Come calcolare il prezzo di un mutuo?
Domanda molto interessante, soprattutto alla luce della recente Cassazione a sezioni unite 15130/24 (non appena tolgono l’ “oscuramente” dalla banca dati ufficiale della cassazione, ti giuro che inserirò il link).
Voglio dirti come la penso spiattellando una newsletter che solo i “fortunati” iscritti (o sfortunati, dipende dai punti di vista) hanno potuto leggere. Come avrai notato leggendo altri post del blog, ogni tanto decido di rendere pubblica qualche edizione in modo che tu possa capire se ti può interessare riceverla ogni Venerdì mattina senza impegno e senza costi.
Come puoi iscriverti? Beh, molto semplice.
Ti basta cliccare su questo link per andare direttamente sulla pagina dedicata con tutte le indicazioni.
Bene, riprendiamo da dove ci siamo lasciati.
Se ancora non l’hai capito il mutuo ha un “prezzo”.
Bada però che non intendo il tasso di interesse, che è, manco a dirlo, uno dei pezzi – fondamentali – per determinarlo.
Pensaci bene.
Mica prendi un prestito in cambio di un tasso di interesse, no?
Chiedi un prestito – in qualunque forma tu possa – in cambio di un interesse. Anzi, in cambio di “interessi”.
Possiamo considerare gli “interessi” come il “prezzo” del credito ?
Per come la vedo io, certamente sì.
Come tutti i “cristiani”, posso certo sbagliarmi, ma è bastato riflettere un attimo sul significato di “prezzo”, che ti riporto, per convincermi.
Seguimi.
Secondo la “Treccani”, il “prezzo” è “l’equivalente in unità monetarie di un bene o di un oggetto, di un servizio o di una prestazione”.
… unità monetarie.
Ossia, per essere schietti … “sorrrdi”! Non aliquote, non saggi.
Soldi veri.
Le aliquote e i saggi sono solo alcuni strumenti per quantificare i soldi che paghi in cambio del credito ricevuto.
Non a caso, l’art. 117 c. 4 TUB impone come contenuto tipico del contratto bancario l’indicazione non solo del tasso di interesse, ma anche di ogni altro “prezzo”.
Messa così, sei sicuro che la banca assolva il contenuto tipico inserendo nel contratto il TAN ed (eventualmente) il TAEG?
Per quanto mi riguarda, non basta.
E non sto parlando del (solo) regime finanziario, non dopo la SU 15130/2024 di cui ti ho già indicato qualcosa in questo articolo.
Ti faccio un esempio concreto, che so che ti piacciono molto 😉
In questi anni mi sono capitati spesso mutui contratti da aziende e consumatori.
Qui prendo in considerazioni solo quelli a tasso variabile con allegato un piano di ammortamento composto da sole quote di capitale. Senza quote interessi. E, ovvio, senza il regime finanziario (altro “pezzo”) con cui quantificarle volta volta.
Questi contratti riportavano solo il TAN. O meglio, solo la modalità per quantificarlo ad ogni scadenza.
Nessuna informazione circa il regime finanziario né del “prezzo” finale espressione monetaria del tasso di interesse di ingresso: gli interessi complessivi che il cliente avrebbe dovuto sborsare applicando quel tasso.
C’è un modo univoco per calcolare il “prezzo”?
Non ti dico come agivo prima del 29/05/2024.
Dopo la sentenza della Cassazione (SU) 15130/2024 ho deciso di concentrarmi soprattutto sui differenziali di “prezzo” tra un regime e l’altro, limitandomi a determinare le quote interessi di due piani di ammortamento alternativi mantenendo inalterate le quote di capitale predeterminate dalla banca.
Al diavolo la ricostruzione di un nuovo piano. Quello mi serve per far capire al cliente al giudice quale sarebbe stato il vero esborso se la banca avesse impiegato il regime semplice anche per il calcolo della rata costante iniziale.
In questa fase, invece, voglio dimostrare solo la differenza di prezzo, non toccando la velocità di rimborso del capitale.
Per far questo, calcolo le quote interessi in regime semplice da un lato ed in regime composto dall’altro.
Poi faccio la differenza tra interessi composti (totali) ed interessi semplici (totali), a parità di velocità di rimborso e tasso di interesse nominale iniziale
Questa differenza, se ci pensi, non è altro che … com’era? … ah sì, “l’equivalente in unità monetarie di un bene o di un oggetto, di un servizio o di una prestazione” non indicati nel contratto ai sensi dell’art. 117 c. 4 TUB.
Sempre che la banca abbia applicato davvero il regime di capitalizzazione composta.
E di questo me ne accerto subito dopo.
Come faccio?
Beh, per farla un po’ più semplice, ho notato che ogni quota interesse QI è stata calcolata come QI = D(ebito) x T(an) x G(iorni) : 36.500, dunque in regime composto, come ti ho meglio spiegato in questa guida.
… c’è quindi un prezzo aggiuntivo che il cliente non ha autorizzato e che, se ti capita, sei dovresti (o devi) quantificarlo.
Sei d’accordo, allora, se ti dico che in questo caso specifico il comma 4 non è stato osservato per intero?
Si?
Bene, allora concordi con me che non posso far altro che considerare vincolante una “nullità testuale” (Cass. Civ. SU 15130/24, pag. 23) e giocoforza applicare, in sostituzione, l’art. 117 c. 7 TUB.
… in altre parole, il minor rendimento del tasso BOT 12 mesi emesso nell’anno anteriore la decorrenza dell’operazione (e/o della decorrenza di ciascuna rata).
Capito?
Ecco, questo è il mio “modo” di come calcolare il prezzo di un mutuo.
Ne hai uno tuo?
p.s.
Grazie per la lettura e per la preziosa attenzione che hai prestato fin qui. Potresti coltivare numerose altre idee e spunti pratici con la mia newsletter settimanale. Ogni venerdì condivido con gli iscritti soluzioni, racconti e molto altro su tutto ciò che attingo dalla esperienza quotidiana nella “contesa bancaria”.
E’ semplice.