Siamo finalmente arrivati alla seconda parte del post su come e quando agire nel momento in cui intrattieni un rapporto di conto corrente (da un po’ di tempo).
Se sei atterrato per la prima volta qui, dovresti sospendere la tua attività per un attimo e leggerti la prima parte (clicca sulle parole sottolineate).
Troverai spunti interessanti sull’importanza di avere una “routine” ben solida per la gestione di un contenzioso bancario. Soprattutto quando hai a che fare con rapporti correnti affidati:
- di (lunga) durata ;
- per importi goduti sopra un certo limite;
- di aziende operanti in specifici settori che necessitano rilevanti impieghi di capitale.
Quando hai per le mani questo genere di rapporti (che non sono ovviamente gli unici – le mie parole sono basate solo sulla mia esperienza personale) seguire una “routine” istruttoria ben specifica ti consente di automatizzare alcuni processi.
E l’automazione spesso porta dei vantaggi. Soprattutto in termini di “gestione del tempo” (grande argomento a me carissimo, nelle mie giornate lavorative).
Questi processi, se ben congegnati, ti consentono di inserire il “pilota automatico” verso la strada della “ottimizzazione” del rischio di causa.
Lascia che ti ripeta di nuovo (come si dice: repetita iuvant).
Non concentrarti mai solo sull’aspetto tecnico e giuridico – aspetti di per sé assai fondamentali. Cura in maniera decisa l’aspetto probatorio che è posto a tuo carico.
Vale almeno il 40% della riuscita del contenzioso che andrai ad affrontare, secondo la mia sensibilità professionale acquisita nel tempo.
Ti sto parlando naturalmente di azioni di ripetizioni di indebito o di accertamento negativo del saldo dare avere. In altre parole, quando tu sei l’attore.
Nel caso ti stia difendendo da una intimazione di pagamento o da un ricorso per decreto ingiuntivo, naturalmente l’equilibrio si sposta sulla banca. Se ti ricordi bene, te ne ho già parlato QUI.
Oltre che nella mia NEWSLETTER settimanale. Se ancora non l’hai fatto, ti consiglio di iscriverti gratuitamente compilando il form apposito che ti appare cliccando QUI. Potrai cancellarti quando e come lo vorrai.
Ma adesso torniamo a noi.
Non voglio dilungarmi oltre.
Siamo alla seconda parte del post utile a consigliarti su come e quando agire se intrattieni un rapporto di conto corrente, giusto?
Lascia che ti spieghi.
Nella prima parte ti avevo indicati gli aspetti più generali per inquadrare rapporti di conto corrente su cui può valer la bene agire.
Si tratta di norme di carattere generale apprese principalmente dai casi che ho trattato direttamente come CTP o CTU dal 2011 in avanti.
In questa seconda parte denudo completamente la parte “pratica”.
Entriamo nel dettaglio.
So che non stai nella pelle di sapere.
Se tratti di contenzioso bancario dalla mattina alla sera probabilmente non ti sto dicendo nulla di particolarmente entusiasmante.
Tuttavia, devi stare ugualmente attaccato allo schermo come se tu fossi l’ultimo arrivato.
Il modo in cui io stesso ti racconterò come la vedo potrebbe offrirti spunti di riflessione ulteriori o interpretazioni a cui non ci avevi mai pensato prima.
Se, invece, tu sei un imprenditore o libero professionista che intrattiene rapporti di conto corrente che grosso modo rientrano nel perimetro descritto nella prima parte, stai ugualmente incollato.
Ne uscirai sicuramente più “educato” e “sensibilizzato”.
“ma insomma Tommaso, per quanto deve andare ‘sta spipponata clamorosa?”
Eccoci a noi.
QUALI SONO I PRINCIPALI ELEMENTI A CUI DOVRESTI PRESTARE ATTENZIONE PER AGIRE SU UN RAPPORTO DI CONTO CORRENTE?
Prendi carta e penna ed annota tutto l’annotabile.
Ti anticipo subito che gli elementi che ti descriverò potranno sembrarti insignificanti presi a “sé stanti”.
