Che strategie utilizzi per invertire l’onere della prova quando gestisci un contenzioso avente ad oggetto conti correnti ed aperture di credito?
Dopo aver letto questo post puoi scommettere che non avrai più dubbi su chi è il soggetto gravato dall’onere della prova sull’esistenza del contratto, delle illegittime pattuizioni e sulla consistenza dei saldi iniziali (negativi).
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Ti avverto già che l’articolo è piuttosto lungo per cui leggilo quando hai 10 minuti interamente liberi e senza distrazioni.
Non ti nascondo che il valore che ne puoi trarre è altissimo. Capirai perché.
Pronto? Cominciamo.
Ma prima permetti di condividere alcune piccole soddisfazioni professionali.
Negli ultimi 10 giorni mi sono gratificato grazie a tre casi giunti (finalmente) a buon fine. Certo, ho preso anche delle “bastonate” (se sei iscritto alla mia NEWSLETTER sai già di cosa parlo) ma per questi minuti voglio soffermarmi su cosa è riuscito veramente bene.
Ecco qua:
- Ad una società fiorentina è stato riconosciuto un indebito da recuperare di 119.000 Euro circa;
- Ad una azienda pratese, di 36.000 Euro circa;
- Ad un professionista di Euro 30.000 circa.
Messi insieme sono certamente una bella cifra.
In tutti e tre si parla di conti correnti, affidamenti, illegittimi addebiti per interessi, commissioni e spese.
Le tre controversie sono accomunate dalle strategie che abbiamo (intendo io ed il legale) utilizzato.
Lascia che te lo dica.
Nel momento in cui ti appresti ad azionare un contenzioso avente ad oggetto rapporti di conto corrente, una delle prime eccezioni che ti devi sicuramente aspettare è questa:
“Era tuo onere dimostrare gli addebiti illegittimi”.
Concetto banale ma per nulla scontato.
Magari tu hai allegato tutti gli estratti conto in tuo possesso da cui si evincono in maniera inequivocabile tutte le annotazioni che contesti.
Credi che sia sufficiente?
Non ti resta che leggere con attenzione ciò che sto per dirti.
Ma prima di iniziare è bene che tu sappia una cosa, soprattutto se tu sei atterrato la prima volta su questo blog.
Mi interesso di contenzioso bancario da oltre 10 anni. La passione per la materia mi ha portato ad aiutare imprenditori, professionisti e privati in ogni fase giudiziale e stragiudiziale, ottenendo successi appaganti e rovinose cadute.
Ogni volta cerco di raccontarti le tappe più importanti del mio percorso in modo che tu possa coglierne il massimo valore ogni controversia che andrai ad affrontare.
Il mondo del contenzioso bancario è affascinante ma allo stesso tempo maledettamente irragionevole.
Ogni momento è buon per venire pugnalato alle spalle, anche ce l’hai messa tutta.
Se hai letto i precedenti post o le newsletter che ricevi periodicamente te ne sarai reso conto.
Ma lascia che ti dica una cosa.
Come amo dire ai clienti, la tranquillità e la serenità sta principalmente quando sai che ci sono (quantomeno) i presupposti giuridici e tecnici per ottenere ragione.
Dopodiché, ci sono rischi. Inalienabili.
Se tu sei avvocato, lo sai meglio di me.
Basta che il Giudice Istruttore, prima, ed il CTU, poi, svicoli su altre interpretazioni e sfumatore per… portarti direttamente sulla strada a senso unico del fallimento – nel senso che la ragione, in fondo, non ti vien data.
Su questo bisogna essere tremendamente franchi.
“parli facile, visto che alla fine dei giochi non sei tu a pagare se la domanda viene rigettata con tanto di condanna alle spese”
Compito del professionista è saper ottimizzare il rischio. Ridurlo a zero è praticamente impossibile.
Bisogna essere onesti.
Ma torniamo allo scopo principale di questo post.
Ti avevo promesso di darti alcune strategie utili per invertire l’onere della prova – quanto più possibile – sulla banca in modo da incrementare esponenzialmente la probabilità di buon esito del contenzioso.
Grazie alla buona gestione di questi principi ho permesso – insieme al legale – (solo) ai tre clienti che ti ho rammentato di recuperare qualcosa come 185.000 Euro complessivi.
Niente male vero?
Se non ci credi, compila il form in calce alla pagina ed iscriviti alla newsletter.
Riceverai i provvedimenti con tutte le argomentazioni del caso.
Tornando a noi…
A CHI STA PRODURRE IL CONTRATTO?
Quando si tratta di contestare l’illegittima annotazione di poste contabili per (dedotta) omessa pattuizione scritta, ti starai domandando se la banca può ritenersi non onerata della produzione dei contratti.
