In questa Parte 2 vorrei spiegarti come sia possibile correlare l’omessa pattuizione della “capitalizzazione composta”, in un piano di ammortamento alla francese, con il tasso d’interesse ex art. 117 TUB.
Nella Parte 1 di questa serie di articoli incentrati sul piano di ammortamento alla francese ho condiviso con te alcuni spunti pratici per aiutarti nel tuo intento di:
“capire se un piano di ammortamento alla francese è redatto in regime di capitalizzazione semplice o composta”
Te lo sei perso?
Beh, non ti resta che compilare il modulo della NEWSLETTER periodica cliccando sul presente LINK. E’ facilissimo iscriversi, ancor più semplice cancellarsi. Non ti perderai più nulla!
Torniamo a noi!
I 2 metodi che ti ho elencato ti consentono di capire in modo semplice ed intuitivo se:
- il regime finanziario è (o non) stato pattuito;
- la rata calcolata dalla banca è (o non è) stata calcolata secondo il regime finanziario di “capitalizzazione semplice”.
Non importa che tu sia esperto di matematica finanziaria per applicarli.
Puoi metterli in pratica anche se non hai competenze matematiche “stellari”.
E’ proprio vero! E te ne puoi rendertene conto “sporcandoti” un po’ le mani.
Hai applicato entrambi i metodi?
Entrambi ti hanno dato esito negativo e quindi:
- il regime finanziario non è stato pattuito (?);
- la banca non ha applicato il regime di capitalizzazione semplice (?).
Molto bene, puoi continuare a leggere (puoi farlo anche per semplice interesse, ovviamente!).
Adesso ho intenzione di spiegarti alcuni spunti ulteriori sul perché dovresti proporre la ricostruzione del mutuo secondo il regime di “capitalizzazione semplice” ed il tasso d’interesse sostitutivo ex art. 117 c. 7 TUB.
“Ma cosa c’entra il tasso d’interesse sostitutivo di legge con l’omessa pattuizione del regime finanziario?”
Capisco che l’accostamento delle due cose (capitalizzazione semplice e tasso c.d. “TUB”) ti possa sembrare forzato.
Ma se sei un appassionato di contratti bancari probabilmente già intuisci cosa intendo.
Pensaci…
Perfezioni l’acquisto di un servizio concordando un determinato prezzo.
In un secondo momento ti accorgi di aver pagato un costo di Euro 1.000,00 non previsto da nessuna clausola.
Rileggi bene il contratto che hai firmato ma non rinvieni una pattuizione specifica.
Cosa fai?
Probabilmente farai presente l’errore alla tua controparte richiedendo il “maltolto” indietro.
E se la controparte non adempie?
E’ possibile che tu – se lo ritieni conveniente – avvii un procedimento legale per recuperare il costo ingiustificato.
In effetti, chi non lo farebbe…
Per i finanziamenti, in linea di principio, vale lo stesso.
Se scopri che il piano di ammortamento ha generato o sta generando un costo maggiore ed ingiusto non giustificato in una clausola specifica, non vorresti recuperare il “non dovuto”?
La risposta immagino sia affermativa, anche se non per forza sia conveniente attivare un contenzioso.
Ma non è questo il punto.
Lasciami spiegare.
Esiste la possibilità di correlare l’omessa pattuizione del regime finanziario con il ricalcolo del piano di ammortamento secondo i tassi sostitutivi ex art. 117 c. TUB.
COME? LEGGI ATTENTAMENTE
Il “regime finanziario” è intimamente connesso con:
- il reale tasso d’interesse sopportato dal cliente;
- il totale degli interessi generati dal piano di ammortamento.
Ti posso assicurare che a parità di:
- di tasso d’interesse;
- numero totale delle rate;
- periodicità dei pagamenti (mensile, semestrale, ecc.);
- importo finanziato.
Emergono rate costanti diverse e, conseguentemente, importi a titolo di interessi diversi per ogni “regime finanziario” utilizzato per rendere il piano di ammortamento equivalente.
Utilizzando il regime di “capitalizzazione composta” otterrai una rata più alta di quella calcolabile con il regime di “capitalizzazione semplice”.
Ti starai chiedendo “perché?”
Beh, già il dato letterale dovrebbe farti sospettare qualcosa.
La differenza tra le due è imputabile proprio al fatto che il regime finanziario di capitalizzazione composta genera interessi non solo sul capitale ma anche sugli interessi.
All’estero è un fatto assolutamente scontato (è sufficiente approfondire, ad esempio “Mortgages and Annuities: Mathematical Foundations and Computational Algorithms” di Y. K. Shestopaloff).
Puoi rileggere, se non l’hai già fatto, l’ “Appendice” che ti ho trasmesso con la lettura del precedente articolo per capire matematicamente ciò che ti ho detto.
Sul punto, è bene sempre lasciar parlare i numeri.
Ma torniamo al punto del nostro ragionamento.
“Cosa c’entra tutto questo con il tasso d’interesse?”
Centra, eccome.
Lascia che ti spieghi…e continua a leggere.
Il tasso d’interesse debitore è uno degli elementi essenziali del contratto. Ne integra l’oggetto.
