In questo articolo ti illustrerò un metodo che ti consentirà di quantificare il danno per “lucro cessante” prodotto alla tua azienda per una illegittima segnalazione in Centrale Rischi.
Aiuto imprenditori a difendersi in contenziosi bancari da oltre 10 anni, ma, se posso dirti, tale stima è senza dubbio la più delicata e complessa.
Adesso ti spiego il motivo.
Prima però un piccolo avvertimento.
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Pronto? Iniziamo.
Negli ultimi dieci anni mi è capitato spesso di dover analizzare molti rapporti bancari (anche) in di deterioramento.
Non che le aziende intestatarie navigassero (almeno, non sempre) in cattive acque.
Ma tieni conto di un fatto certo.
Nel mercato domestico è sempre possibile verificare un utilizzo delle linee di credito sempre al limite dei fidi concessi.
Allora, se la gestione dei flussi di cassa dipende prevalentemente dall’indebitamento bancario, l’operatività corrente può rallentare, così come la puntualità dei pagamenti.
Solo allora l’imprenditore sente il bisogno di far analizzare la regolarità dei rapporti bancari da un professionista. Percepisce che la revoca di alcune linee di credito non è un’ipotesi tanto remota.
Se sei un imprenditore capisci cosa intendo.
Non ti dico nulla di nuovo.
Ecco una buona.
Finché i tuoi rapporti sono “in bonis” puoi commissionare le indagini sui rapporti senza troppa fretta.
Se nel frattempo la tua azienda è stata segnalata a “sofferenza” da almeno uno degli istituti di credito…
Beh, la cosa e diversa.
Ma distinguiamo i casi.
Non è mia intenzione descrivere nel dettaglio cosa si intende per “sofferenza”. Se sei appassionato come me di contenzioso bancario ti farei perdere solo tempo in letture inutili. E di tempo ne abbiamo poco.
Ma lascia che te lo dica.
La revoca degli affidamenti con successiva (se non immediata) segnalazione a “sofferenza” è probabilmente uno degli strumenti più abusati dagli istituti di credito.
Lo scenario che si prospetta per la tua azienda è uno dei piú complessi in assoluto.
Non fraintendermi.
Non ti sto dicendo che le segnalazioni debbano considerarsi di per sé illegittime solo perché generano difficoltà all’impresa.
Anzi.
Spesso riflettono una grave incapienza patrimoniale dell’azienda che giustifica la scarsa performance delle linee di credito.
Gli elementi che noto nella maggior parte dei casi sono questi:
- aperture di credito poco movimentate sul fronte degli accrediti;
- ricevute bancarie (magari anticipate al salvo buon fine) che tornano insolute;
- rate dei finanziamenti in mora.
Ma non è sempre così.
Ho ricevuto (e assisto tutt’ora) imprenditori già segnalati a “sofferenza” successivamente alla revoca di ogni facilitazione.
La loro operatività era di fatto bloccata.
Sai come funziona…
Non appena un istituto rettifica la segnalazione in Centrale dei Rischi da “non contestato” a “sofferenza”, sai quanto tempo impiegano solitamente le altre banche “fornitrici” a fare altrettanto?
Di solito i giorni che passano sono pochi. O comunque non tali da far prendere contromisure adeguate.
Se sei imprenditore, pensa alla tua azienda…
La revoca dei finanziamenti non è un fatto fine a sé stesso o isolato.
Può essere sistemico, provocando un blocco dell’operatività. E non è detto che sia temporaneo.
Non dimenticarti che il sistema imprenditoriale italiano è prevalentemente “bancocentrico”, come potrai constatare in vari report istituzionali. Ciò significa che:
- se da un giorno all’altro ti tolgono la possibilità di avvalerti dell’indebitamento per gestire l’ azienda; e
- non hai sufficienti riserve di liquidità per continuare a gestirla.
Il rischio di inadempienza si innalza esponenzialmente.
