I convincimenti in materia di usura bancaria, in relazione anche alla rilevanza delle Istruzioni diramate dalla Banca D’Italia sulle modalità di rilievo, maturati in molti Giudici, CTU e CTP, supportati soprattutto dalle due recenti sentenze della Corte di Cassazione Civile n. 12965/2016 e n. 22270/2016 (purtroppo da quando sono uscite le due sentenze sembrano esistere solo quelle…), trovano, a parere dello scrivente, netto contrasto con la normativa vigente: art 644 CP e L. 108/1996.
Tali sentenze, come vedremo in seguito, comunque disattese da molti Tribunali di merito e ribaltate dalla stessa Cassazione Civile (n. Cass. Civ. 5609/2017), per una certa corrente di pensiero sembrano essere le uniche degne di rilievo e sembra neppure ci si renda conto che esse contrastano l’orientamento granitico e consolidato della Cassazione Penale (ex multis, Cass. Pen. 20148/2003; Cass. Pen. 12028/2010; Cass. Pen. 46669/2011).
In particolare, sulla irrilevanza delle Istruzioni pubblicate da Banca D’Italia, nonché sull’inerenza delle CMS sul credito utilizzato:
- “(…) il tenore letterale dell’art. 644 c.4 c.p. (secondo il quale per la determinazione del tasso di interesse usurario si tiene conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate all’erogazione del credito) (…) impone di considerare rilevanti, ai fini della determinazione della fattispecie di usura, tutti gli oneri che un utente sopporti in connessione con il suo uso del credito (…)”.
(Cass. Pen. n. 12028/10). - “(…) anche la CMS deve essere tenuta in considerazione quale fattore potenzialmente produttivo di usura, essendo rilevanti ai fini della determinazione del tasso usurario, tutti gli oneri che l’utente sopporta in relazione all’utilizzo del credito, indipendentemente dalle istruzioni o direttive della Banca d’Italia (circolare della Banca d’Italia 30.9.1996 e successive) in cui si prevedeva che la CMS non dovesse essere valutata ai fini della determinazione del tasso effettivo globale degli interessi, traducendosi in un aggiramento della norma penale che impone alla legge di stabilire il limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurari” (…).
(Cass. Pen. n. 46669/11). - E ancora: “(…) Le circolari e le istruzioni della Banca d’Italia non rappresentano una fonte di diritti ed obblighi e nella ipotesi in cui gli istituti bancari si conformino ad una erronea interpretazione fornita dalla Banca d’Italia in una circolare, non può essere esclusa la sussistenza del reato sotto il profilo dell’elemento oggettivo. Le circolari o direttive, ove illegittime e in violazione di legge, non hanno efficacia vincolante per gli istituti bancari sottoposti alla vigilanza della Banca d’Italia, neppure quale mezzo di interpretazione, trattandosi di questione nota nell’ambiente del commercio che non presenta in sé particolari difficoltà, stante anche la qualificazione soggettiva degli organi bancari e la disponibilità di strumenti di verifica da parte degli istituti di credito (…)”.
(Cass. Pen. 46669/2011).
Ben diverse son le finalità perseguite dai criteri indicati dalla Banca D’Italia e dalla norma penale, essendo, i primi, utili ad una rilevazione statistica e fotografica dei costi dell’operatività ordinaria di categorie omogenee di credito (cfr. Cass. Pen. n. 20148/2003), mentre i secondi sono strumentali ad accertare l’usurarietà dei tassi applicati riferibili a singoli rapporti ed operazioni, ragion per cui è vincolante ricomprendere nel calcolo del tasso effettivo tutti “gli oneri connessi all’erogazione del credito”, sia ordinari, che patologici. In tal senso, è stato ribadito dalla Cassazione che il Legislatore “indica analiticamente il procedimento per la determinazione dei tassi soglia, affidando al Ministero del tesoro il compito di “fotografare”, secondo rigorosi termini tecnici, l’andamento dei tassi finanziari” (Cass. Pen., sent. n. 20148/2003).