Anche il “meccanismo di calcolo” del tasso d’interesse, di fatto, lo è.
Per meccanismo di calcolo intendo banalmente la risposta alla domanda: “quale formula di calcolo utilizzo per impiegare il tasso d’interesse al pari degli altri elementi contrattuali?”
Non perdere mai l’occasione di porti questo interrogativo.
Seguimi e capirai il perché.
FOCALIZZATI SULL’OGGETTO DEL CONTRATTO
Sai bene che l’oggetto del contratto – quale è il tasso di interesse in un rapporto di finanziamento – deve essere “(…) possibile, lecito, determinato o determinabile”.
Non lo dico io, ma lo impone l’art. 1346 CC.
Fin qui, nulla di nuovo…
La misura del tasso d’interesse è certamente determinata nel momento in cui è esplicitamente indicato in contratto (es. 3,00%).
“hai scoperto l’acqua calda”, potresti dirmi.
Hai ragione.
Tuttavia, niente vieta alle parti contraenti di rinviare la sua quantificazione ad elementi certi e prestabiliti MA oggettivamente indicati, e facilmente conoscibili dal contraente.
Potrebbero essere parametri, indici, tassi d’interessi interbancari.
Se si tratta del parametro Euribor, ti consiglio di analizzare anche l’interessante orientamento giurisprudenziale sull’accertata “manipolazione” nel periodo 2005-2008, rinfrescato proprio in questi giorni.
In questo post non entrerò nel merito.
Ma lasciami continuare con il ragionamento.
L’utente bancario è solitamente identificato come “contraente debole”.
Di fatto non contratta mai (o quasi mai) le clausole contrattuali ma si limita ad aderire a dei “moduli e formulari” sottoposti dall’intermediario.
Pertanto,
- Ci potremmo aspettare che le condizioni contrattuali siano sempre capite in modo chiaro?
- Ci potremmo aspettare che l’utente sia effettivamente in grado di ricostruire l’iter di determinazione di tutte le condizioni?
COSA CI INSEGNA LA GIURISPRUDENZA?
Prima di risponderti, ti invito a riflettere su alcune massime che ho ricavato dalla giurisprudenza e che solitamente cito nelle mie perizie tecniche di parte (e/o CTP).
Eccole:
- l’oggetto del contratto è sufficientemente identificato o identificabile “(…) quando siano elencati gli elementi essenziali, i quali, logicamente coordinati, non lascino dubbi sulla individuazione dello stesso come quello previsto e voluto dai contraenti (…)” (Cass. Civ. 6744/1988);
- “affinché una convenzione relativa agli interessi sia validamente stipulata ai sensi dell’art. 1284 c.c. terzo comma, cod. civ., che è norma imperativa, deve avere FORMA SCRITTA ed un contenuto ASSOLUTAMENTE UNIVOCO in ordine alla puntuale specificazione del tasso d’interesse.” (Cass. Civ. 12276/2010);
- Nel momento in cui il tasso d’interesse è indicato ed accettato dal cliente MA il costo del contratto, ed il suo prezzo, è assoggettabile a variazione in funzione delle modalità di pagamento non ben espressamente indicate sul contratto stesso, il prezzo è da considerarsi indeterminato e come se non fosse stato mai pattuito (Cass. Civ. 12889/2021);
- Il tasso d’interesse non è assolutamente un dato formale, bensì un elemento essenziale, la cui difformità rispetto a quanto pubblicizzato corrisponde, addirittura, ad una fattispecie di OMESSA PATTUIZIONE (Cass. Civ. 28026/2021).
COSA CONSIGLIA IL CODICE CIVILE?
Rifletti anche sui 3 principi generali tratti dal Codice Civile, secondo cui:
- Le clausole inserite nelle condizioni generali predisposti da uno dei contraenti (c.d. contratti di adesione “imposti”), si interpretano, in caso di dubbio, nel senso più favorevole di chi sottoscrive tali condizioni (art. 1370 CC);
- Il contratto deve sempre interpretarsi secondo buona fede (art. 1366 CC);
- In ogni caso in cui il contratto rimanga oscuro, deve sempre interpretarsi nel senso meno gravoso per l’obbligato (art. 1371 CC).
Sulla base di tali principi…
Se il regime di capitalizzazione composta non è stato pattuito in contratto, perché mai dovresti ricostruire il piano di ammortamento secondo un modello più oneroso per il cliente?
Rileggendo i suesposti principi, gli interessi dovrebbero maturare, in ogni contratto, secondo il regime più vantaggioso e meno costoso per il Cliente.
Le norme generali del Codice Civile inducono a preferire l’applicazione del regime di capitalizzazione “semplice”, il più vantaggioso per l’utente bancario.
“tutto molto bello, ma non capisco cosa c’entri tutto questo con l’indeterminatezza del tasso di interesse”
Lasciami proseguire.
Nell’esempio che ti riporto ho calcolato la rata costante di un mutuo di Euro 100.000 rimborsabile in 24 rate mensili con applicazione di un TAN del 5,00%.
Poniamo che il regime finanziario non sia stato pattuito.