Ma cosa succede se la segnalazione a sofferenza fosse stata illegittima?
Cosa succede se il blocco della tua operatività è dovuta ad un fatto che non doveva esistere?
Poniamo il caso che la segnalazione sia stata dichiarata illegittima.
Ti do una buona notizia.
Il danno, se c’è, può essere dimostrato.
In questa ipotesi il danno esiste.
Tanto è vero che non sono infrequenti i casi in cui il Tribunale del luogo accoglie i ricorsi dell’utente ordinando la cancellazione della classificazione a “sofferenza”. Ti è sufficiente controllare alcune tra le principali banche dati di settore.
Già questo aspetto ti potrà sembrare un’ottima cosa, e di fatto lo è.
Ma fino a un certo punto.
Adesso ti spiego il perché.
Ti riporto una domanda che mi viene posta spesso in questi casi da imprenditori e/o loro avvocati…
“Ho subito un danno da illegittima segnalazione a ‘sofferenza’… Come si quantifica numericamente il danno?”
Condivido con te una nota dolente.
La risposta è, per me, una delle più complesse e delicate da elaborare.
Per quella che è la mia esperienza, posso dirti che:
- non esistono principi specifici o condivisi da seguire;
- non esistono modelli o schemi da cui prendere spunto;
- non esiste materiale tecnico o fonti da cui attingere.
A questo punto, so già che ti starai domandando “come è possibile dare un valore al danno provocato per una illegittima segnalazione senza un criterio oggettivo e condiviso ?”
Lascia che spieghi.
Nella mia esperienza di oltre dieci anni nell’ambito del c.d. “contenzioso bancario” ho potuto osservare e sperimentare molteplici metodologie.
Nessuna di queste può ritenersi giusta o sbagliata.
Occorre sempre prendere atto del caso che si sta valutando.
Ti consiglio dunque di focalizzare la tua immaginazione ed il tuo pensiero ponendoti fin da subito queste domande…
“cosa sarei OGGI se non avessi subito la revoca delle linee di credito?”
“quale sarebbe la mia redditività OGGI se avessi potuto continuare ad utilizzare gli affidamenti?
“cosa perdo in termini di mancate opportunità redditizie?”
In altre parole, cerca di immaginarti la realtà se potessi utilizzare le linee di credito che la banca ti ha illegittimamente revocato.
A questo punto, procediamo.
Il mio obiettivo è quello di guidarti in una quantificazione ragionevole ed oggettiva del danno provocato da una (accertata) errata ed illecita classificazione a “sofferenza”.
Ma non prima di averti spiegato alcune distinzioni preliminari.
PASSO 1: DANNO PATRIMONIALE O DANNO NON PATRIMONIALE ?
Distingui fin da subito la natura del danno che andrai a quantificare.
Solitamente considero Il danno “patrimoniale” come la somma tra:
- lucro cessante;
- danno emergente.
Il danno “non patrimoniale” non è altro che il danno di immagine e/o di reputazione commerciale potenzialmente compromessi dalla illegittima segnalazione.
Questo è senza dubbio il più complicato da valorizzare…
Il risarcimento del danno “non patrimoniale” è previsto dall’art. 2059 CC, ma la semplice disposizione non è sufficiente a chiarirti l’idea su come materialmente quantificarlo.
In effetti, non esiste un metodo di calcolo condiviso dalla prassi professionale.
Possiamo solo ricavare alcune idee tratte da casi trattati da (una scarsa) giurisprudenza che ha considerato:
- la somma per cui la segnalazione è stata effettuata o una sua percentuale; nonché,
- la durata della segnalazione illegittima, distinguendo, altresì, la natura imprenditoriale o meno del soggetto segnalato (Trib. Modena, 20/03/2013; Trib. Bari – sez. Monopoli, 19/05/2011);
- una cifra collegata a quelle riconosciuta ad una società correntista per interessi anatocistici ed usurari.
Il fattore comune rinvenuto nelle varie decisioni è il richiamo all’EQUITÀ della liquidazione.