Ma lascia che ti elettrizzi.
Non hai idea di che impatto può avere ciascun “elemento insignificante” che ti citerò messo uno insieme all’altro nel tempo.
Hai presente l’effetto valanga provocato da una palla di neve?
La metafora prende il nome dall’analogia di una palla di neve mentre rotola giù da una collina coperta di neve.
Mentre rotola, la palla di neve raccoglie la neve e di conseguenza aumenta la sua superficie.
L’aumento della superficie significa che può assorbire più neve e crescere ancora di più.
In un rapporto di conto corrente accade esattamente la stessa cosa.
Lo capirai bene leggendo e succhiando ogni parola di questo post.
Ogni singola posta “espunta” o ricalcolata in misura più favorevole per il correntista comporta:
- un piccolo vantaggio nell’immediato; MA
- un ENORME valore “a cascata” nel tempo (dipende dagli anni della ricostruzione)
Ma prima…
Prendi in mano e focalizzati sui documenti che hai a disposizione e che hai potuto reperire, ossia:
- contratti di conto corrente e/o di apertura di credito;
- estratti conto completi di riassunti scalari.
I seguenti elementi sono i miei preferiti.
1) Interessi in misura superiore a quella legale (“ultralegali”)
Sia l’art. 1284 CC che l’art. 117 c. 4 TUB impongono la forma scritta della pattuizione dell’interesse da applicare in misura ultralegale.
Secondo i “supremi” principi civilistici, il tasso d’interesse sulle obbligazioni pecuniarie è quello “legale” stabilito ogni anno con apposito decreto ministeriale.
Semplice non trovi?
Se tu ricevi credito, si dà per scontato che tu paghi interessi parametrati a quello legale.
La deroga è ovviamente ammessa.
Ma solo per il tramite di un contratto scritto.
In difetto, devi rideterminare il saldo applicando il tasso d’interesse “sostitutivo” ex art. 117 c. 7 TUB oppure quello “legale”.
Un bel vantaggio, in effetti, non trovi?
Traendo spunto dalla giurisprudenza corrente (anche di quella del “mio” Tribunale principale), applico il tasso legale ex art. 1284 CC quando manca del tutto il contratto (di apertura di credito).
Impiego il tasso sostitutivo ex art. 117 c. 7 TUB quando il contratto c’è ma omette di indicare la misura del tasso d’interesse. In realtà anche quando la misura del tasso è prevista ma la banca lo applica in maniera difforme.
In altre parole, quando ritengo ci sia indeterminatezza. Un po’ come accade nei mutui e nei finanziamenti. Tanto per la cronaca, l’indeterminatezza viola un ulteriore sacrosanto principio che ritrovi nell’art. 1346 CC.
2) Interessi “ultralegali”… “entro fido” o “extra fido”?
Questa è una bellissima domanda.
Ad onor del vero, non proprio tutti apprezzano questa distinzione, per me fondamentale.
Lascia che te lo dica.
Potrà sembrarti una sciocchezza.
In realtà ti sto per accennare ad una sottigliezza che può fare la differenza nei tuoi ricalcoli e nelle tue contestazioni.
Puoi vedere cose che altri non vedono… con vantaggi spesso clamorosamente pazzeschi.
La scorsa settimana una primaria banca è stata condannata a pagare alla mia cliente oltre 225.000 Euro in ripetizione di indebito. Uno degli elementi cardine della partita era proprio questo.
Te ne parlerò con precisione in una delle prossime NEWSLETTER. Preferisco riservare certi contenuti ai miei lettori abituali. Entra anche tu a farne parte. COMPILA IL FORM CLICCANDO QUI
Sei pronto?
Bene.
Devi tenere distinto:
- il contratto di conto corrente; da quello di
- apertura di credito in conto corrente.
Per il primo è obbligatoria la forma scritta.
Per il secondo, non proprio.
Ti spiego meglio.
Questo aspetto è dannatamente fondamentale, e richiede un’ ulteriore distinzione tra:
- l’importo del fido;
- le condizioni economiche atte a regolamentare il fido stesso.
