Sei in grado di capire se anche il tuo mutuo prevede un tasso “floor”?
Sì, esatto, intendo dire proprio il tasso “pavimento”.
Non ne hai mai sentito parlare?
Beh, senz’altro non è una malattia.
Lascia però che ti dia una notizia molto triste. Non è una malattia, certo, ma se non ne hai mai sentito parlare non significa che tu ne sia completamente immune.
Anzi può darsi che in questo lungo decennio con tassi d’interessi zero o sottozero tu ne sia stato colpito in modo molto subdolo – senza rendertene conto.
Vorrei tuttavia fare una piccola scrematura preliminare tra i lettori, te compreso.
Non ti nascondo che questo post sarà piuttosto lunghetto (come gli altri del resto), per cui cercherò di non farti perdere troppo tempo.
Se sei un professionista od un imprenditore, so bene quanto è importante valorizzare al massimo il proprio tempo – anzi, se ti interessa ho scritto un post con qualche dritta sulla gestione del tempo stesso. Non perderlo, se sei un fanatico come me!
Tornando a noi…
Questo articolo ti interessa SE e SOLO se:
- sei un consumatore;
- intrattieni un mutuo da almeno 5 anni;
- il tasso d’interesse è variabile – magari indicizzato al Parametro Euribor (di qualunque scadenza).
Ah, naturalmente vale anche se sei un professionista e sei atterrato proprio qui perché magari il tuo cliente (lui sì, consumatore) ti ha sottoposto proprio un caso riguardante mutui e tasso “floor”.
Rientri tra i consumatori con mutui regolati a tasso variabile?
Molto bene, hai vinto! Puoi continuare la lettura.
Altrimenti non preoccuparti, hai vinto lo stesso.
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- strategie pratiche per gestire ed affrontare ogni tipo di contenzioso bancario;
- guide in formato e-book.
Il blog è una parte a dir poco consistente del valore – gratuito – messo a disposizione per te. Ma non è tutto.
Tutto ciò che trovi nella newsletter è un “in più”.
Il mio consiglio è di non procrastinare ulteriormente.
Ma ora… consentimi di proseguire.
Se sei qui è perché ti interessa capire come gestire ‘sto benedetto “tasso floor”.
Devo dirti la verità.
Negli ultimi 10 anni di contratti di mutuo ne ho visti a centinaia.
Non ho mai fatto troppo caso alle limitazioni al “ribasso” dei tassi di interesse sottostanti.
“che sarà mai, alla peggio il cliente consumatore avrebbe pagato un pochino di meno, senza il “floor””
Mi soffermavo per lo più su problematiche di carattere matematico o di rendimento effettivo, se questo fosse stato al di sopra del Tasso Soglia.
Se avessi ottenuto ragione sul “vizio” di trasparenza ed indeterminatezza del tasso d’interesse, cosa poteva importare al cliente del funzionamento o meno del tasso floor?
Inutile negare lo schizzo avvenuto nel giro di pochi mesi. Guarda qua che roba:
Pare che non ci sia un limite al “rialzo”, vero?
Devo comunque mettere le mani avanti.
Sicuramente l’effetto del “floor” è svanito con l’impennata del tasso Euribor sottostante il tuo mutuo.
Ma ti starai chiedendo perché la Banca si è avvantaggiata per almeno 5 anni di un tasso d’interesse “assicurato” nel mondo della liquidità a “zero” mentre tu hai “zero” tutele in caso di forti rialzi dei tassi d’interessi.
Non vorrei far troppa ironia, però lascia che ti dica una cosa.
Adesso che il rialzo c’è stato, scommetto che nessuno ti ha offerto la possibilità di “coprirti”.
Nel periodo 2008-2009, invece, quando invece c’era il rischio concreto di ribasso dei tassi d’interesse, spesso ti venivano offerti strumenti finanziari (i mitici derivati “interest rate swap”) contro paventati ed inesistenti “rialzi”. Te ne ho parlato anche QUI.
Se hai un mutuo a tasso variabile indicizzato al parametro Euribor condannato (nel momento esatto in cui sto scrivendo) al rialzo, so già che hai mille domande in testa.
Se ti accorgi pure che per anni hai pagato interessi tecnicamente non dovuti solo perché c’era una clausola “floor”, le domande in testa raddoppiano.
Ho indovinato?
Ma facciamo un passo indietro.
Cosa è un tasso “floor” e perché devi sapere se anche il tuo mutuo la prevede?
Mettiamola così.
