Ti faccio questa domanda. Conosci l’ammortamento alla francese? O meglio…
Sei in grado di capire se un piano di ammortamento alla francese è redatto in regime di capitalizzazione semplice o composta?
Se sei addetto ed appassionato al tema del contenzioso bancario ed, in particolare, dell’analisi di mutui e leasing probabilmente la risposta è …. Si?!
Non ne sei così sicuro?
Beh, in effetti non è così banale come sembra.
Troppo spesso, infatti, mi ritrovo in situazioni in cui la risposta alla domanda risulta di non facile e pronta soluzione.
Ecco perché la propongo anche a te.
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Ma veniamo a noi!
Proprio la scorsa settimana un giudice di primo grado ha respinto la domanda di nullità di un piano di ammortamento redatto in capitalizzazione composta.
La capitalizzazione composta non era stata espressamente pattuita in contratto. Dunque, a mio modesto avviso, non era legittima.
Nel caso trattato i maggiori interessi generati dal regime composto ammontano a circa 30.000 Euro. Solo perché la banca aveva praticato un regime finanziario più oneroso di quello semplice.
Beh, ma se non era pattuito il regime finanziario di capitalizzazione composta, è chiaro che l’unico applicabile era quello “semplice”. Non mi stai dicendo nulla di nuovo.
Lascia che te lo dica…
In questo momento ci sono delle persone che si “riempiono” la bocca eccependo gravi illegittimità in un piano di ammortamento alla francese.
Altre ne sostengono la regolarità e trasparenza.
Ma la realtà vera è che…
Spesso entrambi i gruppi non sanno di cosa realmente stanno parlando.
Hai capito bene.
Se tu sei Avvocato, quante probabilità ci sono che tu mi possa spiegare in modo elementare le differenze di regime facendomelo capire con elaborazioni di tabelle e numeri?
Molto basse! E giustamente, aggiungerei. Le tue competenze sono ben altre. Altrimenti non avresti la necessità di affiancarti un CTP.
Se tu sei (Illustrissimo) Magistrato ?
Bassissime! E giustamente, aggiungerei (di nuovo). Hai da sbrigare ben altre (e superiori) faccende. Altrimenti non avresti la necessità di nominare un CTU.
Se tu sei commercialista e/o appassionato del settore?
Dovrebbero essere molto buone. Almeno in teoria. Altrimenti non puoi pensare di parlarne in profondità.
La causa di cui ti parlavo poco sopra è stata persa (almeno in primo grado) per il solo fatto che il CTU non è stato in grado di rispondere correttamente al quesito posto dal Giudice.
Hai capito bene (di nuovo!).
Il CTU ha accettato un incarico richiedente un alto tasso tecnico di competenza. Evidentemente non ce l’aveva (o, quantomeno, non lo ha dimostrato!).
Si è limitato ad eseguire un semplice calcolo ripreso in qualche libro universitario di matematica finanziaria e stop.
Nessun approfondimento.
Risultato? Il mutuo è stato ritenuto corretto e non viziato da alcuna criticità. Le mie osservazioni non sono state prese in considerazione (addirittura sono state etichettate come infondate!) e …
Il Giudice – che giustamente non può sapere di “matematica finanziaria” – non ha fatto altro che avallare la “consulenza tecnica d’ufficio”.
Bastava che il CTU se ne intendesse quanto bastava… e il risultato della causa sarebbe stato diverso.
Il cliente avrebbe beneficiato:
- di una rideterminazione del saldo residuo del mutuo (al netto degli indebiti);
- la rideterminazione di una rata futura più bassa (e sostenibile).
Per me non è stato semplice capire fino in fondo i meccanismi e le complessità tecniche regolanti un piano di ammortamento alla francese.
Anche io, come altri e probabilmente come te, mi sono sempre affidato ai manuali di matematica finanziaria utilizzati nei corsi universitari. La “capitalizzazione composta” sembrava l’unico metodo per costruire un piano di ammortamento.
Poi ho scoperto che non era così.
Negli ultimi anni la dottrina ha dato notevoli impulsi alla materia (noti sono gli studi approfonditi del “Team Annibali” e del gruppo di AssoCTU che ti invito a studiare).
Molto appassionanti!
Me ne sono interessato studiando libri, seguendo corsi e “smanettando” file e documenti al fine di dar vita al mio personale modello di analisi.