Da questo punto di vista, sposo in pieno quanto ci dice anche il tribunale di Prato.
Il fido di conto è un rapporto accessorio al conto corrente.
Vi è un rapporto “madre” e “figlio”.
Se il contratto di conto corrente c’è, ma non quello di apertura di credito, non significa che il fido non esista.
Per il contratto di apertura di credito non c’è un vero e proprio obbligo di forma scritta, se quello di conto corrente disciplina alcune condizioni “quadro”.
Sei il fido esiste, sei tenuto a verificarlo sull’estratto conto.
Hai a disposizione numerosi elementi per dimostrare l’esistenza di un affidamento.
Tempo fa te ne avevo mostrati 5, in questo POST che ti consiglio di rileggere attentamente.
Qui non posso far altro che riassumerteli in un elenco, per tenerti fresca la mente:
1) Applicazione di tassi d’interesse differenziati;
2) Commissioni di massimo scoperto e/o Commissioni di Affidamento
3) Addebito di spese e/o commissioni per remunerare “fidi” o “affidamenti”
4) Scoperture strutturali tollerate nel tempo
5) Analisi delle centrale dei rischi.
Quando riesco a dimostrare almeno 3 di questi elementi mi ritengo abbastanza soddisfatto e convinto che il FIDO C’E’. Indipendentemente dal fatto che disponga o meno del contratto di apertura di credito.
Vallo a spiegare ai consulenti degli intermediari, che si aggrappano alla (a loro dire) necessità della forma scritta per dimostrare l’esistenza di un fido.
Adesso ti dico che succede se ti trovi in questa situazione.
Leggi attentamente.
Hai il contratto di apertura di conto corrente.
Allo stesso tempo hai modo di dimostrare almeno 3 elementi di quelli che ti ho elencato più sopra (non te li sei già scordati vero?).
Ti manca (almeno un) contratto di apertura di credito, per cui non hai la prova scritta di quanto sia:
- l’importo dell’affidamento;
- la misura del tasso d’interesse con cui è regolato.
Magari il contratto di conto corrente riporta la misura del tasso d’interesse.
La domanda è: “sì, ma di che tasso si sta parlando?”
Se non è specificato se si tratta di tasso d’interesse “entro fido” o “extra fido”, è alquanto generico.
Lascia che ti precisi questo.
Il contratto di conto corrente regola un rapporto di reciproche rimesse “dare e avere” tra banca e correntista. Il saldo di queste è, di base, inesigibile fino alla chiusura.
E’ una sorta di contratto “quadro”.
Tra le “norme generali” viene (quasi) sempre prevista la (mera) possibilità per il correntista di vedersi concessa anche un’apertura di credito.
Ma solitamente non viene disciplinata in questa sede.
Se il contratto di conto corrente non disciplina la linea di credito, come fa ad essere regolamentata quella che rinvieni sugli estratti conto?
Non lo è.
L’apertura di credito è un (altro) rapporto bancario. Diverso ed accessorio al conto corrente, ma pur sempre un rapporto bancario.
E come tale dev’essere disciplinato.
La banca compie un’apposita istruttoria prima di concedere il fido.
Pensa a quando ti trovi materialmente in una filiale per far affidare la tua azienda o la tua attività professionale.
Prima, apri il conto corrente. I contratti ed i documenti che firmi sono esclusivamente riferiti al conto corrente.
Soltanto dopo che la banca ha deliberato gli affidamenti – da appoggiare su quel conto corrente – torni (di nuovo) a firmare un nuovo contratto con l’indicazione delle condizioni di fido.
Si tratta di due contratti distinti.
Anche se collegati. Si parla infatti di relazione “madre” e “figlio”.
Ricordi?
Non confonderti e presta bene attenzione a quello che sto per dirti e (forse) ripeterti.
Il contratto di conto corrente è una sorta di contratto “quadro”, ricordi?
Benché non concede espressamente delle linee di credito, prevede la possibilità di farlo.