Il classico mutuo a tasso variabile indicizza l’interesse che paghi a:
- un parametro (diciamo) di “mercato”, nel nostro caso l’Euribor (1, 3 o 6 mesi);
- un margine o spread.
So che mi daresti una paccata in testa per quanto è elementare questo concetto.
Ma credo sempre che bisogna tornare alle “basi” per poter afferar bene i concetti. Proprio come in questo caso.
La variabilità futura del parametro sottostante è dannatamente incerta al momento della sottoscrizione del contratto. Non sai quanto effettivamente andrai a “spendere” per interessi, alla fine della fiera. Ecco perché è sempre bene tenere sott’occhio l’intero contratto, non solo la clausola dell’interesse.
Diciamo che, se vuoi, hai la possibilità di stimare i tassi d’interessi attesi estrapolandoli da quelli correnti, così come succede per determinare il prezzo teorico di un derivato IRS.
Ma questa è soltanto una stima, per cui non è detto che il tasso “atteso” si verifichi realmente – anzi, ti direi proprio che non è (quasi) mai accaduto nella mia esperienza.
Ad ogni modo, considera il “floor” come un limite al ribasso. Un “pavimento” su cui l’Euribor si schianta quando crolla…senza frantumarsi.
Abbiamo detto che l’Euribor è soggetto a quotazioni giornaliere, giusto?
Bene, il “floor” è una forzatura. Se l’Euribor scende al di sotto del limite stabilito contrattualmente, tra te e la banca si applica il valore rappresentato dal “floor”.
La quotazione di mercato perde a quel punto il suo valore. Per te, più sotto del “pavimento” non si scende.
Un bel vantaggio per la banca non trovi? Soprattutto, in questi ultimi 5-6 anni di tassi interbancari “sottozero”.
Prendiamo un esempio concreto.
Leggi questa clausola – si tratta di un mutuo erogato nel Febbraio 2015:
Come vedi, il tasso variabile è indicizzato all’Euribor 6m, maggiorato di uno spread del 4,00%.
L’indice all’epoca quotava lo 0,20%. Dunque, il tasso d’ingresso era del 4,20%.
Fin qui tutto regolare. Appunto, fin qui…
Alla fine della clausola, ecco la “sorpresa”.
Sai a quanto ammonta(va) il tasso “floor”?
Leggi:
Guarda caso il 4,20%…
Hai capito bene. Il cliente (consumatore) ha sottoscritto un mutuo a tasso variabile (solo) nella forma. Nella sostanza (in questo caso, certo) era un vero e proprio fisso. Di lì a poco, infatti, l’Euribor è stato al di sotto di tale limite per ben 7 anni (scendendo anche a – 0,50% circa).
Il cliente non ha mai beneficiato realmente della variabilità del tasso.
Torniamo all’impennata dei tassi osservata dal 2022 ad oggi. Con un Euribor passato da sottozero ad oltre il 3,5%, capisci bene che ora il TAN è divenuto improvvisamente superiore al 7,5% – senza limiti al rialzo.
Morale della favola: la banca ha beneficiato per anni del “pavimento”, lucrando più interessi di quanto avrebbe dovuto se non ci fosse stato il “floor”. La cliente, invece, non ha avuto alcun tipo di vantaggio. Solo svantaggi per lei (e per te, se sei esattamente nei suoi panni).
E’ corretto tutto questo?
Lascia che te lo dica.
Per anni la questione è stata tenuta sotto un “tappeto” (ma sempre sopra il “pavimento”!) – nonostante il malessere di molti utenti bancari.
Soprattutto quando l’Euribor è sceso (e si è mantenuto) sotto lo zero.
Mi è capitato spesso di verificare che molte banche si sono autoregalate il “floor” sebbene che il contratto non prevedesse nulla in merito. Semplicemente non “riconoscendo” il tasso sottozero al cliente.
Al di sotto dello “zero” non sono scesi.
Di fronte a questa “prassi”, soltanto Banca D’Italia ha pubblicato un comunicato in cui “invitava” (la virgoletta è d’obbligo) i “cari” istituti a rispettare i contratti originari – nel rispetto della trasparenza bancaria.
Ma torniamo a noi. Quest’ultimo aspetto è solo collegato al tema centrale di questo post, e non vorrei sviare.
Sei interessato a sapere se anche il tuo mutuo prevede un tasso “floor” e cosa vuoi fare per contrastarlo, giusto?
C’E’ IL FLOOR? ECCO DOVE METTERE L’OCCHIO
Anzitutto, leggi bene la clausola di previsione del tasso d’interesse.