Ma allora, come puoi fare?
Prendendo spunto dalla mia esperienza, ti consiglio di attribuire una percentuale compresa tra il 20% ed il 40% del danno “patrimoniale”.
Solitamente adotto questo modus operandi.
Sarà il Giudice ad avallare o meno il tuo giudizio “equitativo”.
E’ vero, il criterio è forfettario e sintetico. Ma ha un interessante risvolto pratico.
“Ma allora… è necessario valorizzare prima il danno patrimoniale?”
Adesso ci arriviamo. Ho preferito darti prima una dritta sul “non patrimoniale”, visto che la misura può essere data in via forfettaria.
Tuttavia, come giustamente hai notato, il valore cardine dipende dal “danno patrimoniale”.
In particolare dal “lucro cessante”.
Dovresti dunque fin da subito concentrarti su tale tipologia di danno. A mio avviso il più importante.
E’ l’argomento principe che mi ha spinto a scrivere questo post.
Affrontiamo insieme il ragionamento.
PASSO 2: LUCRO CESSANTE
L’obiettivo di questo post è quello di fornirti dei consigli su come quantificare il danno aziendale per illegittima segnalazione in Centrale dei Rischi.
Da un punto di vista operativo, il lucro cessante rappresenta spesso il “valore” principe della tua stima.
Per come lo interpreto, è strettamente correlato con la potenziale perdita di redditività collegabile alle opportunità mancate dovute alla segnalazione a “sofferenza”.
So già qual è il tuo timore in questo momento.
Hai capito che dovrai maneggiare alcuni aspetti di tipo “aziendalistico”. Non temere. Anche se sei un “giurista” o un “imprenditore” potrai comprendere il significato e la logica di ciò che sto per dirti.
Ti guiderò passo dopo passo.
Passo 2.1 – Procurati la “Centrale dei Rischi” storica
Sicuramente, non puoi non partire dalla Centrale dei Rischi storica dell’azienda.
Inutile girarci intorno: la classificazione a “sofferenza” E’ nella Centrale dei Rischi ed è proprio da lì che devi partire per la tua indagine.
E’ lo strumento numero 1..
In un precedente articolo ti ho spiegato i suoi elementi essenziali. Per richiederla ti sarà sufficiente compilare l’apposito modulo riportato sulla pagina istituzionale di Banca D’Italia.
Segui le istruzioni. L’accesso è gratuito.
Per quanto mi riguarda, prediligo sempre far compilare il modulo ed inviarlo alla PEC della filiale di Banca d’Italia competente. Seguo l’opzione “modulo per la presentazione in filiale”.
Hai la Centrale Rischi?
Bene, è giunto il momento di verificare lo stato degli affidamenti prima e dopo l’intervenuta “segnalazione”.
Passo 2.2 – Verifica l’importo e le tipologie di affidamenti goduti
Perché dovresti analizzare nel dettaglio l’importo degli affidamenti?
Lasciami spiegare.
L’affidamento sta all’azienda come la benzina sta al motore di una auto.
Inutile girarci intorno.
A meno che l’azienda (tua o del tuo cliente) non lavori solo con mezzi propri, la liquidità messa a disposizione dall’intermediario consente di effettuare i pagamenti di fornitori, dipendenti ecc.
Non sono io che devo ricordartelo.
I fornitori (materie prime, semilavorati, prodotti finiti, lavorazioni ecc.) sono l’olio del motore.
Senza di loro, la macchina arranca.
Se non hai modo di pagarli perché improvvisamente non hai più la possibilità di avvalerti di affidamenti, che succede?
A meno che tu non abbia un rapporto fortemente fidelizzato nel tempo probabilmente, dopo vari insoluti e ritardi, non sarà difficile immaginare che ti sarà richiesto il pagamento anticipato.
A quel punto, sei costretto ad essere altrettanto bravo a ribaltare l’incasso anticipato anche sui tuoi clienti.
