Fido, Extra Fido, solutorie e prescrizioni. Realtà o miraggio?
In questo articolo cercherò di metterti in testa un mare di dubbi sulla dissolvenza (reale o fittizia) tra tutti questi bei concetti.
Ti faccio una piccola premessa. Se sei abituato a leggere le tonnellate di giurisprudenza in tema di fido, extra fido, rimesse solutore (e ripristinatorie), prescrizioni, forse ti scandalizzerai un po’ nel leggere le prossime 4.000 parole.
O forse no.
Se sei un “pratico” e “smanettone” probabilmente non avrai troppi problemi a condividere ciò che ti dirò.
Ma lascia che la prenda un pochino larga.
Chi sono io per dettare “legge” su quetioni superdobattute da anni in giurisprudenza ?
Nessuno di particolare interesse.
Prima di tutto un umile appassionato di contesa bancaria. Poi professionista.
Ma non solo.
Spesso mi inquadro anche un “mezzo” imprenditore per mettermi sullo stesso piano di una impresa cliente e comprenderne al meglio le dinamiche.
L’attività professionale è anche “gestione”. Lo Studio richiede una gestione, fatto di impegno stratificato su più piani multidisciplinari. Tra questi ci sono persone, infrastrutture, relazioni, fornitori, clienti.
E soprattutto risorse. Tra queste risorse ci sono i “sordi”. Ma non tanto quelli che incassi dai clienti (se pagano!), ma anche quelli passivi, che rendono la struttura equilibrata da un punto di vista finanziario.
Per intendersi, i “soldi” prestati dalle banche.
I desideri e le aspettative positive non bastano certo pagare gli affitti, i dipendenti, i collaboratori e i software. Neppure bastano a sostenere incarichi di medio lungo termine, che spesso pagano (molto) dopo 2-3-5 anni.
La verità è che i fidi servono in un contesto del genere.
Io stesso sono un cliente delle banche.
Ti torna male, visto che la mia vita (attuale) ruota intorno alla contesa ?
Parliamoci chiaro.
Io non sono contro le banche. Il credito è linfa vitale per il nostro sistema banco centrico. Senza credito saremmo tutti a coltivare patate.
Ho molta fiducia nel sistema. La fiducia è la benzina del sistema e del rapporto banca-cliente.
Detto questo, mi aspetto sempre che il rapporto banca-cliente sia giusto, equo e sano. Che la fiducia sia sempre onorata.
Non lo penso solo io.
E’ quello che sia aspetta un imprenditore quando stipula un contratto di leasing, per esempio. Se firma per un tasso interno di attualizzazione, confida che quello sia.
Ed è quello che si aspetta un investitore, quando acquista una posizione di copertura attraverso un derivato interest rate swap (irs). Ha molta fiducia nell’intermediario che funge da consulente e da controparte, e nel fatto che quel “marchingegno” finanziario sia effettivamente meritevole.
Per non parlare del consumatore. Non sa nulla di matematica finanziaria, ci puoi scommettere. E non è un consulente tecnico di parte. Si aspetta dunque che il mutuo che firma innanzi al magno notaro sia perfetto e determinato in ogni sua parte. Non è capace di comprendere il marchingegno del regime di capitalizzazione composta o di quello semplice.
In altre parole, il cliente nelle vesti dell’imprenditore, investitore e consumatore si aspetta di essere tutelato sempre. Non certo di prenderlo in tasca.
Eppure, dal 2011 mi rendo conto che non sempre ciò accade.
Così come mi sono reso conto che non tutte le concessioni di credito sono fruttuose per la collettività.
Mi piace molto pensare al credito come un qualcosa di costituzionalmente protetto, al pari della libertà di impresa.
Difendo molte curatele in sede di domanda di ammissione allo stato passivo. E quando mi accorgo di indizi di concessione di credito “abusive”, mi par di vedere la costituzione calpestata.
Sai perché?