Se sei arrivato fin qui significa che hai passato indenne la scrematura di cui sopra. Quindi sai già che il tuo tasso d’interesse è indicizzato all’Euribor.
Il “floor” esiste nel momento in cui:
- è prevista espressamente un valore del parametro Euribor “minimo” indipendentemente dalla quotazione assunta;
- viene indicato un valore del tasso d’interesse “finito” (ossia: Euribor + spread) “minimo” – al di sotto del quale la banca non sarebbe scesa.
Solitamente le diciture che leggi sono queste:
- “il tasso di interesse non potrà comunque essere mai inferiore al”;
- “la misura del tasso d’interesse non potrà in nessun caso essere inferiore al…”
Ti faccio un esempio banale.
Se il contratto prevede che l’Euribor sottostante il tasso d’interesse non sarebbe mai potuto scendere sotto l’1%, questo è quello che ti applicherà la banca anche se la quotazione è del – 0,5%.
Apro una piccola parentesi per i “cugini” leasing (potrebbero interessarti quando ne hai stipulato uno da “consumatore”).
Per questi il “floor” può essere raffinatamente nascosto nelle clausole di indicizzazione del canone.
Hai presente quegli allegati alle “condizioni generali” o quelle clausole contrattuali scritte in carattere “4” che puoi leggere solo con la lente di ingrandimento?
Proprio quelle.
Molto spesso l’indicizzazione propone come fattore la differenza tra un parametro (9 volte su 10 l’Euribor) (diciamo “x”) e un tasso base preso come riferimento per l’intera vita del contratto (chiamiamolo “y”).
Non entro volutamente nei meriti della correttezza del valore del parametro “base” (che spesso volutamente non riflettono le condizioni di mercato attuali), ma stai comunque attento a questo.
Ti può capitare che – comunque vada – il tuo “x” abbia un valore minimo al di sotto del quale non può scendere (nel solo rapporto tra te e la società di leasing).
In periodi di tassi “sottozero” come quello che abbiamo appena passato (e dimenticato) tutte queste clausole hanno limitato – e non poco – i “danni” (per le banche) per tutti quei contratti sorti prima del 2014/2015.
Tornando a noi, hai notato dei “pavimenti” come da istruzioni?
Bene.
Rovesciamo allora il ragionamento.
SE C’E’ UN “FLOOR”, VERIFICA IL “CAP”
Se sei (s)fortunato (dipende dai punti di vista), dovresti controllare se c’è anche un “cap”.
“ma che è ‘sto cappe (ndr detto da un toscano)?”
Mi rendo conto che l’inglesismo non aiuta.
Però ti dico questo.
Il “cap” non è altro che la previsione di un tasso d’interesse “massimo”, indipendentemente dal fatto che la quotazione possa permettere l’applicazione di un valore più alto.
Tornando ai parallelismi casalinghi, se il “floor” è un pavimento, il “cap” è un “tetto”.
Allo stesso modo del “floor”:
- è prevista espressamente un valore del parametro Euribor “massimo” indipendentemente dalla quotazione assunta; oppure
- è previsto un valore del tasso d’interesse “finito” (ossia: Euribor + spread) “minimo” – al di sopra del quale la banca non sarebbe “salita”.
Come puoi notare, i concetti che ti ho esposto sono teoricamente “immediati” come comprensione.
Il punto critico è come gestirli, non trovi?
In altre parole, cosa te ne fai se nel tempo la banca ha beneficiato di un “floor” ma tu – adesso – non di un “cap”?
CONSUMATORE ? SI’ >> “FLOOR” ? SI’ > “CAP” ? NO … ALT! CLAUSOLA (VESSATORIA) ABUSIVA
Ho una buona notizia da darti.
Recentemente è intervenuta la Corte D’Appello Di Milano (non una qualunque) – con precisione la 2836/2022 – che ha ritenuto abusiva una clausola “floor” proprio con le caratteristiche che ci siamo detti fino a qui.
In buona sostanza, ci ha ricordato che:
- si considerano “vessatorie” quelle clausole che determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto – (per la banca vale il “floor”, per te non il “cap” – devo aggiungere altro?);
- tra le clausole contrattuali facenti parte dell’ “oggetto principale” rientrano quelle che fissano prestazioni essenziali e caratterizzanti del contratto.
Da un punto di vista teorico è tutto molto bello.
Ma in fin dei conti… esiste un criterio di valutazione della vessatorietà delle clausole?