Sai che ti dico?
Se tu sei l’attore nel giudizio, può eccome.
“ciascuna delle parti, almeno di regola, acquisisce la disponibilità del documento al momento della sua sottoscrizione” (Cass. 19566/2021; Cass. 33009/2019).
Devi stampare bene in mente questo concetto.
Se tu agisci per contestare l’illegittima annotazione di certe poste, sei letteralmente onerato a produrre il contratto per dimostrarne la natura indebita.
Tale principio opera sempre ove si faccia questione di un contratto pacificamente concluso per iscritto.
Credi che sia una prova diabolica?
Un pochino sì, inutile prendersi in giro.
Ma tu hai delle armi che puoi sfruttare a tuo favore.
Tra le più semplici che il testo unico bancario ti mette a disposizione.
Non stai nella pelle per sapere quali sono?
Ecco qua.
Non puoi attivare un contenzioso senza aver prima notificato una bella “DIFFIDA” ai sensi dell’art. 117 e 119 TUB.
In un precedente post ti ho parlato di tutti i vantaggi che puoi ottenere (anche) da un punto di vista processuale.
Non vorrei ripetermi ma non puoi non considerare le “3 MOTIVAZIONI” che mi spingono a mettere in stand by ogni pratica fino a che non sono passati i maledetti “90 giorni” di tempo da quando notifico la richiesta.
Adesso ti spiego perché per me è davvero molto (troppo) importante.
Se tu sei l’attore che agisci in ripetizione di indebito (o di accertamento del saldo reale) sei costretto a produrre il contratto da cui si evince l’illecita pattuizione.
Ma se la pattuizione non c’è? Oppure, addirittura, se neppure il contratto non c’è (ops)?
Occupandoti di contenzioso bancario, ti sarà poi capitato un caso del genere.
Magari ti sei beccato un bel rigetto della domanda solo perché non hai prodotto il contratto “maledetto”…ho per caso indovinato?
Lascia che te lo dica.
Non devi lasciarti fregare.
La richiesta ex artt. 117 e 119 TUB cambia le carte in tavola. Completamente!
Ed è arrivato il momento per sfruttarne al massimo i benefici.
Lascia correre l’immaginazione.
Tu o il tuo cliente non disponete né il contratto di conto corrente né tanto meno quello di apertura di credito.
L’art. 117 c. 1 TUB impone:
- la forma scritta;
- la consegna di una copia al cliente.
Quindi tu – in quanto parte del rapporto – dovresti (in teoria) avere la tua copia.
Se lo hai effettivamente perfezionato, il contratto, la banca avrà (se è diligente come solitamente credo) copia in originale con tutte le firme possibili (autografe, digitali, grafometriche…chi più ne ha più ne metta).
Notificando la lettera di cui sopra, la banca è gentilmente tenuta a consegnartelo.
Che succede, quindi, se:
- non te lo produce (magari facendo decorrere i 90 giorni)?
- te lo produce ma mancano delle condizioni onerose sottoscritte?
Come ti accennavo sopra, cambiano le carte in tavola. In tuo favore.
Principalmente per questi due motivi:
- puoi eccepire l’inesistenza dell’accordo scritto (del contratto o della particolare clausola);
- si inverte l’onere della prova.
Hai capito bene…SI INVERTE L’ONERE DELLA PROVA
Questo è uno dei motivi principali del successo (e non solo) che ti ho accennato sopra.
Devi infatti sapere una cosa.
Quando la domanda basata sul mancato perfezionamento del contratto nella forma scritta sia contrastata dalla banca si incardina un meccanismo che ha del mistero.
Ti riporto quelli che sono i principi corrente della giurisprudenza di merito e di legittimità.
Tu sostieni l’inesistenza della documentazione comprovante la correttezza degli addebiti a titolo, ad esempio, di:
- interessi ultralegali;
- commissioni di massimo scoperto;
- spese;
- valute;
- ius variandi.
La prova dell’inesistenza l’hai data, come ti ho detto, sulla base della risposta – negativa – che la banca ti ha fornito in seguito alla richiesta ex artt. 117 e 119 TUB.
Ricordi?
Bene.
La banca sostiene che, invece, la conclusione dei contratti c’è stata e che, quindi, tutti gli addebiti sono perfettamente legittimi.
In questo momento puoi sudare freddo, e ti capisco.
La pressione ed i battiti salgono sopra la media…
Ma lascia che ti sgombri la mente da ogni dubbio.
Se hai fatto bene i compiti sei in una botte di ferro.
