Se ti sei mai chiesto come capire se concessione del credito possa considerarsi “abusiva” sei atterrato nel posto giusto.
Il contenuto che troverai in questo post credo che sia tra i più valorosi tra quelli che ho scritto fin qui.
Se sei appassionato di contenzioso bancario e – congiuntamente – di procedure fallimentari non puoi non leggere tutto quello che ho da dirti fino alla fine.
Per cui, prenditi 10 minuti del tuo tempo, rilassati e prendi nota.
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Pronto? Cominciamo.
Se devo dirla tutta, la concessione abusiva del credito non si mastica proprio tutti i giorni.
E’ una materia piuttosto complicata, peraltro non disciplinata da alcuna normativa.
“Ma come?! La (ormai ex) legge fallimentare dice che il credito abusivo è illegittimo…”
In realtà la (ormai ex) legge fallimentare tratta espressamente dell’abusivo RICORSO al credito (art. 218 LF), sanzionando amministratori, direttori generali, liquidatori ed imprenditori.
La CONCESSIONE abusiva del credito ha origine dalla giurisprudenza susseguitasi nel corso degli anni. E, come spesso accade nel diritto nostrano, la facilità con cui posso raccontartela è inversamente proporzionale alla difficoltà nel tradurla in fatti e numeri.
Dunque, non prendiamoci in giro.
Per scovarla sono necessarie molteplici analisi dannatamente complesse che riassumono nozioni aziendalistiche, bancarie e fallimentare. Tutte insieme. Dalla “fusione” di questi ambiti specialistici non si scappa.
Ma non voglio intimorirti subito correndo il rischio che abbandoni subito la pagina.
Ho deciso piuttosto di condividere con te alcuni consigli tratti dalla mia esperienza.
Ti starai chiedendo perché proprio adesso.
“se non ora, quando…”
Ho colto la palla al balzo.
Proprio recentemente ho avuto il piacere di leggere una Ordinanza della Corte di Cassazione n. (1387/2023) che tratta proprio di un caso di concessione abusiva del credito…di un fallimento dichiarato nella mia città lavorativa.
La banca è stata condannata al pagamento dei danni provocati dalla sua condotta – ritenuta dalla Corte dai tribunali di merito dei gradi precedenti – “abusiva”.
Senza dubbio una grande soddisfazione per la Curatela e per tutti i professionisti che l’hanno assistita.
Ma procediamo con ordine.
CONCESSIONE ABUSIVA DEL CREDITO…QUANDO?
Se sei un Curatore Fallimentare (da adesso anche Liquidatore Giudiziale), od un suo Consulente questa domanda te la devi necessariamente porre.
Sempre?
Ovviamente no. La risposta esatta è, come spesso accade, DIPENDE.
Dipende da cosa?
Adesso ci arriviamo.
Ma dobbiamo sempre avere con noi la cassetta degli attrezzi.
Iniziamo.
IL BILANCIO ALLA DATA DEL FALLIMENTO
Prendi anzitutto il bilancio della società aggiornato alla data del fallimento. E’ essenziale.
Focalizzati sul passivo.
Ci sono debiti di natura bancaria?
Se la risposta è affermativa, ottieni anche i bilanci dei 3-5 esercizi precedenti e procedi come segue.
LA CENTRALE DEI RISCHI
Richiedi l’accesso alla “Centrale dei Rischi” storica dell’azienda. In un precedente post – segui le istruzioni – ti ho già spiegato come procedere.
Una volta a tua disposizione, soffermati sull’andamento delle segnalazioni nel periodo di 3-5 anni anteriori al fallimento.
Se vuoi capire se c’è stata una concessione abusiva del credito, questo diventa il tuo regno per tutto il tempo che ti serve prima di andare a maneggiare i bilanci aziendali.
Dall’analisi della Centrale Rischi, infatti, avrai ben chiaro:
- la natura degli affidamenti concessi dagli istituti di credito alla fallita;
- le garanzie concesse – anche di tipo personale;
- il grado di utilizzo di ciascuna linea di credito;
- i tipi di segnalazione ed il loro andamento all’avvicinarsi del fallimento.
Hai verificato tutti gli aspetti?
Bene, a questo punto poniti queste due domande.
Nel periodo antecedente il fallimento sono state concesse nuove linee di credito all’azienda?
Nel periodo antecedente il fallimento sono state mantenute in essere linee di credito già in essere?