Non ci rimette solo l’azienda “fallita”, ma la collettività. Tutti i creditori – tranne i privilegiati, certo – che restano col cerino in mano, condannati a stare al tavolo a guardare gli altri commensali sgranare quel poco di attivo succoso che è rimasto.
Il credito è filtrato dalle persone, dalle relazioni e dalle emozioni.
Ma perché ti sto raccontando tutto questo? Cosa c’entrano le relazioni con fido ed extra fido – visto che è l’oggetto principale di questo post?
Ok, torno subito in me. Questa breve digressione mi è servita solo per farti tenere in mente che la contesa bancaria non sono solo numeri, contratti e prove. Vi è molto di più.
C’è un tipo di prova che trascende dai documenti che tu puoi allegare in giudizio.
Uno di questi è il lato umano.
Lasciami spiegare, prima che tu decida di abbandonare il post.
Lo scorso anno – in seguito ad alcune riorganizzazioni – ho aperto un nuovo conto corrente e chiesto la concessione di fidi commerciali.
E’ andata più o meno così.
Prima ho firmato l’apertura di conto corrente.
Poi le aperture di credito. Ma solo dopo aver perfezionato l’istruttoria. E, solo all’esito di questa, ho firmato il “fido”.
Come già ti ho spiegato in un articolo specifico che trattava su come influisce l’inesistente forma scritta dell’apertura di credito sul ricalcolo del tasso di interesse entro fido, i due documenti sono quasi sempre separati.
Se hai un’impresa non ti insegno nulla di nuovo.
Se invece sei un giurista, un consulente o un avvocato che si occupa di contesa ma non hai mai firmato o gestito in prima persona un’apertura di credito, drizza bene le antenne.
Sono anni che gestisco linee di credito e credo di aver capito come funzionano.
L’esperienza diretta ha contribuito enormemente …
… ad entrare in piena intimità nei contenziosi
… a vedere alcuni aspetti tecnici molto difficili da scovare.
E qui mi riallaccio al fido. O meglio, all’extra fido.
Perché questa distinzione è importante?
Lascia che te lo dica.
Se sei un assiduo lettore del mio blog e della preziosa (per me) newsletter collegata, ti sarai senz’altro imbattuto nell’articolo che tratta le rimesse solutorie ed il criterio che ritengo giusto per imputarle ad interessi e capitale.
In effetti è uno dei post più letti (oltre a quelli su leasing e derivati).
La distinzione fido-extra fido conta parecchio quando in ballo c’è una richiesta di ripetizione di indebito o di accertamento del saldo reale di conto corrente. Non tanto per l’ammontare dei “sordi” che chiedi indietro, ma per quelli davvero ripetibili.
Su questo tema c’è grande, enorme confusione a mio modo di vedere.
Ti dico come la penso e metto le mani avanti.
La rimessa solutoria non è il diavolo.
Una volta trovata, quantificata e pesata, non comporta un danno immediato per il correntista.
E’ il “come” viene imputata che genera la gigantesca confusione che ti dicevo poco più sopra. Prima di tutto fra i consulenti d’ufficio.
Diciamoci la verità. Ricostruire, oggi, un conto corrente non è complesso, neppure per i CTU di prima nomina. Basta noleggiare un software, occuparsi del “data-entry”, attenersi al quesito del giudice e stop. Anzi, poi devi scrivere la relazione. Io adoro farlo, anche quando colleghi chiedono collaborazione. Adoro scrivere.
L’iter rimesse solutorie > imputazione > competenze prescritte è un’operazione dannata. O meglio, il buon Dante inserirebbe coloro che riescono nel paradiso, vista la difficoltà nel compiere l’operazione senza danneggiare il correntista.
Non è un caso, infatti, che proprio questo sia il principale terreno di scontro.
Un’interpretazione sbagliata sul fido, extra fido, rimesse solutorie ed imputazione a interessi/capitale può costare al correntista decine e decine di migliaia di Euro. In un caso che ho trattato personalmente presso il tribunale di Pistoia come CTP addirittura centinaia di migliaia di Euro (da una prestesa per circa 1.000.000 Euro ne siamo usciti con una “vittoria” in primo grado per “soli” 40.000!).