Sappi, infatti, che a questo punto si è invertito l’onere della prova…te lo ripeto fino alla noia, come un “mantra”…
Il “mistero” non è più poi così misterioso…
Accade, infatti, che:
- non grava sul correntista – attore in giudizio – la prova negativa della documentazione comprovante l’’accordo che assume inesistente;
- incombe alla banca convenuta – piuttosto – darne positivo riscontro.
Non è comunque tutto oro quello che luccica.
Se la banca non ha prodotto nulla in fase precontenziosa non significa che non lo farà in corso di causa, magari con la comparsa in giudizio o con le memorie istruttorie.
Se così fosse lo scenario può cambiare – anche in modo dannatamente negativo per te – costringendoti a modificare le valutazioni e le considerazioni da te svolte.
Ma al di là delle valutazioni che potrai apportare ad ogni controversia, la semplice strategia che ti ho descritto ti consente di ottimizzare vergognosamente il rischio di rigetto della domanda per mancato assolvimento dell’onere probatorio.
E ti assicuro che non è poco.
PICCOLO DISCLAIMER
Ricordiamoci sempre che andiamo sempre innanzi ad un Giudice. In base alla sua sensibilità, preparazione e conoscenza della materia è possibile che la sua interpretazione non coincida con la tua.
Non mi sono mancate delle situazioni in cui, nonostante tutto, la domanda di rigetto c’è stata veramente.
Con non pochi dolori, ad essere onesti. Ci vuole coraggio a spiegare al cliente che è stato condannato a pagare le spese di soccombenza nonostante tu abbia fatto il tuo “dovere” per ottimizzare il danno.
Questi casi sono quelli più psicologicamente da affrontare.
Non prendiamoci in giro.
Ma se hai agito avvalendoti di tutti gli strumenti che la legge ti mette a disposizione, il “danno” non deriva certo da una tua mancanza.
Da un punto di vista professionale, puoi dormire tra due guanciali.
“Il punto è che devi spiegarlo anche al tuo cliente”
Vero, qui entra in gioco la tua sensibilità…In questo sono molto scarso, per cui (su questo) non posso aiutarti…
“Che succede se invece non sono riuscito a produrre tutti gli estratti conto? Se ci sono dei ‘buchi’ intermedi?”
Sgombriamo subito ogni dubbio.
Se tu non produci:
- estratti conto dall’inizio alla fine (per intendersi, il più vecchio è successivo alla data di apertura del rapporto);
- estratti conto non continuativi (per intendersi, con dei “buchi” nel mezzo”).
L’accertamento del saldo di conto corrente non è certo esclusa.
Il Giudice può disporla limitatamente al periodo da te rendicontato. Anche se la serie di estratti conto è interrotta in alcune parti.
Lascia che te lo dica.
Se dai retta agli Avvocati/Consulenti difensori delle banche (non si offendano…stimo molto la loro professionalità) può sembrare che ciò sia un problema insormontabile.
Ti verrà detto che la domanda non può essere accolta o che è necessaria la serie ininterrotta di estratti conto per rideterminare con certezza il saldo dare avere.
Ma non è così.
A mio modo di vedere, la sentenza che ha condannato la banca al pagamento di oltre 119mila Euro che ti ho rammentato più sopra è illuminante.
Adesso ti spiego.
Ammesso che i vizi contrattuali originari ci sono (altrimenti, che motivo c’era di azionare un contenzioso?), al “termine” di ciascun periodo documentato noterai:
- un saldo rideterminato (S1);
- un saldo contabile (S2).
Se il ragionamento torna, ti basta seguire questi due passaggi.
- Determina la differenza (S1 – S2), ossia tra il saldo rideterminato e quello contabile risultante dagli estratti conto.
- Riporta tale differenza in detrazione con il saldo contabile iniziale del periodo rendicontato successivo al “buco”;
- Continua la ricostruzione del periodo successivo partendo dal “nuovo” saldo rideterminato.
Il gioco è fatto.
Semplice, vero?
Che dire invece del saldo zero?
Il ragionamento qui si complica.
Se sei tu l’attore non hai modo di chiedere la rettifica a “zero” a meno che tu non dimostri che quel saldo (più che) ragionevolmente inesistente.
Ecco alcuni consigli su come puoi dimostrarlo.
Consiglio n. 1
Il gioco vale la candela soprattutto se il rapporto di conto corrente trae origine in epoca anteriore al 22/04/2000.
Ti spiego perché.
In tal caso il conto corrente è nato in un periodo storico in cui l’anatocismo, vietato per legge, era inderogabile, nonostante gli intermediari lo abbiano comunque praticato per decenni.