Le sentenze sopra citate: Corte Di Cassazione, sezione Civile n. 12965/2016 e n. 22270/2016, hanno ritenuto corretto non includere le CMS ai fini del calcolo del TEG ai sensi della L. 108/96 fino alla entrata in vigore del D.L. 185/2008 (conv. In L. n. 2/2009), così come suggerito dalle Istruzioni pubblicate dalla Banca D’Italia fino all’Agosto 2009 (tali istruzioni indicavano agli istituti di credito di rilevare separatamente le CMS e di non includerle nel TEG ai fini della rilevazione dei TEGM).
Leggere queste due ultime sentenze ritenendo che esse vogliano esprimere il principio che in ogni caso le CMS non siano da inserire nel calcolo del TEG, però, non convince affatto. Soprattutto se si tiene conto della ratio ispiratrice della L. 108/96, la quale altro non pone che un limite inderogabile alle remunerazioni dell’attività bancaria, come ben evidenziato in maniera categorica dalla Corte di Cassazione Penale (si richiamano nuovamente le pronunce: Cass. Pen. n. 12028/2010; Cass. Pen. n. 46669/2011; Cass. Pen. n. 33331/2011; oltre che Cass. Pen. n. 20148/2003 e Cass. Pen. n. 28743/2010; Cass. Pen. n. 28928/2014)
La norma antiusura è chiara e consente l’esclusione, ai fini dell’accertamento del tasso usuraio, delle sole imposte e tasse, ritenendo rilevanti “interessi, commissioni e remunerazioni a qualunque titolo”. Ma non solo.
La stessa rilevazione separata della CMS, che alcuni consulenti e Giudici hanno ritenuto di prendere in considerazione, è di per sé in contrasto con la L. 108/96: si attribuisce un limite ad una singola voce di spesa, quando in realtà la legge impone la rilevazione dei “tassi effettivi globali medi (…) per operazioni della stessa natura” (Art. 2 c. 1, L. 108/96), che sono classificate per “categorie omogenee, tenuto conto della natura, dell’oggetto, dell’importo, della durata, dei rischi e delle garanzie” (Art. 2 c. 2, L. 108/96). Dal momento che ragionevolmente la CMS non rappresenta una specifica categoria di credito, ma una mera voce di costo, è evidente che non può essere presa come riferimento. Se le circolari e le Istruzione prodotte dall’Organo di Vigilanza non si attengono alla norma primaria, gerarchicamente di rango superiore, non implica che l’accertamento ex art. 644 c.p. debba omogenizzarsi ad esso. Le finalità perseguite da esse sono diverse (si richiama di nuovo Cass. Pen. n. 20148/2003).
Nel caso specifico delle CMS, come applicate normalmente dagli istituti bancari, è del tutto evidente la loro stretta inerenza con l’erogazione del credito, in quanto vengono applicate SOLO se il correntista ha utilizzato il fido (vengono, di fatto, applicate come una sorta di interesse). È, dunque, evidente la loro natura di interesse vero e proprio, essendo applicate sulla massima esposizione debitoria raggiunta dal correntista in ciascun trimestre, anche se la stessa sia durata appena un giorno. Se non venisse inclusa nel calcolo del TEG, indipendentemente dal fatto che le circolari della Banca D’Italia non ne permettono la inclusione per determinare il TEGM, verrebbe praticamente ed effettivamente elusa la portata della L. 108/96.
Le motivazioni sopra indicate sono state correttamente riprese dal Tribunale di Potenza n. 1052/2017 del 19.06.2017, il quale ha ribadito il concetto di “onnicomprensività” del TEG (così come confermato dalla Cassazione Civile n. 8806/2017):
“Il limite stabilito dalla legge è, quindi, un limite insormontabile e non può essere aggirato con una distinzione delle somme dovute dal cliente alla banca in causali diverse, con la conseguenza che, pur essendo l’art. 644 c.p. una norma penale in bianco che deve essere integrata con altre disposizioni per la determinazione dei limiti, rimane fermo il principio che nella determinazione del tasso usurario deve considerarsi ogni singola remunerazione, per cui le contrarie e/o diverse disposizioni della Banca d’Italia dovranno essere disapplicate per contrasto con la norma primaria.”