Quindi, controlla sempre le “norme generali”, come ti ho suggerito sopra. Vedrai che una clausola specifica c’è.
Tutto chiaro fino a qui?
Bene, come vedi non è poi così complesso come ragionamento.
Basta questo per rendere la linea di credito determinata?
Non credo proprio.
Permettermi di dilungarmi ulteriormente facendoti un esempio. Sarò più chiaro.
In un piccolo contenzioso che sto seguendo come CTP presso il Tribunale di Lucca (si tratta di opposizione a decreto ingiuntivo), l’unico documento contrattuale prodotta dalla banca è l’apertura di conto corrente.
Nel contratto è riportato la misura di due tassi d’interessi debitori:
- uno per utilizzi fino ad Euro 1.000,00;
- l’altro, oltre questo limite.
Potresti pensare che il conto corrente fosse affidato per Euro 1.000, vero?
Anche io la pensavo esattamente come te.
Peccato, però, che dagli estratti conto risultava un utilizzo effettivo per 10.000,00. La banca, per l’appunto, ha calcolato una “commissione su accordato” (vedi il punto 4 nel corso di questo post) proprio su questa maggior somma.
Non poteva che esistere, pertanto, un fido “di fatto” di Euro 10.000,00. Non concluso in forma scritta.
E’ possibile ritenere che questo maggior importo sia regolato dallo stesso tasso d’interesse?
Per quanto mi riguarda no.
Da Euro 1.001 in su la linea di credito non l’ho ritenuta determinata.
Il mio calcolo prevedeva, infatti, la ricostruzione del saldo dare avere applicando:
- fino ad Euro 1.000, il tasso d’interesse convenzionale;
- da 1.001 a 10.000, il tasso d’interesse sostitutivo ex art. 117 c. 7 TUB;
- oltre, il tasso d’interesse “extra fido” convenzionale.
Pensi che abbia torto o ragione?
A conclusione del giudizio, ti farò senz’altro sapere.
Lo saprai solo se diventerai lettore della mia newsletter, che ti invio (nuovamente) ad iscriverti cliccando QUI. Ricordati sempre che puoi cancellarti quando vuoi e liberamente, anche il secondo dopo che ti sei unito alla “community”.
“ma insomma, è possibile sapere come far a capire quando una linea di credito può essere determinata?”
Eccomi al punto. Un esempio semplice era doveroso.
Prendi carta e penna (se sei più tecnologico come come, ti bastano le “note” del tuo smartphone) e segna.
Ti dirò gli elementi chiave affinché tu possa ritenere con certezza quando una linea di credito è regolata per iscritto.
Se non li trovi, è indeterminata, con le conseguenze che ti dirò più avanti.
Dimmi se non è elettrizzante scoprirlo! Per me è sempre una nuova emozione!
“sono impaziente…”
La linea di credito che dimostri – con i 5 elementi – esistere sul conto corrente che stai analizzando è sufficientemente regolamentata e determinata SE:
- riporta il numero del fido in modo preciso;
- indica il tasso d’interesse entro fido (ed oltre fido);
- riporta se è a “scadenza” (se sì, che data?) o “revoca”;
In questo modo, il credito goduto è meticolosamente regolamentato. E’ rispettoso dell’art. 117 c. TUB.
Su questo aspetto, ho vinto recentemente una causa per oltre 225.000 Euro (oltre spese) in favore di una azienda tessile.
In caso negativo che succede?
Lascia che ti precisi un altro aspetto molto importante.
Anzitutto, sappi che puoi contestare l’indeterminatezza della linea di credito.
O meglio, delle condizioni che la regolano.
Tu non hai interesse a sostenere la nullità della linea di credito goduto. Ma solo delle condizioni che l’hanno regolata.
Mi spiego meglio.
Pensa ad una apertura di credito esistente da almeno dieci anni sul conto.
Sostenere la nullità (anche) del fido significa implicitamente dire che ogni rimessa in conto corrente è – per forza di cose – “solutoria”.
In altre parole, gli indebiti sono “pagati” ogni volta interviene una rimessa. Quelli “pagati” oltre un decennio prima dell’interruzione del termine di prescrizione non puoi più recuperarli.