Pensaci.
Senza affidamenti sotto forma di:
- apertura di credito in conto corrente;
- anticipo al SBF (fatture, ricevute bancarie, ordini, ecc.).
l’unico modo per generare la provvista necessaria a pagare i tuoi fornitori prima di ricevere i loro prodotti e servizi è quello di incassare anticipatamente dai tuoi clienti.
A meno che l’azienda lavori prevalentemente con clienti esteri (che solitamente pagano quasi sempre in anticipo) o i soci apportino finanze di tasca propria, questa è la strada.
Per me il danno da lucro cessante si annida proprio (o anche) in questo scenario.
Ti starai chiedendo cosa c’entrano i fornitori con il danno per lucro cessante.
In effetti il passaggio che ti ho descritto non è proprio immediato.
Adesso ci arriviamo, ma lasciami spiegare e…continua a leggere.
Per far questo dovrò indicarti alcuni concetti “aziendalistici”.
Sai come si come si compone uno Stato Patrimoniale riclassificato per fonti di finanziamento?
Se sì, non ti dico nulla di nuovo.
Altrimenti, tranquillo. Ai nostri fini, ti basta comprendere solo un concetto.
Pronto? Iniziamo.
Devi tenere a mente il c.d. “Capitale investito netto” (CIN) e le “fonti di finanziamento”, per l’appunto.
Detto terra terra, il CIN risponde alla domanda su “come/dove ho investito i soldi”.
Solitamente si suddivide in capitale circolante netto e/o immobilizzazioni nette.
Il primo è dato dalla somma delle rimanenze di magazzino e crediti a cui sono sottratti i debiti commerciali, tributari o, comunque, non di natura finanziaria.
I debiti di natura finanziaria fanno parte della cosiddetta “posizione finanziaria netta” (PFN). Ma di questa ne parliamo tra poco.
Se non sei un’aziendalista (se proprio lo devo dire, non lo sarei neppure io, almeno non nel senso comune del termine), sappi che il bilancio di un’azienda è sempre in equilibrio.
E’ il cosiddetto attivo=passivo.
Nel caso di bilancio riclassificato: CIN = FF.
O meglio: CIN = Patrimonio Netto + Posizione Finanziaria Netta.
Non sono io che devo spiegarti cosa intendo per Patrimonio Netto. Sono i cosiddetti mezzi propri.
Se il tuo commercialista è bravo dovrebbe averti già fatto venire la nausea da quante volte te lo ha ripetuto ogni volta che avete analizzato insieme il bilancio.
Focalizzati sulla PFN.
Rappresenta il totale delle fonti di natura finanziaria attinte da terzi. Solitamente:
- Mutui;
- Aperture di credito (per la parte utilizzata);
- Anticipi SBF (per la parte utilizzata).
Oppure debiti di natura obbligazionaria.
Se l’azienda non è esposta con il ceto bancario, né con terzi, il valore è “zero”.
Altrimenti, il valore della PFN è positivo.
Se l’azienda ha degli affidamenti accordati, la PFN può espandersi fino a concorrenza di quanto è stato accordato.
A parità di PN, ad una espansione della PFN corrisponde un incremento del CIN di pari ammontare.
CIN = PN + PFN, ricordi? Bene.
Ma cosa c’entra tutto questo con la segnalazione in centrale dei rischi?
Piano piano ci arriviamo.
Pensaci bene.
Poniamo che una azienda è affidata, diciamo, per un 1.000.000,00 Euro tra aperture di credito e castelletto SBF.
In ipotesi di pieno utilizzo, la PFN sarà di Euro 1.000.000,00.
Sei hai in mente l’equivalenza di cui sopra, dovresti aver capito che una parte del CIN è finanziato proprio dalla PFN.
Il CIN, a sua volta, produrrà un certo rendimento, un certo reddito operativo (inteso come al lordo di oneri finanziari e imposte – c.d. EBIT)
Che succede allora se da un giorno all’altro l’azienda non ha possibilità di utilizzare il milione di Euro?