Ecco la risposta della Corte D’Appello di Milano che trovi linkata sopra.
Anzitutto, le domande che dobbiamo porci sono queste.
Domanda n. 1
Il consumatore accetterebbe la clausola “floor” senza ottenere un vantaggio corrispettivo (tipo: clausola “cap” e/o riduzione spread applicabile)?
Domanda n. 2
Il consumatore accetterebbe una non equa distribuzione di rischi e benefici nel contratto a tasso variabile?
Entrambe le risposte ti consentono di verificare se:
- un professionista in buona fede; e
- un consumatore che non si trovi nella situazione di debolezza che lo caratterizza (informativamente e contrattualmente);
Avrebbero convenuto la clausola oggetto di accertamento nell’ambito di un negoziato individuale.
Diciamoci la verità.
Solo la banca trae beneficio derivante dalla clausola “floor”.
Dimmi se non è vero.
Se vale tutto questo, secondo la Corte D’Appello, vale anche la NULLITA’ del “floor”.
Devi quindi ripristinare il contesto applicabile in mancanza di tale clausola.
“FLOOR” SI’ – “CAP” NO … CHE FARE?
Lascia che te lo dica.
Non voglio darti false speranze.
A meno che tu non abbia un mutuo milionario per le mani, le differenze che puoi ottenere da una inefficacia del tasso “floor” potrebbero essere insignificanti. O comunque non ti consentono, da sole, di poter affrontare un contenzioso.
E qui parlo di “soldi” da spendere…
So benissimo che potresti sentirti “preso in giro” per non aver potuto godere dei ribassi dei tassi di interesse – solo per una postilla che (forse) neppure avevi visto.
Ti parlo dell’epoca d’eccezione dei tassi zero o sottozero,
Anzi, che ne neppure tu stesso hai potuto contrattare…
Magari te ne sei accorto proprio leggendo questo articolo.
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Però bisogna essere anche onesti.
Sono appassionato al mondo del contenzioso bancario dal lontano 2011 ormai, e ti posso assicurare che l’affronto di ogni giudizio deve essere necessariamente meritevole (mi riferisco più che altro ai presupposti).
Non sai quanto rosico quando mi rendo conto che per cause “floor” il cliente ha sborsato somme per 3-4-5.000 Euro in più.
Per una clausola che neppure ha potuto contrattare.
A QUANTO AMMONTA L’ “IN PIU’” PAGATO?
Per essere chiari, per passare alla questione “numerica” del caso ti basta fare questo conteggio – giusto per capire di che ordine di grandezza si sta parlando:
- Calcola quanti interessi hai pagato nel periodo in cui il “floor” era “attivo” (in altri termini, quando il tasso d’interesse si è mantenuto sul “pavimento” riportato sul contratto) (X);
- Quantifica l’ammontare degli interessi che avresti pagato se non fosse stato fissato il “floor” (Y);
- Sottrai questo dato (Y) al primo (X).
La differenza (X – Y) è quella che puoi rivendicare.
“mo’ glie faccio vedere io a ‘sta sola di banca” – questo è ciò che volgarmente penseresti (e ti capisco, lo penso anche io mettendomi nei tuoi panni).
Eppure c’è sempre qualcosa che blocca l’azione.
NON E’ TUTTO ORO QUELLO CHE LUCCICA
Tra il dire ed il fare si trova un mondo, in questo caso. Anzi, una vera e propria corsa a ostacoli.
Devi, infatti:
- incaricare un perito tecnico (la mia mano, come noti, è sempre alzata!)
- incaricare un legale;
- azionare una causa, passando per la mediazione;
- anticipare soldi (brutto da dire, ma i professionisti, seppur un minimo, costano sempre);
- anticipare spese e contributi vivi.
La butto lì… 1.500/2.000 Euro solo per partire?
E se poi si perde?
Mettici le spese legali di soccombenza per sicurezza (e spese di CTU, se nel frattempo è stata disposta).
Ti conviene per recuperare 3-4-5.000 Euro fra, magari, due/tre anni dopo?
“mi domando perché ti è venuto in mente di comporre questo post se mi stai consigliando di lasciarmi fregare e … di non far nulla”
NON DI SOLO “FLOOR” VIVE IL CONTENZIOSO
Adesso è il professionista che parla.
La questione è molto interessante e può essere tranquillamente ben spesa, se ne hai la forza.
BASTA CHE NON SIA L’UNICO ELEMENTO CHE TIRI IN BALLO.
Mi spiego meglio.
