In questo post ti spiego perché il piano di ammortamento standardizzato di un mutuo a tasso variabile non esiste.
Ti annoierò richiamando il significato italiano di alcuni termini italiani in modo che tu comprenda perché si parla tanto di indeterminatezza in un contratto di mutuo.
Metto subito le mani avanti dicendoti che non si tratta di un’analisi tecnica in senso stretto.
Queste puoi trovarle in altri articoli del blog senza età in cui ti spiego, ad esempio:
… Come riconoscere il regime composto in un contratto
… Come correlare il regime composto (omesso) e il tasso di interesse ex art. 117 TUB
Puoi trovare tutto scritto, passo dopo passo, in una guida ebook che puoi trovare a questo link.
Ti starai chiedendo chi sono io per poter scrivere queste informazioni potenzialmente rilevanti nel contesto della contesa bancaria.
Beh, se capiti per la prima volta in questo blog,ha perfettamente ragione.
Sono un appassionato di contenzioso bancario. Nell’ambito della professione di dottore commercialista, approfondisco e studio questa materia da oltre 14 anni da oggi. In questo lasso temporale ho analizzato centinaia di contratti di conto corrente, mutui, leasing e, in minor parte, derivati finanziari.
Assisto aziende, consumatori e procedure concorsuali in azioni (difensive e offensive) nei confronti di istituti bancari – quando possibile, ovvio.
Racconto le mie esperienze in questo blog e, di settimana in settimana (in genere, il Venerdì), in una newsletter che solo gli iscritti possono gratuitamente leggere.
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Ma torniamo a noi.
Si parlava di piano di ammortamento standardizzato … a tasso variabile.
Tengo in modo particolare a questo tema, visti i recenti sviluppi giurisprudenziali.
Nel mese di Marzo ho letto con interesse l’ordinanza 7382/2025 della Cassazione in cui ci racconta, per farla breve, che:
…i principi affermati nella sentenza delle Sezioni Unite (sentenza n.15130 del 29.05.2024, n.d.r.) a proposito a tasso fisso valgono senz’altro anche per il caso in cui il tasso convenuto sia di tipo variabile.
… se il piano di ammortamento riporta <<la chiara e inequivoca indicazione dell’importo erogato, della durata del prestito, del tasso di interesse nominale (TAN) ed effettivo (TAEG), della periodicità (numero e composizione) delle rate di rimborso con la loro ripartizione per quote di capitale e di interessi>>, neppure sorge alcun vulnus in termini di trasparenza, giacché il mutuatario ha integrale cognizione, nei limiti di ciò che è possibile, degli elementi, giuridici ed economici, del contratto.
Viste tutte queste belle nozioncine, una delle domande che ti balenano per la testa è se il tuo mutuo è corretto oppure no.
Oppure, e ti capisco, come sia possibile salvare la trasparenza quando un contratto riporta le condizioni essenziali (o meglio, una parte di esse) per determinare … la prima rata.
In altri termini, puoi conoscere in anticipo come varierà il piano di ammortamento ad ogni modifica del tasso di interesse?
Tutte domande lecite, le tue.
Ma andiamo con ordine.
Di mutui a giro ce ne sono diversi e, di mutui, se ne sta parlando parecchio.
Sono anni che se ne parla.
Il principe delle contestazioni è l’indeterminatezza del tasso di interesse che, detta così, può voler dire tutto o nulla.
Vorrei quindi che tu avessi ben chiaro il significato e la portata di “indeterminatezza”. Il mio errore principale sta nel spendere parole di cui non padroneggio il senso. In questo caso, mi è sembrato correre ai ripari e risalire la corrente fino alla fonte, un po’ come fanno i salmoni selvaggi.
Facciamo chiarezza.
Dunque…
Sai che significa indeterminato?
Rispolveriamo la Treccani e rinfreschiamoci i neuroni.
Ebbene,in termini (molto) generali indeterminato è un qualcosa che “non sia stata precisata, definita con esattezza”.