Bel problema, non trovi?
Puoi evitare tutto questo con piccoli accorgimenti.
Poniamo che tu dimostri l’esistenza della linea di credito sul conto corrente attraverso i 5 elementi che ti ho descritto sopra.
Non disponi dei contratti di apertura di credito (magari hai solo quello di apertura di conto corrente).
Ecco che allora la nullità che tu vai ad eccepire dev’essere selettiva ma restrittiva.
Il mio consiglio è di limitarla alle condizioni economiche in modo da giocarti la rideterminazione (quantomeno) degli interessi secondo i tassi sostitutivi ex art. 117 c. 7 TUB.
Ti interessa che la linea di credito rimanga valida.
Ora, non fraintendermi.
Se il rapporto controverso esiste da meno di dieci anni, non ti fa differenza sapere che il fido ci sia o non ci sia.
Ma visto che abbiamo iniziato il nostro ragionamento parlando di rapporti ultradecennali, fa una grande differenza.
Soprattutto nel momento in cui sei chiamato a quantificare e distinguere le rimesse “ripristinatorie” da quelle “solutorie”. Per avere ben in mente come fare, ti suggerisco di rileggerti (bene!) questo articolo in cui ti ho parlato del “criterio finanziario istantaneo”.
“scusa ma… mi parli della nullità delle condizioni del fido ma non del fido… non sta in piedi”
Sta in piedi e come.
Non eccepire MAI la nullità dell’affidamento o della linea di credito, ma solo delle sue condizioni che la regolano.
Hai mai sentito parlare di “nullità di protezione”?
Ascoltami – anzi leggi – bene.
E’ un concetto molto semplice quanto potente.
La “nullità di protezione” è cristallizzata nell’art. 127 c. 2 TUB. Ed è pensata appositamente per “proteggere” l’utente bancario.
Proteggere da cosa?
Dalle nullità che potrebbero danneggarlo, prevedendo che – quelle relative ai contratti bancari:
- operano soltanto a vantaggio del cliente; e
- possono essere rilevate d’ufficio dal giudice.
Detto terra terra, la banca non può eccepire la nullità dell’apertura di credito se tu non lo hai fatto. E neppure il giudice può farlo, a meno che non ti avvantaggia.
L’utente bancario è protetto (almeno in teoria).
Perdonami se mi sono dilungato troppo sul tema dei fidi ma quando leggo alcune difese di controparte o alcune motivazioni nelle CTU non ci dormo la notte.
Non è ovviamente detto che abbia od ottenga la ragione, ma ritengo validi i principi che ti ho descritto, e sono la prima persona a “spenderli” nelle perizie di parte.
3) Commissioni di Massimo Scoperto (CMS)
Se il conto corrente è antecedente al III trimestre 2009 sicuramente questo genere di annotazioni ti avranno fatto impallidire per come sono state applicate.
In effetti non c’è mai stata un regola scritta e chiara su come questi oneri avrebbero dovuto essere calcolati e “liquidati”.
Per quanto mi riguarda, i casi più frequenti che mi sono capitati in questi ultimi dieci anni erano più o meno questi.
Ho rilevato CMS applicate:
- sul massimo saldo debitore “per valuta” (attenzione, non contabile) raggiunto in ciascun trimestre; oppure
- sulla massima quota eccedente il fido (parlo sempre di saldi per valuta) raggiunto in un trimestre.
Raramente l’ho vista applicare sull’importo del fido concesso indipendentemente da se e quanto utilizzato.
Quale di questi “meccanismi” è valido?
Lascia che te lo dica.
Tutti e nessuno.
Sono validi e determinati solo quelli espressamente regolati in un contratto scritto.
In altre parole, se trovi solo la dicitura “Commissione di Massimo Scoperto: (aliquota) %” … non è sufficiente.
Come fai a sapere se uno dei tre criteri che ti ho riportato sopra è corretto?
Molto semplice, non puoi saperlo.