Col tempo sono riuscito ad affinarlo ed a documentarlo in una guida ebook che puoi avere cliccando sul link in rilievo.
Sarai in grado di dare una risposta ben precisa alla domanda che ti ho posto all’inizio.
Con questo post vorrei condividere un approccio finalizzato a semplificare al massimo l’analisi di un contratto di mutuo.
Un piccolo strumento che ritengo utilissimo per capire se un piano di ammortamento alla francese è redatto in regime di capitalizzazione semplice o composta.
Lascia che ti spieghi i miei “due passi” preferiti.
PASSO 1 – Leggi letteralmente il testo del contratto
Primo punto.
Analizza il testo del contratto clausola per clausola. Soffermati, in particolare, sugli articoli disciplinanti la misura del tasso d’interesse (fisso, variabile, indici sottostanti, ecc) e le modalità di rimborso (numero rate, periodicità di pagamento ecc).
Bene.
Accerta la eventuale presenza testuale di una clausola specifica che pattuisca espressamente il “regime finanziario”.
E’ riportato “capitalizzazione composta”?
No?
E’ scritto che la rata costante è determinata secondo un regime di “capitalizzazione composta”?
No?
E’ scritto che il piano di ammortamento allegato al contratto segue le leggi proprie del regime di “capitalizzazione composta”?
No?
Tienilo a mente e annotalo nei tuoi appunti.
Hai già un elemento favorevole che ti consente di poter ricostruire il mutuo secondo il regime finanziario di “capitalizzazione semplice”: la OMESSA PATTUIZIONE.
Ora puoi leggere il passo 2.
PASSO 2 – “capitalizzazione composta” … c’è o non c’è?
Entriamo un po’ più nel tecnico.
Se il contratto che stai analizzando:
- quantifica l’importo della rata costante iniziale; e/o
- allega un piano di ammortamento con lo sviluppo delle quote di capitale ed interessi.
E’ l’occasione per accertare il meccanismo di calcolo intrinseco con cui la banca ha determinato quegli esatti valori.
Prima, però, sii consapevole di un fatto molto importante.
Non dimenticarti mai che la rata costante assume un’importanza estrema per la tua analisi.
La rata costante, infatti, è l’elemento chiave che sintetizza e condensa le condizioni economiche riportate a “monte” sul contratto di finanziamento, ossia:
- tasso d’interesse;
- periodicità di pagamento;
- importo erogato;
- numero di rate
La correlazione tra input (condizioni) e output (rata e piano di ammortamento) sarebbe oggettivamente univoca se esistesse un unico metodo di calcolo possibile.
In realtà, sai bene (se non lo sai, approfondisci la dottrina che ti ho linkato sopra) che la tecnica matematica-finanziaria ne contempla molteplici, più o meno onerosi.
Se non fosse così, non avrebbe avuto senso per me scrivere questo post.
Un piano di ammortamento alla francese può essere predisposto utilizzando sia il regime “composto”, sia il regime “semplice”. Beh, questo credo che tu lo sappia ormai…
Entrambi, a parità di input, forniscono output, ossia rate costanti, distinti e diversi.
Ma torniamo al punto focale del “passo 2”.
Come posso verificare se effettivamente il mutuo che analizzo è sviluppato in regime di capitalizzazione composta (o comunque diverso da quello semplice) ?
Lascia che ti suggerisca due metodi che per me fanno la differenza.
Metodo 1)
Prendi in considerazione la formula del piano di ammortamento in regime composto:
Dove:
- D è il capitale mutuato;
- i è il tasso d’interesse (valore infrannuale);
- n è la il numero dei pagamenti totali;
- R è la rata periodica costante.
Se, sostituendo i termini D, i, n con i valori contrattuali, la rata R coincide con quella da te rilevata sul contratto, ottieni un secondo elemento importante per la tua analisi.
La banca si è avvalsa del regime di “capitalizzazione composta” per la redazione del piano di ammortamento.
Senza averlo giustificato per iscritto in una clausola specifica.
Ricordati sempre di utilizzare il valore del tasso d’interesse convertito secondo la periodicità della rata (mensile; semestrale, ecc.), ossia:
Il secondo metodo che utilizzo per accertarmi che il regime sottostante è quello “composto” è questo.