Lascia che te lo dica.
Sono un appassionato di contesa bancaria dal 2011. Io stesso sono un correntista, come hai letto poc’anzi, sia in proprio sia per il tramite di due società di cui sono socio. Ho firmato contratti di credito che tutt’ora gestisco.
E ti dico una cosa.
Un qualcosa che ho appreso nell’effettuare pagamenti, anticipare il portafoglio effetti s.b.f., smobilizzare crediti, ritirare le ri.ba di fornitori…
… l’extra fido è (solo) un nome ma non un fatto.
“tomma’ stai fuori … ???”
Una bella provocazione, non trovi?
Parlo della sostanza dei fatti.
Prima di svelarti il perché di questa “illuminazione” (o abbaglio gigantesco?) voglio darti un paio di input.
Faccio un passo indietro.
Poco più sopra ti ho detto che il terreno di scontro principale sulle cause di conto corrente – se il quesito è fatto bene – è
- il criterio di calcolo delle rimesse solutorie, distinguendole da quelle ripristinatorie;
- la loro imputazione.
Sono tutte parti di un processo unico, e il processo parte da una scelta.
saldo banca o saldo ricalcolato?
Per fortuna, non occorre più perder più troppo tempo su quale dei due utilizzare.
Dopo millanta Cassazioni sfornate tra il 2020 e il 2023 in modo quasi industriale direi che non ci sono più dubbi.
Il saldo rettificato è la via maestra, ossia…
… il saldo di conto corrente depurato di tutte le competenze e ricostruito secondo le condizioni sostitutive di legge (se mancano i contratti e/o singole pattuizioni) o quelle contrattuali.
Santa Cassazione!
Il saldo rettificato, però, presuppone un fatto dannatamente importante.
Ed è questo, scolpiscilo bene in testa.
PRIMA ricostruisci il saldo dal primo estratto conto disponibile fino all’ultimo. Movimento per movimento, giorno dopo giorno.
Non dimenticarti che il conto corrente ha valore giornaliero. Ogni giorno il saldo è diverso. Compito tuo è quello di ricostruirlo. Per ogni fot***o giorno.
POI verifichi l’ammontare di ogni saldo.
E’ entro fido o extra fido, alla fine di ogni giorno?
Il fatto dannatamente importante è che questa verifica devi farla EX POST! (Solo) dopo aver ricostruito il rapporto.
Prescrizioni o non prescrizioni, a mio modo di vedere, il saldo “reale” non cambia. Così come non cambiano gli indebiti. La prescrizione ti serve per capire “quanti” di questi indebiti puoi recuperare oppure no.
Ecco un esempio banale.
La ricostruzione di un dato rapporto ti fornisce una differenza con il saldo banca per 100.000 Euro. Significa che le differenze recuperabili dal correntista sono appunto 100.000 Euro.
Se ti accorgi che 30.000 Euro sono caduti in prescrizione, le illegittimità rimangono 100.000. Solo che tu ha diritto ad incassarne (100.000 – 30.000 =) 70.000.
Se però il CTU ritiene che le competenze prescritte sono 90.000, il giudice – se lo segue – dirà che tu puoi incassarne 10.000.
Capisci quanto pesa essere in grado di dare il giusto valore alle prescrizioni?
La mia strategia di calcolo delle competenze prescritte si fonda su questi due principi:
1) – La distinzione rimesse solutorie – rimesse ripristinatorie va compiuta sul saldo “rettificato” (Cassazione docet)
2) – La distinzione (e successiva imputazione) va compiuta DOPO aver ricostruito il rapporto.
Non è ovviamente farina del mio sacco, sia chiaro. Ripeto sempre di essere soltanto un appassionato “divulgatore” in difesa dell’utente. Mi limito a
… recepire i principi matematici e quelli elaborati dalla giurisprudenza di merito e della Corte di Cassazione.
… condividere con te come gli applico in concreto.
La storia delle prescrizioni spesso non mi fa dormire la notte.
