche migliaia di euro extra di disponibilità, ma temporanea per qualche giorno, o per qualche settimana. O magari perché qualche cliente mi ha mandato l’insoluto di riba che avevo anticipato.”
“Tutti i versamenti che facevo, i bonifici che ricevevo, le ricevute che maturavano a scadenza erano tutti accrediti destinati a ripristinare il fido”, concluse allora John, sconcertato di come i giuristi potessero avere escogitato trucchi giuridici per mandare in prescrizione roba che neppure poteva considerarsi pagata.
“Da una parte posso capirlo. I giudici sono abituati ad incassare lo stipendio su un conto. Non a lavorare con le banche con fidi. Non hanno certo la sensibilità di comprendere il meccanismo che ne sta alla base”.
Come dargli torto.
Il consulente, però, proseguiva ed insisteva nella necessaria dimostrazione dei fidi in epoca precedente i dieci anni da oggi.
“beh, lo accontenterò. Si tratterà di aspettare qualche altra settimana, prima di iniziare la guerra con la prima battaglia. Intanto, zolliamo bene il terreno per una semina fruttuosa. Ci vorrà del tempo per avere un raccolto di qualità. Io aspetterò”
Finita la filippica sulla fase istruttoria di matrice molto agricola, per la verità (“semina, terreno, raccolto … bà, molto particolare ‘sto commercialista” pensò John “che poi, cosa c’entra con la guerra?”), ecco svelati i veri rischi della contesa.
<< Non è tanto la difesa della banca che ci preoccupa. Noi siamo convinti dei presupposti tecnici e giuridici alla base del nostro attacco. E’ chiaro che se per noi ci sono, questi presupposti, siamo pronti a difenderli con le unghie e, mi passi, il termine, fino alla morte >>
E allora?
<< Si combatte uno contro uno, stando attenti alle mine vaganti che potrebbero danneggiare se non compromettere tutta la strategia. E sono due
… uno è il giudice
… l’altro è il CTU
Poniamo che il giudice voglia comunque ammettere la CTU, nominando il perito e formulando il quesito.
Come lo formula ‘sto quesito? >>
“Me lo dica lei …” pensò John
<< Chi nomina come CTU? Un esperto o uno qualsiasi? >>
<< Sono due domande per nulla banali, e le spiego il perché sig. John >>
Proseguiva così
<< Il legale spiegherà meglio di me che noi possiamo senz’altro proporre un quesito ben circostanziato per ottimizzare l’emergere delle illegittimità da noi rilevate. Bene?
Ma non è detto che il Giudice lo accolga. Molto spesso infatti il Tribunale competente ha un quesito standardizzato che sottopone al suo perito indipendentemente dalle domande dell’attore – in questo caso noi.
A volte è ben fatto, altre no.
A Firenze o a Roma, per esempio, sono standard e abbracciano – quanto meno per quanto ho potuto riscontrare nel tempo – quasi tutte le casistiche possibili. Anche quelle che prevedono la verifica delle prescrizioni.
Fortuna che in questo momento storico vige la verifica del ‘saldo rettificato’ >>
Ecco che cosa intendeva per criterio finanziario istantaneo, pensò.
<< Poniamo che il quesito standard sia comunque favorevole (e lo è se abbraccia tutti gli aspetti possibili e gli orientamenti elaborati negli anni dalla giurisprudenza). Chi diamine ci nomineranno come CTU? Uno che mastica il ‘bancario’ o uno che di ‘bancario’ intende il suo direttore di filiale? >>
<< Mi auguro che sia uno che quantomeno si qualifica come ‘esperto’ nell’analizzare e ricostruire rapporti bancari. So per esperienza che un giudice sceglie da una lista di iscritti specifica >> intervenne John molto spazientito.
<< Beh, non è così semplice. Le posso stampare l’albo dei consulenti e commercialisti iscritti in Tribunale. Nessuno indica nella specializzazione ‘diritto e contenzioso bancario’, ma generici ‘consulenza aziendale, fiscale’ e simili.
Un giudice che persiste nella rotazione degli incarichi nominerà commercialisti o consulenti generici. Badi bene, essere commercialista non significa essere ‘tuttologi’ esperti in tutto come 30 anni fa.
Chi ‘pratica’ contesa bancaria, si impegna per lei per il 90% del proprio tempo ‘lavorativo’. Non c’è altro scampo, per come la vedo io.
Se uno si trova al primo incarico, e non sa minimamente di cosa si parla, prego il Cielo che si avvalga di un collaboratore ‘esperto’. Invece di andar dritto solo per portare in saccoccia il compenso.
Per fortuna i conti correnti possono essere gestiti anche con dei software automatizzati – che io non uso. In quel modo riescono comunque a portare avanti le ricostruzioni.
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Certo, magari non sono in grado di rispondere alle osservazioni delle parti, se ci sono rilievi da eccepire.
Però ad un numero riescono ad arrivarci, per lo meno.
Per mutui e derivati la storia cambia. Ma non è il suo caso, sig. John >>
<< La mia statistica parla chiaro. Se il CTU fornisce un calcolo che ci dà ragione – non dico in termini di numeri esatti quanto nel riconoscimento delle patologie sollevate – è molto probabile che il giudice segua il suo perito e dia ragione all’attore.
In quel caso, sbocciamo … salvo appelli antipatici.