Ecco che hai il giusto appiglio per espungere dalla tua ricostruzione tutte le CMS “sorrette” – si fa per dire – da simil clausole.
Sembra una sciocchezza ma ti assicuro che non è così.
Il primo dei tre criteri che ti ho descritto è parecchio oneroso per il correntista.
Grazie anche ad un sapiente gioco delle valute fittizie – te ne ho parlato recentemente in una newsletter settimanale – il saldo per valuta può essere furbescamente gonfiato.
L’effetto della CMS è dirompente – calcolata su saldi fittiziamente gonfiati.
Non solo per la CMS in sé, ma anche per tutti i minor interessi generati dai saldi mitigati dall’espunzione di tali addebiti.
Se rettifichi un addebito di CMS per 1.000 Euro oggi, l’impatto che essa avrà sul ricalcolo del saldo di conto corrente tra “x” anni non sarà solo di Euro 1.000,00.
A parità di altre condizioni, riduci lì per lì il saldo del conto per quella cifra. Che, a sua volta genererà minori interessi passivi.
Se la CMS è stata anche – come immagino – capitalizzata, dovrai mettere in conto anche i minori interessi “anatocistici”. L’impatto negli anni a venire è decisamente non banale.
4) Commissioni di remunerazione degli affidamenti (CDF) (e degli sconfinamenti – CIV)
Il conto corrente è proseguito dal III trimestre 2009 in avanti?
Beh, certo – fosse chiuso prima probabilmente non scampi alla prescrizione decennale decorrente dalla data di estinzione.
Perché ti dico questo?
Lasciami spiegare.
Poco fa ti ho raccontato di come le CMS non fossero mai state regolamentate dal “Testo Unico Bancario”, ricordi?
Dal III trimestre 2009 sì.
Inizialmente con un decreto legge (DL 185/2008 – poi convertito nella Legge 2/2009), poi con l’apposito art. 117-bis TUB.
Hai capito bene.
La “vecchia” CMS ha finalmente ricevuto una veste “sartoriale”. Da quel periodo, tutte le condizioni della commissione sono state ben dettagliate nelle norme che ti ho detto (in parallelo, devi prendere in considerazione anche la Delibera CICR 30/06/2012).
A.A.A. Attenzione!!!
Non significa che se la legge descrive come dev’essere pattuita ed applicata la CDF, questa debba intendersi dovuta sempre e comunque.
Nossignore.
Lascia che te lo dica.
E’ pur sempre una pattuizione, per la quale la legge impone la forma scritta a pena di nullità.
Il suo terreno ideale è il contratto di apertura di credito (solitamente) ed è lì che dovrai andarla a cercare.
La banca non ti ha consegnato il contratto di credito in seguito ad una diffida?
Bene, tutte le CDF addebitate in conto corrente puoi felicemente stornarle. Fino a che non trovi una pattuizione successiva. Da lì in poi (e solo da lì) è eventualmente da applicare nei limiti di quanto riportato in contratto.
Non stai nella pelle di sapere cosa devi controllare per verificare se la CDF è regolare?
Andiamo direttamente alla pratica.
Guarda il contratto di apertura di credito che hai per le mani.
Dunque:
- controlla se viene concordato un affidamento.
- controlla se viene indicato il tasso d’interesse “entro fido”.
- vedi se c’è (anche) l’aliquota della “CDF”.
“tutto qui ?”
Nossignore.
Ci sono altri due limiti per perfezionare e giustificare la “spesa”.
Eccoli:
- l’aliquota non deve superare lo 0,50% trimestrale (2,00% annuale);
- l’aliquota dev’essere onnicomprensiva di tutti i costi di gestione del credito.
In altri termini, la banca non può addebitarti altri costi, se prevede la CDF. Per quanto mi riguarda, la norma è molto chiara su questo.
Lascia che ti dica cosa succede se manca almeno una delle condizioni che ti ho sintetizzato.
La CDF è nulla!
Puoi felicemente stornarla.
Se vuoi un consiglio, cerca di avere i contratti di apertura di credito. Se ne manca uno (o tutti), la CDF – sistematicamente addebitata – avrà i minuti contati.