IL CONSULENTE CHE CADE IN ERRORE
Se dovessi stilare una classifica, potrei mettere le mani sul fuoco che la prima eccezione fatta ad occhi chiusi da una qualsiasi banca sia quella della prescrizione.
Ad onor del vero, è un miracolo se una difesa di banca non la contenga. Anche se il rapporto non è ultradecennale.
Tutti i quesiti richiedono di identificare le rimesse solutorie e le competenze colpite dalla prescrizione.
Questi possono produrre dolori, per il cliente.
Fidati se ti dico che il calcolo è davvero complesso. Richiede tempo e dedizione. E sì, qualche decimo di vista ogni volta.
Calcolare le rimesse solutorie sul saldo rettificato è tutto sommato un gioco da ragazzi, se hai ben chiaro quali sono i limiti di affidamento.
In questo articolo troverai tutte le metodologie per farlo.
La vera partita si gioca al punto successivo…
… Il criterio di imputazione.
Più in alto ti ho detto che le rimesse solutorie non sono il diavolo. Ne sono proprio convinto.
Pensaci un attimo.
La rimessa solutoria non è altro che un accredito in conto corrente necessario a riportare il saldo (in quel momento preciso) “extra fido” entro i limiti del fido.
Non per pagare interessi e competenze.
Questo avviene solo per “riflesso”.
Vorrei che tu ci riflettessi intensamente in queste righe.
Il pagamento di interessi e competenze, per come la vedo io, c’è solo se quell’ ”extra fido” contiene interessi e competenze.
[Rileggila due volte]
Se così è, la prima rimessa successiva contribuirà a riportare il saldo dentro il fido pagando ANCHE gli interessi e le competenze al suo interno. Se quel pagamento avviene in periodo anteriore ai dieci anni, (solo) quelle competenze sono prescritte.
Con quale effetto?
Magari sono indebite e contribuiscono alla rideterminazione del saldo “reale” in favore del correntista, ma non sono ripetibili.
Vediamo insieme un esempio per capire meglio il processo. Seguimi passo passo.
1) Un correntista ha un fido di 1.000, utilizzato per l’intero. 2) La banca autorizza un pagamento di 500. 3) Il saldo diviene – 1.500. 4) La banca addebita anche gli interessi per 100. 5) Il saldo diviene – 1.600.
Immortaliamo il tutto in una foto:
- Fido 1.000
- Saldo attuale – 1.600
- Extra fido 600
- Interessi contenuti nell’extra fido 100.
Tutto chiaro?
Bene, seguimi.
6) Il correntista versa 600. 7) Il saldo attuale diviene – 1.000, entro fido quindi.
La rimessa di 600 è solutoria per l’intero. Ti torna?
Grazie a quel versamento, il correntista riporta il saldo esattamente nel limite del fido.
Adesso è tempo di stabilire il criterio di imputazione:
- 100 ad interessi
- 500 a capitale
Mi segui? Bene.
Poniamo che il consulente della correntista ha verificato che dal calcolo del saldo reale emergeva un credito in favore di 2.000. Visto che 100 sono stati pagati più di 10 anni prima in modo illegittimo, non possono essere “ripetuti” al cliente. Potrà quindi aspirare ad incassarne 1.900 (2.000 – 100).
Questo è ciò che a mio avviso dovrebbe accadere.
La triste verità è non sempre succede.
Torniamo al punto 3) dell’esempio.
Supponiamo che prima di quella rimessa solutoria la banca abbia addebitato negli anni precedenti competenze per 300 e che queste siano contenute nel saldo di – 1.000 (per intendersi, prima del pagamento di 500 e dell’ulteriore addebito di 100).
Molto spesso i CTU cercano di semplificarsi la vita nel modo che segue.
Nella tabella di calcolo costruiscono una colonna che raccimola il “progressivo interessi” tempo per tempo addebitati in conto. Ogni liquidazione viene annotata in questo saldo “extra” contabile (col segno “+”)
Nel nostro esempio, questa colonna avrebbe iscritto 300.
