Cosa succede se nell’ambito di una procedura fallimentare l’attivo realizzato è insufficiente al pagamento del compenso e delle spese del curatore? Non si può chiedere il compenso minimo a carico dell’Erario, o meglio, non si POTEVA, OGGI INVECE SI!
Grazie alla Cassazione, con l’ordinanza n. 27442 depositata il 27/09/2023, che ha chiarito che ai fini dell’art. 146 DPR 115/2002 la regola dettata per il fallimento senza attivo DEVE ESTENDERSI anche al fallimento con attivo INSUFFICIENTE.
Direte che è ben poco, io credo, invece, che è una conquista, dato che diverse volte nel lungo percorso delle cariche conferiteci dai Tribunali può accadere che l’attivo non sia sufficiente al pagamento di una quota parte del compenso del curatore e ritengo che la versione sino ad oggi vigente non fosse EQUA per chi, come noi, LAVORA per un’infinità di interlocutori e interessi: dai creditori ai Tribunali.
Ovviamente il decreto di liquidazione deve contenere una SPECIFICA MOTIVAZIONE circa il compenso del curatore, bastando però anche il riferimento all’attivo realizzato, al passivo accertato, all’importanza o meno della procedura fallimentare e all’attività espletata dal curatore stesso.
L’art. 146 DPR 115/2002 va inteso, quindi, nel senso che tra le spese anticipate dall’Erario ci debbano essere anche le spese e gli onorari destinati agli ausiliari del magistrato al co. 3 lett. C.
Cosa non siamo noi se non ausiliari del magistrato?
In ogni caso i Giudici hanno precisato che la somma liquidabile non è mai comprensiva degli oneri fiscali e, quindi, non opera neanche il presupposto della ritenuta d’acconto.
Il compenso diventa liquidabile al netto di IVA e accessori.
Una piccola grande vittoria per noi curatori.
STUDIO BECCANI