Lo stesso Tribunale, inoltre, in conformità con quanto sopra specificato, ha indicato che:
“i criteri da seguire per la determinazione del TEG (costo effettivo globale che il correntista sostiene per l’utilizzo di una somma di denaro) sono quelli dettati dal comma 1 della legge 108/96, che riprendono quelli seguiti per il calcolo del TAEG previsti dall’art. 122 comma 1 TUB”.
Questi sono, peraltro, i medesimi indicati dall’Organo di Vigilanza per rilevare trimestralmente i tassi effettivi applicati dal sistema bancario alla propria clientela. In tal senso, si riporta quanto indicato nelle “Note Metodologiche” del “IV Bollettino Statistico” (ne sono pubblicati quattro ogni anno fin dal 1998) dallo stesso pubblicato:
“(…) Gli intermediari sono tenuti a inviare le informazioni richieste per ciascun nominativo per il quale, alla fine del trimestre di riferimento, la somma dell’accordato o dell’utilizzato dei suddetti finanziamenti segnalata alla Centrale dei rischi sia pari o superiore al limite di censimento stabilito (cfr. 2. 2). Per tutti i finanziamenti oggetto della rilevazione in essere alla fine del trimestre, gli intermediari segnalano numeri e competenze; le competenze vanno distinte in interessi e in commissioni e spese. Sulla base dei dati rilevati, i tassi di interesse pubblicati nelle tavole statistiche vengono calcolati come media ponderata dei tassi effettivi applicati alla clientela – escludendo le operazioni a tasso agevolato – secondo la formula:
t(%) = (competenze*365) / Numeri computistici”
Per ribadire il concetto in relazione alla rilevazione separata della CMS, da molti asserita come corretta perché in linea con le circolari Banca d’Italia, vedere anche la Cass. Civ. 5609/2017:
“nel caso specifico delle CMS, come effettivamente applicate dall’istituto bancario, è del tutto evidente la loro stretta inerenza con l’erogazione del credito, in quanto sono applicate SOLO se il correntista ha utilizzato il fido (vengono, di fatto, applicate come una sorta di interesse)”.
Se non venisse inclusa nel calcolo del TEG, indipendentemente dal fatto che le circolari della Banca D’Italia non ne permettono la inclusione per determinare il TEGM, verrebbe praticamente ed effettivamente elusa la portata della L. 108/96. In sostanza, la Banca verrebbe remunerata in misura esattamente identica abbassando (a parità di erogazione) il TAN e contestualmente incrementando l’aliquota di CMS. Eppure, determinando il TEG secondo le Istruzioni di rilevazione del TEGM emanate dall’Organo Di Vigilanza ante 2010, il credito risulterebbe meno oneroso per il correntista di quello in realtà sopporta.
A titolo di esempio, si prenda spunto dal seguente prospetto (i valori sono espressi su base annua):
Si ipotizza un caso in cui un affidato per Euro 10.000 concordi con la Banca una “apparente” modifica delle condizioni economiche applicabili, abbassando il tasso d’interesse nominale (TAN) del 30% e, contestualmente, incrementando la % di CMS di 300 punti base (3%).
Abbassando il TAN ed incrementando l’aliquota di CMS, il TEG diminuisce ma l’onere “Totale” in capo al correntista rimane invariato. Il costo del credito è, pertanto, sottostimato.
Infatti, in entrambi i casi, il costo effettivo del credito ex art. 644 c.p. è in entrambi casi pari all’11%.
La giurisprudenza successiva alle due sentenze sopra richiamate (Cass. Civ. 12965/2016; Cass. Civ. 22270/2016) ne disattende, comunque, il ragionamento ritenendo senz’altro rilevante l’onere applicato a titolo di CMS in quanto indiscutibilmente correlato al credito utilizzato e, dunque, rientrante nel perimetro fissato dall’art. 644 c.p. (cfr. Cass. Civ. 5609/2017; Trib. Taranto, II sez., 31/01/17 – est. Casarano; Trib. Torino, n. 11/2017; Trib. Torino, n. 2129/2017; Trib. Padova, II sez. Civile, 10/05/2017 – est. Bertola).
Peraltro, ad ora, la questione è stata rimessa alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (Cass. Civ. 15188/2017 – est. Dolmetta).