Ok, messa così non ci hai preso una mazza.
Scendiamo più in profondità.
In ambito matematico, spiega la Treccani, si parla di: “di ente non univocamente determinato, non individuato dalle condizioni che ad esso sono imposte”.
Rileggi due volte e prosegui la lettura.
… non univocamente determinato…
Bene, cerchiamo ora il significato “univocamente”.
Ebbene, “univocamente” prende spunto da “univoco”, ossia “che ha un significato solo e ben determinato, e può essere interpretato in un solo modo”.
Nel campo matematico, sempre secondo la nostra amata Treccani, l’univocità fa sì che il problema ammetta una sola soluzione.
Capisci che intendo?
Il concetto di determinato è legato a doppio filo con quello di univoco.
Lascia che ti spieghi.
Il piano di ammortamento di un qualsiasi contratto è come se si trattasse di un problema da risolvere.
Anzi, più di un problema, poi ti spiegherò il perché.
Non vorrei risvegliarti incubi liceali, ma ti assicuro che si tratta niente meno di un compito di matematica.
Il problema dev’essere risolto.
E il problema, per essere risolto, deve avere un’unica soluzione possibile.
La soluzione dev’essere trovata utilizzando i dati del testo del problema, ossia il contratto.
Caliamoci per un attimo in un mutuo a tasso variabile.
La risoluzione del problema non è semplice, perché il piano di ammortamento che puoi generare dai dati di partenza può costarti un’enorme fatica per niente.
Sai perché?
Hai indovinato.
Perché cambia dannazione!
Sai già che la prima rata si discosterà dalla seconda, dalla terza, e così via.
Quindi, il piano di ammortamento iniziale non vale nulla, in termini di trasparenza. Rimane vincolante tra te e la banca solo per il primo periodo, che sia il mese, il trimestre o il semestre. Passato questo …
sbaaam
Si apre uno scenario diverso, imprevedibile e, sì, indeterminabile.
Ripeto, indeterminabile.
Sempre?
No, certo. Non intendo dire che un mutuo a tasso variabile crocifigga la banca solo perché, appunto, è soggetto a oscillazioni costanti.
Se i dati forniti ti consentono di risolvere in scioltezza il secondo problema, il terzo problema, il quarto fino alla scadenza naturale del contratto, la banca sta in una botte di ferro.
Ogni rata è un problema da risolvere.
Ma per risolverlo, c’è bisogno di un criterio determinato, univoco, unico, che non ammette alternative o discussioni.
Sai quale è il contrario di univoco?
Te lo dico io.
Ambiguo, equivoco.
Se c’è ambiguità non c’è determinatezza, e se non c’è determinatezza … che ci rimane?
Un detto popolare dice che Dio vede e provvede.
Anche il Testo Unico Bancario (e, prima di lui, il Codice Civile) ha una tale funzione nel regno dei contratti di credito.
L’indeterminatezza (ambiguità, equivocità, chiamala come ti pare) porta alla nullità della condizione ambigua. E alla nullità segue una integrazione “legale”.
Il TUB funge da giardiniere per mantenere l’erba del prato impeccabile e sempre verde. Il suo compito è quello di togliere zizzania e ripristinare il tappeto.
Diciamoci la verità.
A me non interessa che un contratto di credito sia nullo, sia chiaro. La sua funzione – salvo i casi di abusivismo – è gioviale per la società. Senza il credito, la benzina per alimentare il sistema economico scarseggia, rendendo poco sfruttabile il potenziale produttivo.
La benzina, però, va pagata al giusto prezzo o, quanto meno, al prezzo univocamente stabilito dalle parti.
Il prezzo del credito non fa differenza.
E, fidati, il TUB e il Codice Civile vogliono che il prezzo sia sempre espresso nella massima trasparenza. O, in caso, che sia esprimibile senza “oscurità” o strane ambiguità che, guarda caso, non portano mai benefici al cliente.