Il tasso “floor” riguarda per lo più contratti di mutuo, ma anche aperture di credito e contratti di leasing (se si tratta di rapporti sottoscritti da un “consumatore”).
Tutti questi non sono immuni da vizi.
Taaac
So già che ti si è accesa la lampadina.
Prendi in considerazione i mutui.
Puoi concentrarti (anche):
- sul regime finanziario;
- sulla indeterminatezza del tasso d’interesse – quando magari scopri che quello indicato sul contratto è (solo) apparente;
- o magari sul “rendimento effettivo”.
Se stai trattando un leasing, invece, ti consiglio di verificare anche se il tasso interno di attualizzazione coincide con quello indicato sul contratto.
Qualche tempo fa ti ho raccontato in una gli elementi che accomunano i mutui e i leasing (finanziari).
Ti posso assicurare che le questioni su cui puoi porre attenzione nelle tue analisi non sono poi così diverse.
Cambia la natura giuridica del contratto, ma sul piano matematico siamo lì.
In un caso o nell’altro, devo dirti la verità.
Per quanto possa essere complesso, non cercare di fare le cose a “metà”.
Se dalle tue indagini emergono importi “potenzialmente” (il virgolettato è d’obbligo) interessanti, non puoi esimerti dal redigere (o commissionare) una perizia tecnica di parte.
Per me è uno strumento dannatamente importante.
Tutti i legali con cui collaboro strettamente non muovono foglia senza una perizia. E non posso certo dargli torto.
CONCLUSIONI
E’ giunto il momento di tirare le fila di tutto il ragionamento fatto fin qui.
Sei consumatore?
Hai un mutuo a tasso variabile da almeno 5-6 anni?
Hai notato una clausola, una dicitura, una frase sul contratto che fissa “a terra” una misura del tasso d’interesse al di sotto del quale non può mai scendere?
Non hai notato una clausola che – invece – fissa un “tetto” massimo oltre il quale la misura del tasso d’interesse non può salire?
Molto bene.
Sei atterrato nell’articolo giusto.
Sappi che hai un problema.
Il tuo contratto è asimmetrico e squilibrato … a tuo svantaggio (strano, vero?)
Hai la possibilità di attaccare la clausola “floor” per renderla inefficace.
A che scopo di dico tutto questo?
Non odiarmi se ti dico che se hai pagato interessi nel mentre che il tasso “floor” era attivato, ci hai rimesso.
E questo è un dato di fatto.
Da qualche parte in questo post ti ho parlato di un caso pubblicato e trattato sul Tribunale di Milano che ha riconosciuto proprio l’inefficacia del “floor”.
Lascia che te lo dica.
Il punto sui cui devi prestare attenzione è molto “pratico”. Si tratta nei fatti di quanto ti è costato il tasso “floor”.
“e quanto mi è costato?”
Fai questo conteggio.
- Calcola quanti interessi hai pagato nel periodo in cui il tasso “floor” era “attivo” (in altri termini, quando il tasso d’interesse si è mantenuto sul “pavimento” riportato sul contratto) (X);
- Calcola quanti interessi avresti pagato se non fosse stato fissato il tasso “floor” (Y);
- Sottrai questo dato (Y) al primo (X).
La differenza (X – Y) è quella che puoi rivendicare.
Se tanto o poco sta a te stabilirlo.
A parer mio, non è mai una buona soluzione incardinare un contenzioso complesso, articolato, faticoso e costoso incentrandolo su un’unica eccezione – soprattutto se soggetta ad interpretazioni diverse.
Occorre inserirla in un piano di attacco che comprenda molteplici armi e strategie, di cui puoi trovare ampia informazione – gratuita ! – all’interno di questo blog.
Te ne ho già accennate alcune più sopra.
Naturalmente, questo vale nel momento in cui tu sarai l’attaccante.
Quando giochi in difesa, l’atteggiamento cambia. A quel punto, e mi riferisco soprattutto alle intimazioni di pagamento, ogni “asso” nella manica è certamente ben speso.
A questo punto, non posso fare che ringraziarti per avermi seguito fin qui.
Alla prossima.
p.s. Non ti nascondo che può esser complesso star sempre al passo di ogni post che viene pubblicato. Posso dirti, però, che il mondo di questo blog trascende dal blog stesso.
Ecco perché può essere ulteriormente utile avere un canale diretto di contatto con me. Per averlo, non ti resta che . Riceverai una newsletter settimanale con consigli, approfondimenti e materiali utili – che qui sul blog non trovi.