Poniamo anche che la banca abbia impiegato il regime di capitalizzazione “composta” per determinare la rata costante (per semplicità leggasi “contrattuale”).
Se ricalcoli la rata in regime di capitalizzazione “semplice (leggasi “ricalcolata in CS”), alle stesse condizioni, noterai questa piccola differenza di Euro 6,75 per ogni rata:
Se ti è utile, fai tua la guida ebook che ho redatto appositamente . Ci trovi tutti i miei appunti per accompagnarti passo dopo passo alla conversione di un contratto in una vera e propria ricostruzione secondo il regime di capitalizzazione semplice.
La differenza “spalmata” sull’intero contratto rappresenta quella che io chiamo “prezzo” occulto non dichiarato in contratto.
In altre parole…
In questo esempio, i 162,12 Euro non sono altro che i maggiori interessi prodotti dal regime di capitalizzazione composta rispetto a quella semplice al termine del rimborso del credito.
Entrambe le rate sono calcolate impiegando un tasso d’interesse del 5,00% MA:
- in un caso è stato impiegato in capitalizzazione “composta” (Euro 4.387,14);
- nell’altro, in capitalizzazione “semplice” (Euro 4.380,38).
Adesso ti è più chiaro?
Permettimi allora di porti questa domanda ulteriore…
Chiediti… quale sarebbe il tasso d’interesse in capitalizzazione semplice che ti consente di determinare la (maggior) rata costante di Euro 4.387,14?
Bingo!
Con questa domanda rispondi all’altra che ti è balenato in testa più sopra (“Cosa c’entra tutto questo con il tasso d’interesse?”)
TASSO D’INTERESSE…DIVERSO?
Se la misura del tasso d’interesse risultante differisce da quello indicato in contratto, di fatto si concretizza una:
✅ indeterminatezza della condizione;
✅ indeterminatezza del “prezzo”.
Se il tasso d’interesse che accerti è maggiore (e probabilmente lo è) di quello concordato, di fatto la banca applica un tasso d’interesse (ultralegale) DIVERSO!
Pensaci…
Siamo partiti da delle condizioni iniziale apparentemente determinate
MA
Abbiamo visto che il “meccanismo di calcolo” della RATA INIZIALE ha fatto letteralmente la differenza.
Il motivo è semplice, e stavolta non parlo di “capitalizzazione”.
Il valore della RATA INIZIALE sintetizza le condizioni economiche stabilite a monte sul contratto di finanziamento, che in questa si condensano (tasso d’interesse, periodicità di pagamento, importo erogato, numero di rate).
Se il valore di equilibrio differisce rispetto a quello pubblicizzato in contratto sussiste un elemento di indeterminatezza.
E allora, come potresti agire?
TASSO D’INTERESSE…SOSTITUTIVO?
Quando rilevo un “maggior onere” (il “prezzo” occulto di cui ti parlavo) a carico della mutuataria, ritengo che il quadro normativo e giurisprudenziale sopra delineato mi consente di appellarmi alla violazione dei seguenti articoli:
➡️ art. 117 C. 4 TUB (ed anche 1284 CC), poiché il tasso “ultralegale” è maggiore rispetto a quello accettato dal cliente, così come il “monte interessi” complessivo (insomma, quale è il reale “prezzo” del credito?);
➡️ art. 1346 CC, in quanto la mancata coincidenza del tasso d’interesse – a causa dell’omessa indicazione del regime finanziario, rende l’oggetto del contratto indeterminato e indeterminabile;
➡️ art. 1375 CC, poiché la Banca non avrebbe rispettato il principio generale della Buona Fede, adottando un “meccanismo di calcolo” a sé più vantaggioso e redditizio.
Posso quindi prospettare il ricalcolo del saldo dare avere del rapporto mediante:
➡️ regime finanziario di capitalizzazione semplice;
➡️ tasso d’interesse sostitutivo ex art. 117 c. 7 TUB.
*
Molto bene!
Abbiamo concluso il secondo dei 2 articoli che vorrei condividere per darti alcuni consigli pratici sul tema.
Se non lo hai già fatto, o hai voglia di rivedere alcuni passaggi, riguarda la Parte 1!
Se, inoltre, hai interesse a “sporcarti le mani”, ti consiglio la guida ebook che ho redatto appositamente. Ci trovi tutti i miei appunti per accompagnarti passo dopo passo alla conversione di un contratto in una vera e propria ricostruzione secondo il regime di capitalizzazione semplice.
A questo punto, non mi resta che ringraziarti di nuovo del tuo preziosissimo tempo che hai dedicato alla lettura del presente post.
Tommaso
p.s. Non esitare a contattarmi o a commentare nel caso tu abbia idee o interpretazioni diverse oppure se nutri ancora dubbi o perplessità sull’argomento.
p.p.s. Se sei interessato a ricevere e-mail su ulteriori aggiornamenti e approfondimenti, non ti resta che compilare il modulo della NEWSLETTER periodica cliccando sul presente LINK. E’ facilissimo iscriversi, ancor più semplice cancellarsi. Non ti perderai più nulla!