E qui nasce un gran misunderstanding.
In questi 14 anni di studio della contesa bancaria, mi sono reso conto di un fatto banale ma per nulla scontato.
Il prezzo del credito non è il tasso di interesse.
Puoi concordare una linea di credito di un milione di Euro ad un tasso di interesse del 20% annuo, ma se non utilizzi il denaro, la tua spesa sta a “zero”.
Se invece impieghi il denaro tutto e subito per 365 giorni ininterrotti, spendi duecentomila Euro.
[Il “prezzo” è quanto spendi in termini di interessi.]
Certo, a posteriori misuri l’entità di questi interessi rapportandoli al debito e al tempo ed esprimendo, così, il tasso di interesse.
Ma di tasca spendi 200.000 Euro, non il 20%.
Come dico sempre, ogni azienda contabilizza gli interessi passivi nella voce “oneri finanziari”, mentre un consumatore detrae il 19% degli interessi passivi che paga su un mutuo ipotecario finalizzato all’acquisto della prima casa.
Del tasso di interesse non se ne fa di nulla, se non come un parametro per determinare la “spesa” vera, ossia, appunto, gli interessi.
E qui viene il nocciolo.
Quando è in grado il cliente di determinare in modo univoco, inequivoco, gli interessi?
Si torna lì.
Quando i dati del problema da risolvere sono completi.
Quali sono questi dati?
Beh, quando, oltre al tasso di interesse, il numero e la periodicità delle scadenze, vi è il meccanismo di calcolo necessario per:
… trovare la rata di equilibrio iniziale
… impostare la struttura del piano di ammortamento e la progressione delle quote di capitale
… calcolare via via le quote interessi
Ma non basta!
A ben vedere, la rata di equilibrio iniziale è il problema minore, perché si tratta dell’importo che paghi alla prima scadenza utile, se il tasso di ingresso coincide con quello sottostante la rata.
Capita, però, che la decorrenza dell’ammortamento sia successivo a un periodo di preammortamento e che, quindi, il tasso di interesse della prima rata sia diverso rispetto a quello di ingresso riportato.
Quindi, se non l’hai capito, la prima rata effettiva sarà diversa da quella che compone il piano di ammortamento iniziale.
Lo sapevi?
Sembra una bella storia, ma ti assicuro che, per molti, non è così.
Ecco perché, per come la vedo io, è importante stabilire a monte in modo chiaro il secondo ed il terzo punto.
Con un mutuo a tasso variabile sai come parti ma non sai dove arrivi. Nel mezzo al trambusto hai bisogno di una bussola che punti dritto verso il Nord, senza sbagliare strada.
La progressione delle quote di capitale ha una certa importanza.
Ti permette di sapere in anticipo a quanto ammonta il debito residuo ad una certa data futura. Troppo spesso sento dire da consumatori e imprenditori di quanto sono sopresi dalla massa di debito che ancora hanno sul groppone, dopo anni e anni di pagamento.
Guardo il loro piano di ammortamento e vedo che (non sempre, certo) non corrisponde con quello firmato. Sulla quota interesse, ci siamo. In un modo o nell’altro, fluttua in base all’indicizzazione.
Ma come mai fluttuano anche le quote di capitale? Con quale criterio la banca lo fa?
E’ un’ottima domanda, a cui francamente non riesco a dare risposta.
Parto però da questo principio.
Seguimi attentamente.
Ci sono almeno due modi per conguagliare via via il piano di ammortamento.
MODO 1 – La banca può conguagliare solo la quota interessi mantenendo intatte le quote di capitali iniziali e (almeno quelle) firmate.
MODO 2 – Oppure può rimodulare da zero il piano di ammortamento mantenendo il debito residuo in quel momento ed applicando il nuovo tasso. In questo secondo caso, le quote di capitale variano senz’altro rispetto a quelle iniziali.
Ma te non lo sai mai … SE il contratto non fa chiarezza sul punto.