Alla prima rimessa solutoria utile (quella da 600, nel nostro esempio) defalcano il saldo progressivo (col segno “-”)! Imputano, cioè, la rimessa solutoria a tutte le competenze maturate in quel momento senza distinguere se sono state annotate in un momento di extra fido oppure no.
Riportiamoci fedelmente al nostro esempio.
Il correntista versa 600. Il saldo attuale diviene – 1.000, entro fido quindi. La rimessa di 600 è interamente solutoria, proprio come prima.
Cambia però l’imputazione … così:
- 400 ad interessi (300 addebitati in precedenza; 100 adesso)
- 200 a capitale.
Il “progressivo interessi” viene così azzerato.
Se il saldo reale ricalcolato è 2.000, quest’ultimo criterio fa sì che il recupero per il cliente si riduce a 1.600: 300 è il costo sopportato dal correntista per aver, il CTU, cercato di semplificare un processo non semplificabile in altri modi.
Mi viene quindi spontaneo darti due consigli.
… non imputare le rimesse solutorie agli interessi per l’intero.
… imputa la (singola) rimessa solutoria solo alle competenze che sono state annotate quando il saldo già era extra fido (o ha contribuito a mandarlo extra fido). La parte che avanza va a capitale.
Lo chiamo criterio finanziario istantaneo proprio per dare massimo valore al momento esatto in cui avviene la rimessa.
Urge tornare di nuovo all’esempio di cui sopra, al punto 2) (quando la banca autorizza un pagamento di 500 pur col saldo al massimo del fido di 1.000).
Il saldo è comprensivo di competenze annotate in precedenza per 300.
La banca autorizza un pagamento di 500 e il saldo diviene – 1.500. Stavolta, però, non vengono addebitati i 100 di interessi e competenze. La correntista versa i soliti 600.
Quindi…
La rimessa di 600 è in parte solutoria ed in parte ripristinatoria, ossia:
- per 500 è solutoria (riporta il saldo a – 1.000 pari al fido)
- per 100 è ripristinatoria (ripristina una capacità di spesa entro fido di 100).
Tutto va a capitale qui.
Se alla fine dei giochi il correntista matura sempre un credito di 2.000, 2.000 deve incassare. La rimessa solutoria, in questo caso ultimo, di 500 non inficia il recupero di neppure un centesimo.
Chiaro?
Se avessi inserito nel conto “progressivo interessi” i 300 già ricompresi nel saldo, avrei imputato quota dei 600 per “pagarli” (il saldo progressivo fin lì quantificato), alterando il conteggio finale.
Eppure questi 300 non erano liquidi ed esigibili: l’annotazione è avvenuta quando il fido era nei limiti. Per le regole civilistiche del conto corrente e dell’apertura di credito le partite dare-avere non sono esigibili fino a che il rapporto non viene chiuso.
Se così è, l’attribuzione della rimessa solutoria ad interessi in modo indistinto non può che essere un errore.
Evitalo! Esamina con la lente:
… ogni rimessa in ogni momento.
… il saldo in quel momento esatto.
Se il saldo extra fido contiene interessi, “paga” solo quelli. Altrimenti, decurta solo il capitale.
LA DIFFERENZA TRA UN CRITERIO E UN ALTRO PUO’ PORTARE A DEI DIFFERENZIALI ENORMI
Se ricordi quanto ti ho detto poco più sopra, un recupero preventivato da me (salvo che non abbia commesso errori – il che ci può anche stare) per circa 1.000.000 di Euro si è trasformato in 40.000 Euro. Solo perché il CTU ha imputato le rimesse solutorie a TUTTI interessi annotati in conto fino a 10 anni prima il termine di decorrenza. INDISTINTAMENTE.
Parafrasando, il senso era questo: “fino al gg/mm/aaaa sono stati conteggiati X Euro di interessi e competenze illegittime. Le rimesse solutorie a quella data ammontano ad Y Euro. Poiché Y > X, tutte le competenze fino a quel momento sono prescritte, dunque irripetibili”.