Pensa allo scenario che si può concretizzare con maggiore probabilità.
Dunque…
La PFN si riduce a ZERO.
Ma abbiamo detto che CIN = PN + PFN, no?
Se vale il bilanciamento, il CIN si riduce dell’importo della PFN.
Torna anche a te?
Ma allora, se il CIN è inferiore, il reddito operativo potenziale sarà a sua volta ridotto, a parità di redditività.
Eccoci al dunque!
Ecco dove, per quanto mi riguarda, si annida il danno potenziale per lucro cessante.
Per me sta nella “più probabile che non” perdita di opportunità di investimento e, dunque, di redditività.
Ci siamo.
Il concetto è di per sé semplice, quantomeno da un punto di vista teorico, ma…
Come puoi “misurare” il concetto?
La questione non è facile né di pronta soluzione, ma possiamo arrivarci.
Ti spiego il mio percorso.
Prima di tutto, come avrai capito, dovrai quantificare la misura esatta degli affidamenti goduti dall’azienda appena prima della intervenuta segnalazione.
Questo passaggio è fondamentale.
Domandati “a quanto ammonta la PFN massima raggiungibile dall’azienda in epoca pre-segnalazione?”
Per sicurezza, controlla i 3/6 mesi precedenti l’evento.
A prescindere da quanto sia l’ammontare degli importi utilizzati, il totale del c.d. “Accordato operativo” ti indica quale potrebbe essere la massima e POTENZIALE espansione della PFN.
Una volta che conosci la PFN “potenziale”, puoi dedurre a quanto ammonta il CIN potenzialmente finanziabile da essa.
ATTENZIONE!
Non è detto che il collegamento tra CIN e PFN sia “scolpito nella pietra”.
Per me è un utilissimo strumento per stimare un valore: l’EFFETTO numerico della revoca improvvisa delle linee di credito usufruite dall’azienda a CAUSA della classificazione a “sofferenza”.
Ricordi?
Ciò che ti descrivo è solo uno dei metodi possibili che ho elaborato nel tempo per valorizzare il lucro cessante.
Puoi adattarlo al tuo caso specifico come meglio credi e secondo le modalità a te più congeniali.
Ma adesso, continuamo. Come ti ho anticipato all’inizio, il post è abbastanza lungo.
Potrebbe sembrare una vera e propria guida!
Passo 2.3 – Verifica la redditività del Capitale Investito Netto
Abbiamo detto che il CIN produce un certo reddito operativo (inteso al lordo di oneri finanziari ed imposte – c.d. EBIT).
Poniamo che il CIN sia di 4.000.000,00 e e l’EBIT di 400.000,00.
Rapportando l’EBIT al CIN ottieni un indice importante di Ritorno sugli Investimenti: il ROI (Return On Investment).
Nel nostro esempio, il ROI (%) è 400.000 : 4.000.000 x 100 = 10%.
Se disponi dei bilanci aziendali non ti sarà difficile calcolarlo ed individuarlo.
Se sei un giurista, probabilmente questi termini aziendalistici ti intimoriscono, però cerca di continuare a leggere…stiamo per arrivare al punto focale.
Diciamo che l’azienda ha un certo ROI “ordinario” o “fisiologico”. Per fisiologico intendo la redditività del CIN conseguibile in assenza di eventi eccezionali o straordinari.
Nel nostro caso, il 10%.
Tieni a mente la misura %.
Se perdi una PFN potenziale di 1.000.000,00, perdi un CIN potenziale di 1.000.000.
Quanta marginalità perdi potenzialmente su base annua ?
So che hai già fatto il conto …
Ma certo!
La tua perdita potenziale è pari all’EBIT che il CIN potenzialmente “perso” non sarà in grado di generare, su base annua.