Se disponi di un piano di ammortamento allegato al contratto dettagliante quote di capitale ed interesse, è il metodo più “semplice” (non è un gioco di parole…).
Metodo 2)
Annota:
- la quota interesse di una delle rate del piano (quella che vuoi). Chiamala I(k);
- il debito residuo al tempo immediatamente precedente. Chiamalo [D(k-1)];
- il tasso di interesse annuo convertito secondo la periodicità stabilita nel contratto. Chiamalo i’.
Ed esegui questo calcolo.
Per semplificare ed ottenere rapidamente il valore del tasso di interesse annuo convertito “i’”, tieni conto che le banche usualmente (non sempre) lo determinano come:
i’=i : m
Ossia come tasso d’interesse annuo (i) diviso il numero dei pagamenti annuali (m).
Non è questa la sede per spiegarti il perché tale metodo non appartiene alle leggi della capitalizzazione composta.
Permettimi di arrivare al “succo” del Metodo 2.
Se la quota interesse “I(k)” è data dal prodotto tra il tasso d’interesse periodico “i’” ed il debito residuo [D(k-1)] all’epoca precedente al pagamento della rata prescelta, ossia se:
I(k)=[D(k-1)] i‘
Significa che il mutuo è stato redatto proprio secondo la legge matematica della “capitalizzazione composta”.
Ebbene sì.
Sembra quasi controintuitivo ma questo è ciò che ci insegna la matematica!
Lascia che ti spieghi un principio FONDAMENTALE...
In un piano di ammortamento alla “francese” il prodotto tra l’interesse periodico ed il debito residuo precedente al pagamento di ogni rata NON è sintomo di applicazione di “capitalizzazione semplice”.
Non farti confondere da chi sostiene il contrario.
Eviterai di fare pessime figure innanzi al tuo cliente o al Giudice che ti ha nominato (oltre che a te stesso!).
Se ti iscrivi al form in fondo alla pagina ti invierò gratuitamente una “Appendice” in cui è dimostrato quanto ti ho detto.
Come potrai verificare tu stesso dall’”Appendice”, la quota interessi in regime di capitalizzazione “semplice” necessita la preliminare attualizzazione del debito residuo.
E’ questa la differenza SOSTANZIALE tra la determinazione di una quota interesse in regime “composta” o “semplice”.
Il fatto curioso che riscontro spesso è che molti consulenti (tecnici, avvocati) – e a volte perfino i giudici – lo utilizzano per dimostrare – a detta loro – che il piano di ammortamento sarebbe redatto in regime semplice.
Inducendo in errore i giudici e facendo (ahimé) perdere ingiustamente le cause!
Ti ricordi cosa ti ho raccontato all’inizio?
Nella causa che ti ho menzionato è andata esattamente così.
PASSO 3 – “ho capito che la capitalizzazione composta c’è … che devo fare?”
Se hai scovato:
- la “omessa pattuizione” al Passo 1;
- la conferma, grazie al metodo 1 e/o 2, che il piano di ammortamento è stato redatto in “composta”.
A questo punto, hai la certezza:
- che non solo la capitalizzazione composta non è stata pattuita; ma anche
- che la banca l’ha praticata (illegittimamente).
Puoi procedere a ricostruire il piano di ammortamento in “regime semplice”.
Come?
Fai tua la guida ebook che ho redatto: trovi tutti i miei appunti per accompagnarti passo dopo passo alla conversione di un contratto in una vera e propria ricostruzione secondo il regime di capitalizzazione semplice.
La scelta dell’istante chiusura finanziaria – iniziale o finale – spetta a te.
Io di solito prediligo quella iniziale. Spesso in dottrina è preferita la seconda.
Se ti iscrivi al form in calce alla pagine del blog ti invierò un semplice file di appendice ove ti spiegherò in dettaglio entrambe le formule.
Nulla di fantasioso. Potresti accedere a tali informazioni in altri siti web (ti ho già fornito 2 link più sopra ;-))
*
Abbiamo concluso il primo dei 4 articoli che vorrei condividere per darti alcuni consigli pratici sul tema.
A questo punto, non mi resta che ringraziarti del tempo dedicato alla lettura del presente post.
Non esitare a contattarmi o a commentare nel caso tu abbia idee o interpretazioni diverse oppure se nutri ancora dubbi o perplessità sull’argomento.
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Alla prossima!