Se almeno una delle due risposte è SÌ, tienile ben a mente nel proseguimento di questo post.
Le contestualizzerai al momento dell’analisi dei bilanci – riclassificati – dei rendiconti finanziari e di alcuni indici di bilancio dei risultati aziendali.
Assunta questa consapevolezza, possiamo proseguire la nostra indagine.
Ma non prima di ricordarti sul perché la Centrale Rischi è un elemento molto importante per me.
La ritengo una sorta di “confessione” da parte della banca. Lei stessa racconta il grado di indebitamento dell’azienda. E lo fa mensilmente.
Chiaro il concetto?
Mese dopo mese, puoi ricostruire tutti gli elementi che ti ho elencato sopra e capirne le variazioni.
In questo modo, è più semplice per te ricollegare ogni mese ed ogni variazione ad un evento aziendale rilevante ai fini del fallimento.
Per esempio, puoi vedere cosa è accaduto nel periodo successivo il deposito di un bilancio in perdita oppure dopo un’assemblea dei soci in cui è stato deliberato un aumento di capitale od una sua riduzione per perdite.
Dal deposito di un bilancio in perdita grave potresti aspettarti una revoca e/o ridimensionamento di linee di credito.
E se questa aspettativa non si è effettivamente manifestata?
E se, invece, è stata concessa nuova finanza all’imprenditore?
Tutto questo lo si può intuire (anche, ma non solo) dall’analisi della Centrale dei Rischi. Per me è uno dei più fedeli alleati in questo tipo di indagine.
Adesso, proseguiamo.
Se ti trovi in una condizione per cui nel periodo antecedente alla dichiarazione di fallimento le linee di credito aziendali sono rimaste più o meno intatte – o addirittura aumentate – è giunto il momento di prendere in mano i bilanci degli anni precedenti. Diciamo gli ultimi 3-5, come ti ho anticipato più sopra.
Se la società fallita è di capitali (Srl o Spa) non ti sarà difficile estrapolarli dal Registro delle Imprese, anche se non sarà di per sé sufficiente. Dovrai disporre dei rendiconti quanto più possibile analitici per conoscere al meglio le voci di bilancio.
Se la fallita è una Sas, Snc o un’impresa individuale, dovresti farteli mettere a disposizione dai soci e/o l’imprenditore stesso o, comunque, da chi ne seguiva l’amministrazione.
Prenditi tutto il tempo che ti serve.
RICLASSIFICAZIONE DEI BILANCI E RENDICONTO FINANZIARIO
Una volta che tu hai reperito tutti gli attrezzi, procediamo con alcune semplici RICLASSIFICAZIONI.
Solitamente procedo così:
- Il conto economico lo imposto secondo lo schema “a valore aggiunto”.
- Lo stato patrimoniale secondo le “fonti di finanziamento” (te ne ho già parlato qui).
Eccoti un esempio di come gli strutturo solitamente
Da questi mi ricavo l’altro elemento per me dannatamente fondamentale: il RENDICONTO FINANZIARIO. Mi piace sistemarlo così:
Non prendiamoci in giro.
Il conto economico e lo stato patrimoniale esprimono un immenso valore per comprendere la natura stessa dell’azienda. Tuttavia, le politiche di bilancio possono averne influenzato alcuni aspetti.
Come amano dire gli anglosassoni, la “cassa” è un fatto. Qualunque sia la politica di bilancio adottata – almeno teoricamente – i flussi di cassa sono dati certi. In alcuni casi ti permettono anche di prevedere l’andamento dell’impresa.
Fissalo bene in mente.
Facciamo un esempio.
Poniamo che l’azienda già affidata abbia contratto un mutuo ipotecario nell’anno 1.
Al termine dello stesso anno, l’azienda chiude il bilancio in forte perdita, tale da erodere buona parte del patrimonio netto.
Probabilmente ti saranno capitati casi simili.
Tralascio ogni considerazione in merito agli obblighi codicistici a carico dei soci per eventuali decisioni sulla ricostituzione del capitale.
Poniamo che l’azienda continui ad operare sul mercato anche nell’anno 2 e 3. Nell’anno 4 viene dichiarata fallita.
Potresti collegare l’erogazione del mutuo all’insolvenza della società?
Non fraintendermi, non ti sto dicendo che l’impresa è fallita per colpa del mutuo erogato dalla banca.