Due soluzioni possibili fanno sì che l’adeguamento del piano sia ambiguo, quindi indeterminato.
E questo a prescindere dal regime finanziario prescelto.
Perché poi c’è il problema del regime finanziario, che lascia spazio ad ulteriori due scenari alternativi.
Lascia che ti spieghi.
Prendi i dati iniziali.
Tasso di interesse, numero di rate, periodicità, debito.
Se non c’è altro da sapere, sappi che il contratto è ambiguo, c’è poco da fare.
Essendo un appassionato della materia, so che le vie per arrivare alla rata e al piano di ammortamento sono quanto meno due …
… alternative, diverse, non sovrapponibili.
Utilizzi il regime composto degli interessi e ottieni una certa rata e una certa struttura del piano di ammortamento.
Impieghi il regime semplice degli interessi e ottieni una rata diversa (inferiore) ed una struttura del piano di ammortamento ancora diversa.
!!! MA ATTENZIONE !!!
Entrambi i procedimenti alternativi valgono solo per la prima rata.
Ma come sappiamo entrambi, un mutuo NON è la prima rata.
E’ il futuro del rimborso che conta (di più).
Contano molto più le rate future della prima. Sono proprio quelle che tu devi essere in grado di determinare con assoluta certezza.
Perché sappi che il cosiddetto piano di ammortamento a tasso variabile “standardizzato” non esiste.
Sai che significa “standardizzare”?
Me lo sono ricercato pure io, lo ammetto.
Stando alla Treccani, “conformare a uno standard, a un tipo o modello considerato normale e generalmente valido”.
C’è un modello uniforme e classico di mutuo a tasso variabile tale da considerarlo “standard”?
Può esistere per un mutuo a tasso fisso, con rata fissa. Ma non per il variabile.
Poni attenzione a chi ti dice che l’ordinanza 7382/2025 estende i principi della SU 15130/2024 anche ai mutui a tassi variabile.
Gli piacerebbe!
Sì, può essere, ma solo e soltanto con riferimento ad una tipologia di contratto che, salvo mia incompetenza (e ci sta tutta, io non sono certo un luminare), di fatto non è possibile nella vita reale.
Semplicemente perché non si può paragonare un mutuo a tasso variabile ad uno a tasso fisso.
Il tasso variabile è indefinito per definizione.
Detto questo non sto dicendo che si tratta di un rapporto indeterminato di per sé.
Non se ci sono criteri precisi stabiliti che regolano ogni aspetto delle modifiche che senz’altro avverranno quando varierà il tasso di interesse.
Se non ci sono, allora sì, che il contratto è ambiguo.
RICORDATI QUESTI QUATTRO PASSAGGI
1) Se non hai il regime finanziario (capitalizzazione semplice o composta), non sai come viene costruito il piano di ammortamento e calcolato la prima rata.
2) Il regime composto non è la regola, bensì l’eccezione, e dev’essere pattuita per iscritto, dato che genera un differenziale di prezzo aggiuntivo rispetto al regime semplice.
3) La variabilità del tasso cambia scenario del rapporto ad ogni rata. Se ti manca il “regime”, avrai sempre la doppia possibilità di calcolo della quota interesse. E questo è ambiguo.
4) Se, inoltre, non sai come dev’essere gestita l’indicizzazione (rimodulazione del piano o mantenimento delle quote di capitale iniziali?), gli scenari di calcolo si duplicano di nuovo, ossia:
… rimodulazione del piano ad ogni rata con regime semplice;
… rimodulazione del piano ad ogni rata con regime composto;
… mantenimento della quota di capitale con regime semplice;
… mantenimento della quota di capitale con regime composto.
Abbiamo di fronte ben 4 scenari. Tutti, ma dico tutti, diversi l’uno dall’altro.
Di quale determinatezza stiamo parlando?
La partita dei mutui, resta sempre aperta, finché c’è qualcuno che ti dà ascolto.
p.s.
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