Se il CTU
… non rileva anomalie – o meglio, non rileva tutte le anomalie che abbiamo sollevato
… non è abbastanza umile da recepire le osservazioni che sollevo in fase di osservazioni
Il giudice si legge una perizia non veritiera e, ahimé, la segue – se non recepisce lui stesso le osservazioni contrarie o rimette in istruttoria la causa >>
John adesso capiva l’importanza di avere consulenti non improvvisati o appannati solo dal valore della pratica tanto da non poter (o voler) dire di no.
Prima di arrivare in questo studio (“se la bella e artistica sala riunioni riflette la competenza professionale, direi di esser capitato nel posto giusto … o almeno spero”) aveva letto varie sentenze e articoli sparsi sui social, siti e blog.
Leggere le sentenze lo interessava.
Vedere tutti quei bei recuperi, quei risultati positivi, quei numeri.
Voleva a tutti costi capire se poteva far parte di quella cerchia di imprenditori che l’avevano vista lunga.
“Non tutti sono fortunati come me” pensava John.
“La mia azienda è in bonis. Lo è sempre stata. Molti di questi che ho ‘letto’ sono casi patologici. Leggo di opposizioni a decreti ingiuntivi o intimazioni di pagamento. O anche fallimenti che si accingono a recuperare attivo per i creditori proprio come mi raccontava il dottore poco fa”
Sicuramente, capì che non aveva nulla da perdere.
L’unico neo di tutto questa storia è che un pochino aveva da perdere, John.
Proprio perché era in bonis – era solo una curiosità la sua – sapeva che in fondo fondo poteva esserci un qualche rischio di incrinare i rapporti con le proprie filiali di riferimento.
“Poco mi importa. Se qualcuno ha fatto il furbo con me solo perché avevo bisogno del bene-denaro per alimentare la mia attività è giusto che in qualche modo ne renda conto”
“Se ho la forza, mi preparo a chiudere i rapporti, se necessario. Altrimenti, cercherò altri fornitori. Del resto, in passato, le banche non hanno mai impiegato più di un mesetto per ‘affidarmi’. Mi presenterò in qualche nuova banca, all’occorrenza”
“Io penso alla mia azienda. Ai miei collaboratori, ai miei clienti, ai miei fornitori e, non certo da ultimo, ai dipendenti. Ho imparato molto da imprenditori luminari come il buon “Ferrero – anche se ovviamente non lo sanno.
La mia azienda produrrà valore e lo condividerà solo con chi è disposto a dare il suo. Solo così crescerà e impatterà in modo creativo e positivo sul territorio e sui mercati. Solo così cresceremo tutti insieme.
Quel Ferrero è stato davvero un’icona mondiale che tutti dovrebbero imitare.
E mi ha insegnato tanto, pur solo ascoltando un audiolibro.
Chi danneggia i miei affari – anche senza saperlo – danneggia la mia azienda intesa come ecosistema e tutto il suo sottobosco”.
“Andrò a riprendermi il valore che mi hanno tolto ingiustamente” decise John.
“Il consulente mi ha convinto:
… gli firmerò la lettera per diffidare gli istituti ‘scorretti’ a consegnarmi tutti i documenti… non solo quelli del decennio, ma tutti quanti
… richiederò la centrale rischi dall’anno in cui ho aperto i rapporti bancari fino ad oggi
Seminerò il terreno in abbondanza, lo annaffierò e lo accudirò, aspettando che il raccolto cresca e che cresca bene.
Voglio un prodotto di qualità, per me, per la mia azienda e per tutti coloro che le gravitano intorno.
Se il raccolto sarà buono, ne godremo tutti”
All’esito dell’incontro, John si sentiva ispirato, evoluto ma soprattutto motivato.
Il perito lo aveva messo in guardia di tutti i rischi e tutte le possibili frane e smottamenti che avrebbe incontrato scalando l’Olimpo (se il consulente era più “hemingwayano” nel rappresentare la contesa come una battaglia, John preferiva l’immagine della montagna impervia da scalare).
Ma adesso ne era consapevole e sapeva ogni cosa gli era necessario per decidere.
Pochi mesi prima non ci avrebbe mai pensato.
Ma guarda tu se un umile blog avesse potuto contaminarlo così a poco a poco. Tanto da farlo decidere ad iscriversi alla sua newsletter, che riceveva puntualmente ogni Venerdì.
Addirittura, da convincerlo a comprare una guida giusto per iniziare a capirci qualcosa. E ancora – mai prima ci avrebbe pensato – da prendere il telefono e chiamare lo studio e prendere un appuntamento.
Già solo la cordialità della voce di quelle “ragazze” (il consulente le chiamava così) lo aveva messo a proprio agio. Si sentiva che era nel posto giusto.
Quell’ora di riunione glielo aveva confermato.
<< Molto bene dottore, mi ha convinto. Mi ci lasci dormire un paio di notte e la ricontatterò per procedere >>
John si alzò, strinse la mano al “dottore” e si infilò il suo “casentino” TACS® di morbida lana – che adorava proprio come suo padre prima di lui.
Salutò le “ragazze” e uscì dal palazzo.
Era un fresco tramonto invernale. Un’ora prima l’aria era nebbiosa e grigia. Adesso era pulita e frizzante.
Mentre la “volta” si faceva scura, apparivano le stelle, limpide e belle.
John si fermò un attimo e ammirò in silenzio.
Poi salì sulla Porsche® e tornò in azienda.
p.s.
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