Ti sto dando alcuni spunti per capire se gli eventi potrebbero essere collegati. Altrimenti, potrei considerare questo stesso post un amaro “fallimento”.
Ecco perché conviene domandarsi sempre:
“con la revoca dei fidi e/o la mancata erogazione del mutuo, l’insolvenza si sarebbe (ragionevolmente) manifestata prima?”
“la banca poteva essere consapevole della non più finanziabilità dell’azienda all’epoca dell’istruttoria?”
“negli anni in cui l’azienda ha proseguito l’attività da insolvente, quanto ‘patrimonio’ è stato pregiudicato per i creditori?”
Non vorrei sembrarti troppo inquisitorio, ma quando si tratta di “concessione abusiva” bisogna mettersi nei panni dei funzionari che hanno istruito il/i fido/i.
Anche se ovviamente non ne hai tutti gli strumenti.
Lo scopo di questo post è quello di fornirti alcuni spunti quanto più oggettivi possibile.
I FLUSSI DI CASSA A SERVIZIO DEL CREDITO BANCARIO
Sono partito dalla Centrale Rischi e dai bilanci aziendali riclassificati.
Adesso ti porto al rendiconto finanziario.
Solitamente focalizzo l’attenzione sul Flusso di cassa operativo corrente (FCOC) e sul Flusso di cassa a servizio del debito (FCSD)
Li puoi verificare nello schema che ti ho riportato sopra.
Perché devi valorizzare questi dati?
Il FCOC ti permette di capire se l’attività genera liquidità sufficiente a coprire:
- gli investimenti in conto capitale;
- gli impegni finanziari, tra cui i rimborsi dei finanziamenti e la spesa a titolo di interessi ed, in generale, di tutti gli oneri finanziari.
In altre parole, ti consente di comprendere se, di base, il “motore” dell’impresa gira al punto giusto.
Se l’FCOC è positivo, è di per sé un buon segno.
Ma non lasciarti ingannare.
La sua misura riflette l’andamento dell’operatività corrente ma non è detto che sia abbastanza da soddisfare la spesa per investimenti e del rimborso del debito.
Ecco perché mi interesso al FCSD.
Se il valore è superiore a:
- la somma dei rimborsi delle quote di capitale dei mutui eventualmente in essere;
- gli oneri finanziari maturati sui debiti bancari goduti.
Allora il pericolo di insolvenza non sussiste. Quantomeno nell’annata analizzata.
Credi di essertela cavata con così poco?
La storia non finisce qui.
Se l’impresa non risulta insolvente nell’anno, non significa che non lo sarà in quelli successivi.
Ecco perché, devi compiere questa verifica nei 3-5 anni precedenti la dichiarazione di fallimento (adesso, per essere precisi, di “liquidazione giudiziale”). Come minimo.
Un altro elemento simile – prediletto del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti per comprendere la salute finanziaria dell’impresa – è il DSCR – Debt Service Coverage Ratio.
Lo so, ti sembrerà un parolone, ma ti smentisco subito.
Il (DSCR) non è altro che l’ammontare necessario a pagare:
- gli interessi; e
- rate capitale dei finanziamenti alle imprese.
“Interessante, ma come è possibile calcolarlo?”
Ti basta rapportare:
- il flusso di cassa prodotto dalla gestione caratteristica al netto del flusso fiscale relativo al pagamento delle imposte sul reddito d’esercizio; e
- il flusso finanziario per il pagamento degli interessi passivi nonché della quota capitale dei finanziamenti nel periodo considerato.
Il valore di a) dev’essere maggiore a quello di b) per essere ritenuto positivo. Significa che la liquidità prodotta dalla gestione corrente è più che sufficiente ad assorbire gli impegni finanziari.
Torniamo a noi…
Ti starai chiedendo cosa accade se l’FCSD (ma anche il DSCR) è negativo.
FC A SERVIZIO DEL CREDITO BANCARIO Negativo…Che significa?
Ed ecco che arriviamo al punto focale del nostro ragionamento.
Se sei arrivato fin qui nella lettura di questo post non posso che congratularmi. Sei al giro di boa. Non mollare proprio adesso!
Sicuramente sei stato molto attento fino a qui. Hai (sicuramente!) intuito che se l’FCSD è negativo significa che l’impresa non è in grado di sostenere gli impegni finanziari assunti.
Per essere ancora più chiaro, non fa abbastanza soldi per rimborsare il capitale preso a prestito né per ripagare gli interessi.