Nella mia esperienza non ho mai visto un conto corrente senza l’addebito di una CDF in modo sistematico dal III trimestre 2009 in poi. A meno che il contratto di credito prevedesse l’aliquota “zero”.
Stesso ragionamento vale per le mitiche “CIV” (Commissioni di Istruttoria Veloce). La normativa è la stessa che ti ho citato sopra (art. 117-bis TUB e Delibera CICR del 30/06/2012).
La differenza è che, per questa, devi controllare:
- che sia prevista una misura fissa (es. 30€, 50€, ecc.);
- che sia previsto lo scaglione di sconfinamento autorizzato per il quale applicare la CIV (es. fino a 1.000 €, 5.000 €, ecc.);
- il tasso d’interesse “extra fido”.
Se ne manca almeno uno di questi, l’onere è nullo.
In una delle mie precedenti NEWSLETTER ho descritto alcune ulteriori “chicche” sulla CIV puoi leggere solo sei un iscritto.
Che aspetti a farlo? Ti basta semplicemente compilare il form cliccando QUI. Potrai cancellarti anche un attimo dopo
5) “ius variandi”
“non ti basta snocciolare paginate su paginate… che me ne faccio ora del tuo ‘latinorum’?”
Anzitutto grazie infinite per essere rimasto incollato allo schermo fin qui. Per me significa molto.
Non sono altro che un appassionato del contenzioso bancario da oltre dieci anni. Condividere con te alcune delle principali strategie con cui conduco le mie battaglie significa molto.
Credo sia di grande valore!
Ma proseguiamo.
Per “ius variandi” intendo le modifiche unilaterali che la banca apporta alle condizioni contrattuali precedentemente (forse?) convenute.
Non vorrei dilungarmi oltre – visto che già ti ho anticipato alcune cose nella PARTE 1 – per cui perdonami se sarò sintetico.
Mi soffermo solo sulle variazioni “unilaterali” peggiorative per la correntista.
“voglio solo sapere quando posso considerarle legittime”
Molto bene. Abbi cura di controllare:
- se il contratto prevede – con clausola specifica – la facoltà per la banca di praticare lo ius variandi ai sensi dell’art. 118 TUB;
- se la banca ha comunicato alla cliente la “proposta di modifica unilaterale” del contratto;
- che la banca abbia comunicato quanto sopra in forma scritta (ci dev’essere la prova che il correntista l’abbia effettivamente ricevuta);
- che al cliente siano stati concessi 60 giorni di tempo per rifletterci e – in caso di disaccordo – recedere.
In altre parole, in caso di silenzio, vale l’assenso. La condizione è valida. Altrimenti, ben può il correntista recedere dal contratto. In tal caso, sono applicabili le “ultime” praticate.
Se noti continue e ripetute modifiche “unilaterali” delle condizioni applicate, abbi cura di verificare i punti di cui sopra.
La banca non è stata in regola?
Puoi contestare l’inefficacia della modifica “unilaterale”, applicando le (ultime) condizioni regolarmente applicate.
Per me conta molto la modalità con cui la modifica è stata comunicata. A parte casi particolari, se il cliente non ha ricevuto comunicazione scritta della “proposta di modifica unilaterale”, la prova non c’è.
6) la “girocontazione” delle competenze
“Dulcis in fundo” non potevo non dirti nulla su una delle pratiche che senza dubbio penalizza il conto corrente ordinario.
Hai mai sentito parlare di “girocontazione” delle competenze?
E’ probabile che tu non sempre riscontri questa “tecnica”.
La puoi, infatti, notare solo se – in parallelo al conto corrente ordinario – la banca regola le aperture di credito sottoforma di “anticipo effetti” o “anticipo fatture” (in altre parole, di fidi commerciali) su “conti anticipi” specifici.
Ti potrà capitare, infatti, che gli interessi e le spese di questi rapporti, una volta calcolati, siano “liquidati” ed “annotati” direttamente sul conto corrente ordinario.
Capisci la portata?