Dunque la perdita annua puoi stimarla come CIN x ROI%
Nel nostro esempio: 1.000.000 x 10% = 100.000 Euro
Bene!
Siamo arrivati a stabilire una base di partenza per la quantificazione del danno da lucro cessante.
Non siamo arrivati ancora a definire il valore vero e proprio.
Andiamo avanti.
Cosa ti manca per definire il valore del lucro cessante?
Ti consiglio di considerare DUE FATTORI:
- Il tempo;
- Il tasso d’interesse d’attualizzazione
2.4 Calcola il tempo in cui l’effetto della segnalazione rilascia i suoi effetti
Considero il tempo un elemento essenziale nel calcolo del danno da lucro cessante.
Adesso ti spiego il perché.
Una segnalazione a “sofferenza” lascia un segno negativo fin da quando viene iscritta in Centrale dei Rischi.
Ma questo già dovresti saperlo.
E’ il momento di chiederti “per quanto tempo l’azienda subirà gli effetti della segnalazione a sofferenza?”
Ti dò una cattiva notizia: non ritengo che esista un tempo esatto.
Tutto è rimesso alla tua sensibilità nel valutare il caso trattato.
Alcune aziende (ma anche persone fisiche) non ricevono finanziamenti per molti anni solo perché la propria Centrale dei Rischi è “marchiata”.
Spesso – anzi direi molto spesso – rischiano l’insolvenza per non aver più la liquidità necessaria a mantenere quanto meno attivo il proprio ciclo operativo.
Ma allora…come puoi comportarti nella valutazione del danno subito per illegittima segnalazione in Centrale dei Rischi?
Lascia che ti dia una notizia migliore rispetto a quella di prima.
Come ti ho indicato all’inizio di questo post (che, a questo punto, è divenuto una vera e propria guida!) non esiste, ad oggi, un metodo oggettivo ed univoco per rispondere alla domanda.
Puoi essere “creativo”… nel senso improprio del termine.
Adotta il metodo (possibilmente analitico e dimostrabile) che puoi giustificare con calcoli e procedimenti.
E’ tuo compito DIMOSTRARE i passaggi logici e numerici.
Mi piace molto l’idea di rendere la quantificazione prendendo spunto da alcune tecniche di “valutazione d’azienda”.
Ecco come faccio.
Stimo la perdita di “valore aziendale” provocato dalla riduzione dell’indebitamento potenzialmente utilizzabile nel periodo precedente (3/6 mesi) dalla intervenuta segnalazione.
Non vorrei dilungarmi troppo nella scrittura ma considera, tra tutte le opzioni che ritieni ragionevoli, quella che ti ho introdotto.
Segui questa procedura preliminare:
- calcola il valore degli affidamenti disponibili e, poi, revocati;
- stima la perdita del Capitale Investito Netto (CIN) “potenzialmente” finanziabile con la PFN “potenziale” revocata;
- calcola il reddito operativo netto (EBIT) e, successivamente, il ROI% attribuibile all’azienda in tempi non condizionati dalla “segnalazione”;
- stima la perdita dell’EBIT imputabile alla riduzione del CIN accennata al secondo punto dell’elenco, moltiplicandole il ROI%.
Fatto ?
Sono sicuro di sì.
Come vedi, il processo è molto semplificato. Poiché non si tratta di una vera e propria valutazione d’azienda, puoi adattarla al tuo caso come meglio credi.
Adesso, torniamo a noi.
TI ho introdotto il concetto di TEMPO.
“come impatta il tempo sulla valutazione del danno per lucro cessante?”
Ora te lo spiego, semplificando il concetto per renderlo più chiaro. Se sei un giurista, mi ringrazierai.
Hai già stimato l’EBIT imputabile al CIN non più “potenzialmente” finanziabile dalla PFN revocata.
Si tratta adesso di capire per quanto tempo ancora (anni, esercizi, ecc.) l’azienda può perdere questa marginalità.