Per farlo, l’unico modo è che i soci (o l’imprenditore) si frughino in tasca rifinanziando l’azienda. Si tratta però di mezzi di pagamento “non normali” per l’azienda. Ma fino quando ciò è possibile?
Il punto a tuo favore, se tu sei il curatore del fallimento (ahimé) intervenuto, è che se tu entri in questa consapevolezza, sei in buona compagnia.
La banca lo sapeva già!
Le procedure di rating e di analisi sono ben più invasive rispetto alle tue indagini. Dunque,
- se la banca ha mantenuto in piedi linee di credito già in essere; e/o
- ha erogato nuova finanza (senza che siano intervenute procedure di ristrutturazione del debito);
Era (quanto meno con buona probabilità) consapevole della “incapienza” finanziaria ben prima di te.
E’ quello che potremmo definire il principio del “buon banchiere” (racchiuso nell’art. 5 TUB, nella Istruzioni di Vigilanza della Banca d’Italia – Circolare n. 229 del 21/04/2009; e
l’Accordo di Basilea 2 sul Rating)
Nel caso in cui ha erogato il mutuo, come puoi pensare che l’azienda sia in grado di ripagare il debito neo concesso se il FCSD è negativo?
A meno che il mutuo non sia destinato ad un investimento con un rendimento immediato e straordinario, è dannatamente difficile.
Lascia che ti racconti un caso concreto.
5 anni prima di essere dichiarata fallita una società per azioni aveva contratto un mutuo ipotecario per milioni di Euro.
Negli anni precedenti, nonostante fatturati anch’essi milionari, i margini e gli utili erano pressoché rasenti allo zero.
Non voglio entrare nei meriti delle politiche di bilancio adottate dagli amministratori ma lascia che ti dica una cosa.
Al termine di quello stesso anno – quello dell’erogazione – la società ha conseguito una perdita ingente intaccando notevolmente il patrimonio, così come negli anni successivi.
Nel quarto anno successivo all’erogazione, l’azienda è stata dichiarata fallita.
Me lo potevo aspettare?
Da un’analisi approfondita – secondo il principio del “più ragionevole che non” di cui ti ho già menzionato qualcosa in un precedente post (link articolo CR) – la probabilità del SI era molto alta.
Nel corso dell’anno dell’erogazione del mutuo, infatti, il FCSD era già negativo. Sintomo che l’azienda non faceva abbastanza soldi per onorare il debito di natura bancaria.
Gli accordi contrattuali prevedevano il pagamento di rate semestrali. Trattandosi di un finanziamento milionario, puoi immaginare che ogni rata sarebbe stata una “botta” da oltre 100.000 Euro senza contare gli interessi.
La prima rata era di preammortamento. Ergo, la società avrebbe corrisposto solo interessi.
Ti starai domandando – lecitamente – come avrebbe potuto onorare il debito (soltanto) con le proprie forze.
Ecco cosa è successo:
- la rata di soli interessi è stata pagata (poche decine di migliaia di Euro);
- la prima rata di ammortamento, comprensiva anche di quota capitale, è rimasta impagata, così come le altre fino all’intervenuto fallimento;
- la banca ha chiesto l’insinuazione al passivo per l’intero importo erogato con privilegio ipotecario.
Ti è chiaro il concetto?
In questa vicenda mi sono reso conto che:
- l’azienda poteva essere già in stato di insolvenza (o quanto meno in crisi) nell’anno in cui è stato erogato il mutuo;
- l’erogazione del mutuo – impiegato per estinguere passività pregresse e per liquidità aziendale – ha reso manifesta l’insolvenza con almeno un anno di ritardo (dopo una rata semestrale di preammortamento ed una – impagata – di ammortamento).
L’inadempimento prospettico era evidente fin dall’inizio. L’azienda non era finanziabile.
L’analisi non si ferma comunque qui. Ti consiglio di integrare le valutazioni effettuate con indici di bilancio specifici.
INDICI DI BILANCIO…QUALI GUARDARE?
Nei passaggi precedenti hai già avuto modo di riclassificare i bilanci aziendali.
Adesso ti spiego quali indici estrapolabili da questi che utilizzo abitualmente per approfondire l’eventuale avanzamento dello stato di “decozione” dell’impresa.