Questo approccio semplicistico ha defalcato dal saldo dare avere un credito per circa 960.000 Euro. Una somma enorme.
L’EXTRA FIDO HA IN SE’ DELL’UMANO
Trasliamo tutto il ragionamento fatto su una componente umana e relazionale.
L’extra fido è davvero un importo che tu, correntista, hai utilizzato alla zitta uscendo A TUO PIACIMENTO dai parametri contrattuali?
Più ci rifletto e meno ne sono convinto.
Lascia che ti spieghi.
All’inizio del post ti ho ribadito d’esser io stesso assiduo utilizzatore di affidamenti in conto corrente. Ti posso assicurare che il fido non è disponibile in modo libero ed incondizionato.
Ci sono dei momenti in cui l’utilizzo è al limite, ad esempio quando è periodo di scadenze.
La concentrazione dei bonifici mi porta ad utilizzare tutto il fido, anche sfruttando la presentazione del portafoglio di ri.ba che la banca mi anticipa fino a concorrenza del “castelletto”.
Dovessi disporre un ulteriore pagamento in questo stato, la banca non me lo autorizza. Non mi manda in extra fido. Se lo fa, è solo per poche centinaia di Euro, o per l’addebito in conto di una ri.ba tornata insoluta.
Ma tutto questo passa per un’autorizzazione preventiva. Mi concede un po’ di credito in più rispetto al fido addebitando in fondo al trimestre la c.d. “commissione di istruttoria veloce”.
In altri termini …
La banca ha istruito “un fido extra” temporaneo autorizzandomi ad operare al di là del fido primario. Certo, il mio impegno è quello di tornare quasi subito al di qua del fido, ma tant’è. Questo intervento lo pago con un tasso di interesse più alto e con l’addebito di CIV.
La vera domanda è …
Nel momento “al di là” sono davvero extra fido o “entro fido” in una nuova linea di credito temporanea ma autorizzata dalla banca?
Se per te la risposta è “extra fido”, allora il rientro è solutorio, altrimenti “ripristinatorio”.
Ma anche se fosse solutorio, se il “di là del fido” è provocato da un pagamento, il rientro solutorio è tutto capitale. Se, invece, è provocato da un addebito di interessi autorizzato, il rientro è imputabile, appunto, a interessi.
Tutto ruota a come interpreti questo superamento del fido autorizzato.
Il punto è che di riffa o di raffa la banca non è ignara. Approva sempre l’extra fido, ed è per questo che, nonostante tutto, mi puzza sempre di “entro fido”.
Sarà quindi una bella messa in scena per cercare di arginare il più possibile l’impatto delle azioni di ripetizione di indebito/rideterminazione del saldo reale?
Pensaci.
Prendi l’art. 1823 CC , quello sul conto corrente. Le posizioni debito credito non sono definite finché il conto sottostante non si chiude.
La banca mette sempre a disposizione una certa somma, quando ti concede credito utilizzabile. E tu sei libero di disporne e di utilizzarlo a tuo piacimento, purché rispetti il limite del fido.
Quando giungi al limite, oltre non puoi andare. Non puoi effettuare più bonifici e non puoi ritirare ri.ba per pagare i fornitori. Eventuali RID non passano così come le domiciliazioni.
A meno che …
… la banca non prende in mano la situazione, concedendoti la possibilità di andare oltre il limite del fido con una apertura di credito “extra”. Tutti noi la chiamiamo extra fido, ma per distinguerla dal fido originario.
Anche perché l’extra fido è sempre pattuito fin dall’origine. La banca prevede sempre in anticipo quali sono le condizioni economiche per fidi utilizzati oltre il limite. I contratti di apertura di credito che di solito leggo espongono sempre
… il tasso di interesse entro fido
… il tasso di interesse extra fido.
Dal 2013 in poi, inoltre, è addirittura prevista per legge (vedi l’art. 117-bis comma 3 TUB) la facoltà di addebitare la commissione di istruttoria veloce. A rigor di logica
… prima la banca compie l’istruttoria (questo almeno in teoria …)
… ti consente di operare oltre fido
… addebita pure le spese – come se si trattasse di una pratica fido a tutti gli effetti, anche se rapidissima.