Non è infrequente che i fidi commerciali siano più copiscui degli scoperti di conto corrente classici.
Ti puoi immaginare che il quantitativo di interessi che transita sul conto ordinario – tramite la “girocontazione” – sia ben più ampio e “gravoso” rispetto a quello generato dal conto ordinario stesso.
Se ne sai di “anatocismo”, ti puoi render conto di quanto sia dannatamente impattante.
Tempo fa ti ho raccontato di un mio caso in cui un’azienda correntista disponeva di un conto ordinario e di circa 150 (sì, hai letto bene) conti anticipi ad esso collegati.
Il “povero” conto ordinario era vessato trimestralmente anche delle competenze girocontate da questi.
Lascia che te lo dica.
Come potevano 150 conti anticipi essere pienamente e totalmente regolari?
Beh, non lo erano.
E quindi?
Gli interessi non potevano “girare” sul conto ordinario.
“continuo a non capire”
Per fartela breve, l’addebito non autorizzato di tali interessi sul conto ordinario violavano il divieto di anatocismo ex art. 1283 CC. Gli interessi anatocistici prodotti da tali “poste” dovevano essere completamente sterilizzati.
Come ho fatto?
Beh, molto semplice in realtà.
Ogni volta che mi capita una tale situazione agisco allo stesso modo.
Sono importanti le “sfumature” date dalla differenza tra “capitalizzazione semplice” e “composta”.
Da un punto di vista tecnico, ben possono le competenze dei conti anticipi essere annotate sul conto “ordinario”.
Ma senza una specifica autorizzazione e regolamentazione ai sensi dell’art. 120 c. 2 TUB, devono mantenersi “sterili”.
Devi assicurarti che non siano essi stessi produttori di ulteriori interessi al (sicuramente maggior) tasso d’interesse impiegato sul conto “ordinario”.
Personalmente, preferisco tenerli contabilizzati a parte nel mio foglio di calcolo fino alla fine della ricostruzione. A quel punto, addebito i saldi progressivi – dei soli interessi dei conti anticipi – unitamente al saldo del conto ordinario.
Ed ecco fatto!
CONCLUSIONI
Sono finalmente giunto alle conclusioni di questo post. Non posso non ringraziarti per la lunga attenzione e concentrazione che mi hai dedicato.
Non sono doti da tutti, soprattutto in questo mondo di “social”. I miei complimenti, se hai letto tutto d’un fiato (se ci hai messo qualche pausa infra-mezzo, va bene lo stesso).
Ti riassumo brevemente di tutto quello che abbiamo parlato.
Nella Parte 1 ti ho descritto quanta importanza ha per me una “routine” nella gestione dei contenziosi bancari.
Qui sono andato più al sodo.
Ti ho indicato QUALI SONO I PRINCIPALI ELEMENTI A CUI DOVRESTI PRESTARE ATTENZIONE PER AGIRE SU UN RAPPORTO DI CONTO CORRENTE.
Magari ti sei fatto impaurire dalla lunghezza preventivata dell’articolo (oltre 4.000 parole!) ed hai scrollato fin qui.
Fa niente, ecco la “pillolina”.
Gli elementi a cui presto sempre grande attenzione – ti consiglio di farlo – sono questi:
- Interessi in misura superiore a quella legale (“ultralegali”)
- In particolare … “entro fido” o “extra fido”?
- Commissioni di Massimo Scoperto (CMS)
- Commissioni di remunerazione degli affidamenti (CDF) (e degli sconfinamenti – CIV)
- “ius variandi”
- “girocontazione” delle competenze.
Per controllare la regolarità degli addebiti, segui sempre le istruzioni che ritrovi in ciascuno dei punti all’interno dell’articolo.
A questo punto, è tutto davvero…
O forse no?
Credi manchi ancora qualcosa?
Già…non ti ho parlato di un altro elemento fondamentale e che contribuisce più di tutti all’effetto valanga che ti ho riportato all’inizio del post.
Si tratta dell’ “anatocismo” e del suo sviluppo nel tempo.
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Alla prossima!
Tommaso
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