ROI – Return On Investiment
E’ un classico. Un buon punto di partenza. Non è altro che il rapporto tra il Margine Operativo Netto (o EBIT) ed il Capitale Investito Netto (CIN).
Se hai riclassificato i bilanci come ti ho accennato più sopra non ti sarà difficile trovarlo.
Determina il ROI negli ultimi esercizi prima della dichiarazione del fallimento e verifica da quando è iniziato ad erodersi. E’ probabile che da un certo momento in poi sia negativo.
Poni particolare attenzione a quell’anno. Potrebbe esser quello da cui un terzo – ad esempio la banca – può apprendere lo stato di crisi dell’azienda. Quanto meno sul fronte economico.
Naturalmente questo indice non è sufficiente: potrebbe risentire di alcune politiche di bilancio che ne hanno influenzato la misura.
Margine di Tesoreria ed Indice Di Liquidità
Se determini la differenza tra Attività a breve termine (meglio se al netto delle rimanenze di magazzino) e le passività di breve termine, ottieni il Margine di Tesoreria (MT).
Il rapporto tra l’una e l’altra, invece, ti fornisce il c.d. “indice di liquidità” (IL).
Hai già capito che il MT dev’essere di per sé positivo affinché l’azienda possa considerarsi in salute. Allo stesso modo, l’IL dev’essere maggiore di 1.
Solitamente, considero i valori assoluti degli ultimi 5 anni ed il trend fino alla dichiarazione di fallimento.
Probabilmente, noterai un peggioramento di entrambi gli indici.
Il punto è (so già che te lo starai chiedendo!): quale potrebbe essere il valore che consente ad un terzo di capire che l’azienda possa ritenersi insolvente?
Ad essere sincero, non ce ne sarebbe uno preciso.
La tua bravura sta nel contestualizzarlo insieme agli altri che ti illustro e con il Flusso di cassa a servizio del debito.
Inutile prendersi in giro. Ogni caso trattato è unico, per cui sappi che dovrai compiere valutazioni soggettive per ogni situazione.
Questo post ti fornisce soltanto degli spunti pratici (la nostra “cassetta degli attrezzi”, ricordi?) e degli strumenti il quanto più possibile oggettivi.
Tu non sei un banchiere, per cui non hai l’armamentario infinitamente più preciso del tuo che dispone la banca.
Rapporto tra indebitamento e Patrimonio Netto
Questo valore può assumere rilievo se nel periodo precedente la dichiarazione fallimento l’azienda ha contratto ulteriori finanziamenti dagli istituti bancari.
Benché è fisiologico un suo peggioramento tieni presente questo aspetto.
Le eventuali perdite aggregate riducono (non dovrei nemmeno dirtelo) il patrimonio netto. A meno che non siano ripianate con apporti dei soci o dell’imprenditore (ossia con mezzi non normali), l’indice tenderà ad aumentare.
Ti consiglio di verificare se l’aumento di tale indice sia imputabile anche all’aumento contestuale della componente “indebitamento”.
Visto che stiamo discutendo di (ipotetica) concessione del credito abusiva, l’incremento (o il mantenimento) dell’indebitamento nel periodo sospetto ci dev’essere!
Rapporto Tra Oneri Finanziari Su Fatturato
Non ti fare ingannare troppo tra il rapporto oneri finanziari/fatturato nel periodo precedente la dichiarazione del fallimento.
L’incremento potrebbe essere consistente, ma è probabile che sia dovuto più al crollo del fatturato che all’incremento degli oneri finanziari.
Quindi stai attento. Per quanto mi riguarda, può avere un senso nel momento in cui:
- verifichi un periodo in cui il fatturato negli ultimi anni precedenti al fallimento (ad eccezione naturalmente di quello della sentenza) si è mantenuto costante;
- le linee di credito utilizzate si sono mantenute invariate o hanno subito un incremento.
Altrimenti, non dargli troppo peso.
“tutto molto bello, ma come faccio a capire se la concessione del credito è abusiva oppure no?”
Lascia che ti spieghi.
L’analisi che ti ho mostrato in questo post è sempre – oggettivamente – fattibile e praticabile.
Ti consente di scattare una fotografia ad alta definizione della salute finanziaria dell’azienda fallita in tutto il periodo in cui è stata traghettata al fallimento (ora liquidazione giudiziale).
E’ un tool di spessore e di grande valore.