Ti dico la verità.
La penso in maniera aggressiva, ma per me questo è fido a tutti gli effetti, pur se temporaneo. La banca sa. Sempre.
Il calcolo delle prescrizioni così come impostato dalla giurisprudenza mi da l’idea di fatti che la banca non conosce: ossia l’aver utilizzato il fido e l’extra fido a tuo gusto senza che lei non se ne sia mai accorta. Si accorge del “misfatto” solo quando tu fai causa.
Tutto questo è dunque realtà o finzione?
A mio modesto modo di vedere, pura finzione. Gli elaborati calcoli richiesti per la distinzione tra rimesse soluotorie e ripristinatorie potevano aver senso ai fini fallimentari, ma non per le cause di ripetizione/rideterminazione dei saldi.
Ho forse preso un abbaglio?
CONCLUSIONI
A questo punto non mi resta che concludere.
Mi sono sempre interrogato sul vero senso della distinzione tra rimesse ripristinatorie e solutorie in un rapporto di conto affidato: la prima eccezione della banca in tutte le cause su conti correnti.
Ho abbozzato questo lungo post che sa quasi di racconto per darmi e darti una risposta – non dirmi che non ti sei mai chiesto la stessa cosa…
Per come la vedo io, la distinzione tra fido ed extra fido, rimessa solutoria e ripristinatoria, è stata trascinata al limite della strumentalizzazione.
Prendi tutto questo con le pinze: è frutto di una mia teoria personale e non è detto che filtri per l’imbuto di una controversia (stra)giudiziale.
Ho due motivi a supporto.
Motivo n. 1: fido ed extra fido passano pur sempre da un’autorizzazione della banca – seppur in momenti e per esigenze diverse. In linea generale …
… puoi utilizzare in libertà l’importo accordato spingendoti fino al limite del fido.
… puoi andare oltre solo se la banca te lo consente. Ma per farlo, ci vuole una autorizzazione espressa.
Non è una concessione di fido questa, seppur temporanea?
Motivo n. 2: il saldo dare avere tra le parti non si consolida fintanto che il conto viene chiuso, almeno in teoria. E’ lì che avviene lo “spostamento patrimoniale” tanto caro alla Cassazione – dalle Sezioni Unite n. 24418/2010 in poi. Prima dell’estinzione, gli interessi, competenze e spese non sono altro che annotazioni in conto.
Se ravvisi motivi di nullità, il diritto a chiedere la rettifica di quelle poste non si prescrive mai, come ci ricorda l’art. 1422 CC.
Accolta la rettifica, il saldo si modifica in tuo favore.
Secondo la mia idea, l’ annotazione “pagata” da una rimessa “solutoria” non altera il saldo finale di conto corrente ricostruito. Cambia solo la quota di indebiti o rettifiche che tu hai diritto a farti riconoscere. Come nell’esempio che ti riportato qualche pagina più su.
Se tu sei un giurista e non ti cali all’interno e nei meandri degli estratti conto e della contrattualistica che sta a monte del rapporto, ti sarà difficile cogliere certe sfumature.
Se solo tu potessi calarti nella parte e ricostruire con mano un conto corrente dall’inizio alla fine, la domanda nascerà spontanea …
… “ma poi tutto questo distinguo tra fido ed extra fido, solutorie e ripristinatorie, a che serve ?”
Fino ad allora, non resta che fidarti ciecamente del tuo CTP.
E con questa, ti lascio. Ci leggiamo al prossimo post.
p.s.
O alla newsletter. Per essere sempre avvisato di quando c’è qualcosa di nuovo in questo blog ti consiglio di iscriverti alla newsletter. Il vero campanello d’allarme. Verrai avvisato sempre di ogni nuovo post e non solo…
… la vera ricchezza sta nella pillola informativa che invio a tutti gli iscritti il Venerdì mattina.
Non perderti niente di tutto questo