Tendenzialmente, salvo che stia stimando il danno in un’epoca in cui la segnalazione è già stata accertata come “illegittima” dal Tribunale, cerco di mantenermi sui 2 o 3 anni.
A meno che non disponga di dati certi che dimostrino che l’effetto è rilasciato per più tempo.
In un caso specifico, per esempio, ho utilizzato un orizzonte di 12 anni.
In quella occasione, la segnalazione ha compromesso anche la concessione di un mutuo già istruito per un investimento immobiliare. Il mutuo revocato avrebbe avuto, per l’appunto, la durata di 12 anni.
In questo modo ho potuto calcolare l’impatto della revoca focalizzandomi sulla differenza tra stato dell’azienda “futuro” con e senza finanziamento regolarmente erogato. In un caso o nell’altro, i costi e la marginalità dell’azienda sarebbero stati sensibilmente diversi.
Si trattava di un caso specifico. Potevo dimostrare e dare un senso ad una estensione temporale di 12 anni.
Se non hai “pezze d’appoggio” specifiche (accordi, contratti, ecc.) ti consiglio di mantenerti tra i 2 e 3 anni.
Cerca comunque di stare prudente. Aggiungere “troppi” anni può far lievitare il danno fino a sovrastimarlo.
Per quanto mi riguarda, preferisco far emergere un valore più basso che più alto.
Ma torniamo a noi.
2.5 Distribuisci l’EBIT nell’arco temporale prescelto e valorizza il valore aziendale “pregiudicato”
Riprendiamo il nostro esempio.
Poniamo di voler estendere la probabilità del danno in un orizzonte temporale di 3 anni.
Dunque:
Il dato non tiene conto del valore del tempo.
E’ giunto quindi il momento di attualizzare i valori futuri ad oggi.
Ti serve un tasso di attualizzazione per scontare i valori dell’anno 2 e dell’anno 3.
Per far questo è necessario calcolare quel tasso d’interesse che esprima il rischio intrinseco dell’azienda.
Non è questa la sede per spiegarti le caratteristiche tecniche e le procedure per determinare il tasso d’interesse necessario per attualizzare i flussi futuri.
Cliccando su questo link avrai qualche nozione di base.
Questo articolo è solo finalizzato ad offrirti un procedimento per quantificare il danno aziendale per illegittima segnalazione da Centrale Rischi.
Una volta stabilito il tasso d’interesse non dovrai far altro che attualizzare l’EBIT attribuito ad ogni anno, determinando l’enterprise value (EV) compromesso all’epoca della segnalazione a “sofferenza”.
In che modo?
Beh, non dovrai far altro che inserire i dati nella seguente formula matematica:
Un buon indicatore per la stima del danno, non trovi?
La somma dei valori attuali rappresenta l’enterprise value (EV) compromesso.
Personalmente, cerco sempre di identificare il lucro cessante in questo importo.
Nel nostro esempio, il valore attribuito lo stimerei in circa Euro 250.000,00:
CONCLUSIONI
Molto bene, spero che tu sia riuscito a seguire il mio ragionamento.
La stima del danno per lucro cessante è senza dubbio la prova più ardua quando mi trovo a quantificare il pregiudizio economico per illegittima segnalazione.
Se hai letto il post fin dall’inizio, ti sarai reso conto che non è possibile utilizzare un metodo oggettivamente condivisibile.
Poiché i concetti e le tecniche di valutazione d’azienda sono sempre stati interessanti per me, ho cercato negli anni di contestualizzarli nella stima del danno.
Ovviamente solo ove possibile.
Come avrai notato, infatti, non parlo del danno “non patrimoniale”. Solitamente questo è stabilito dal Magistrato in via equitativa, come già ti ho descritto.
Ma non parlo neanche del “danno emergente”.
In questo articolo ho cercato di spiegarti il mio percorso ed il mio ragionamento.
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Mi piacerebbe sapere cosa ne pensi.
Nel caso tu abbia differenti opinioni, fammelo sapere.
Alla prossima!