Pensaci…
Se riesci a capire che:
- negli ultimi 3-5 anni la banca (o più banche) ha concesso nuovo credito o mantenuto in essere quello “goduto” dalla azienda;
- la “cassa” aziendale non ha consentito il rimborso del credito;
- addirittura la “cassa” era di per sé incapiente a sopportare il nuovo credito concesso;
- nel periodo di mantenimento/concessione del credito gli indici economico-patrimoniali-finanziari desunti dai bilanci depositati sono andati a degradarsi;
- nel periodo di mantenimento/concessione del credito la prosecuzione dell’attività ha generato perdite d’esercizio erodendo ulteriormente il patrimonio netto;
L’azienda non era più finanziabile, perché semplicemente non poteva più stare sul mercato.
Inutile girarci intorno.
Senza il mantenimento/concessione delle linee di credito – è divenuta incapace di far fronte alle proprie obbligazioni.
Non ti parlo in termini di (solo) patrimonio netto ma di pura “cassa”.
“vuoi dire che se il patrimonio netto è positivo l’azienda può essere comunque insolvente e fallibile?”
Lascia che te lo dica. Non è un fatto da escludere a priori.
Per non farmi prendere per pazzo, permettimi di risponderti con un principio radicatosi negli anni negli ambienti della Corte di Cassazione. Fonte ben più autorevole di me!
La più recente pronuncia è l’ordinanza n. 7087/2022. Nella sua sintetica esposizione consolida il principio per cui l’insolvenza:
- è DESUMIBILE dall’impossibilità dell’impresa di continuare ad operare PROFICUAMENTE sul mercato;
- NON va ricercata solo e semplicemente nel rapporto tra attività e passività.
In altre parole, è sufficiente – si fa per dire – il venir meno delle condizioni di liquidità e di credito necessarie allo svolgimento dell’attività. Ciò si può tradurre in una situazione di impotenza strutturale – non transitoria – a soddisfare regolarmente e con mezzi normali le proprie obbligazioni.
In “soldoni”, puoi avere un patrimonio netto di un milione di Euro, ma se non hai i soldi per onorare una debito di 100.000 Euro oggi, tecnicamente puoi essere ritenuto insolvente.
Naturalmente se tale mancanza non è un evento isolato, ma un fatto strutturale non risolvibile con “mezzi normali” (come ad esempio, il costante apporto dei soci, a mio modesto modo di vedere).
Puoi collegare tutto questo con una abusiva concessione del credito?
SI…a patto che dimostri con certezza che la (o le) banca (banche) abbiano:
- mantenuto in essere le linee di credito già in essere senza ridurle o revocarle; e/o addirittura
- concesso nuova “finanza”.
Poiché la banca è molto più evoluta di te grazie ai sistemi di “rating” interni, se non ha preso provvedimenti contrari c’è senz’altro qualcosa che non va.
Sta solo a te dimostrarlo.
Spero che questo post ti abbia fornito gli strumenti giusti e adatti.
CONCLUSIONI
Come sempre, non posso non ringraziarti infinitamente per aver letto il post tutto d’un fiato.
Se rivesti il ruolo di curatore fallimentare o di un suo consulente, hai appreso dei consigli pratici su come sporcarti le mani se vuoi saperese la concessione del credito verso una società (poi) fallita può ritenersi abusiva o no.
Hai senz’altro appreso:
- l’importanza di riclassificare i bilanci degli ultimi 3-5 anni ante fallimento;
- l’importanza di analizzare la Centrale dei Rischi storica;
- il valore del rendiconto finanziario, soprattutto nella componente “a servizio del debito”;
- la capacità integrativa degli indici di bilancio.
E’ dannatamente importante valorizzare lo stato finanziario di incapienza (non transitoria) dell’azienda, al di là quale sia la differenza tra attivo e passivo.
In altri termini, non è detto che un patrimonio positivo sia sintomo di salute finanziaria dell’azienda. Se non è liquida, i debiti – salvo utilizzo di altri mezzi che non voglio discutere in questo post – non è involontariamente in grado di pagarli.
Se tutto questo è completato dalla prosecuzione dell’attività in perdita grazie anche al mantenimento degli affidamenti bancari già in essere senza alcun tipo di revoca…beh, senz’altro la banca ha influito a creare il danno (quanto?) in capo agli altri creditori (ignari?).
Ma di questo, ne tratterò in un altro post.
A questo punto, non mi resta che ringraziarti della tua attenzione.
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Alla prossima.
Tommaso