Se tu hai modo di produrre:
- un contratto antecedente all’entrata in vigore dell’art. 120 TUB e della correlata Delibera CICR del 09/02/2000; o, se inesistente/non reperito,
- almeno un estratto conto anteriore al 30/06/2000 ove si evince che la banca ha effettivamente praticato il regime “anatocistico”;
Hai la prova che il saldo iniziale – negativo per il correntista – è viziato da annotazioni, a titolo di interesse anatocistico, illecite e contrarie a norme imperative.
In altre parole, che è un saldo gravemente inattendibile.
Consiglio n. 2
La Cassazione ha ripetuto il principio per cui i vizi non possono essere dimostrati solo ed esclusivamente con gli estratti conto.
Il correntista può utilizzare ogni mezzo di prova ritenuto idoneo a dimostrare che in epoca anteriore al primo estratto conto per dimostrare di aver maturato un “credito”.
Come è possibile tutto questo?
Non prendiamoci in giro. Non è un fatto di pronta e semplice soluzione.
I mezzi a tua disposizione sono pochi.
Solitamente, mi avvalgo dei bilanci degli esercizi precedenti al 31/12/2000.
Se l’azienda era affidata da tempo (tieni sempre sott’occhio la Centrale Dei Rischi storica) avrà sicuramente iscritto in conto economico gli interessi passivi.
Personalmente, sommo gli interessi passivi dei bilanci precedenti che ho reperito
Ma solo se sono certo della quota imputabile ai rapporti intrattenuti con la banca che sto trattando in quel momento. Se gli istituti sono più di uno, il compito non è facile.
In questo caso confido nelle scritture contabili conservate dall’imprenditore (se le ha ancora) e, se si tratta di società di capitali, nella nota integrativa.
Se mi accorgo che la somma degli interessi passivi è almeno pari al saldo iniziale del primo estratto conto disponibile, ritengo fondato che quel saldo è inconsistente.
Letteralmente.
(Solo) in questo caso propongo un ricalcolo azzerando il saldo iniziale. Naturalmente, in via alternativa rispetto alla ricostruzione principale, per essere il più prudente possibile.
Devi trattare il saldo “zero” con le pinze. Spesso la cifra è dannatamente così alta da far alzare spaventosamente il valore della causa (se dovessi perdere, pensa a quanto lieviteranno le spese legali di condanna).
Il mio consiglio è: procedi adagio e non farti prendere dai numeri.
CONCLUSIONI
Arrivati a questo punto non mi resta che concludere e riassumerti i tratti principali di questo post.
Se sei riuscito a giungere sin qui, te ne sono grato. Significa che il tuo interesse per il contenzioso bancario è bello tosto.
Per interesse non intendo che tu sia un operatore del settore. Anche, certo.
Sei sei imprenditore o professionista è tuo interesse “interessarti” a questo mondo. Ne vale della salute della tua azienda.
Intrattieni rapporti bancari da almeno un decennio con plurimi affidamenti?
Sei atterrato nel posto giusto.
Per tua cultura (professionale e personale) non ti resta che approfondire quanto ti ho raccontato in tema di affidamento in conto corrente. Lo strumento più utilizzato in assoluto dalle PMI italiane (oltre che dai professionisti).
Per semplicità ti riporto tutti gli articoli fino ad ora scritti per te sul tema:
- QUI ti ho parlato di alcuni metodi per verificare la presenza di affidamenti in conto corrente;
- QUI ti ho parlato di un criterio per me fondamentale per individuare le “rimesse solutorie” e le competenze “prescritte” tramite il “criterio finanziario istantaneo”;
- QUI ti ho parlato del perché è fondamentale notificare una diffida ai sensi dell’art. 117 e 119 TUB.
Vai e approfondiscili!
Perché lascia che ti dica un’ultima cosa.
Non sai quanto valore per la tua azienda puoi trarre dalla conoscenza di queste tematiche.
Pensa al singolo caso che ti ho rammentato qua e là in questo post. Le valutazioni di cui ti ho parlato hanno consentito ad una singola azienda di recuperare ben 118.000 Euro.
Scusa se è poco ! (?)
Pensa all’impatto che può avere anche in termini di errata segnalazione in Centrale Rischi di cui ti ho parlato QUI…
Ricapitolando…
Questo post ti fornisce strategie utilissime che utilizzo correntemente per invertire l’onere della prova in un contenzioso avente ad oggetto rapporti di conto corrente.
Ti ho spiegato, infatti:
- l’importanza di notificare la diffida ai sensi dell’art. 119 TUB;
- come fare per sostenere l’inesistenza del contratto di conto corrente e/o di apertura di credito;
- una semplice strategia che utilizzo per dimostrare (quando ne ricorrono i presupposti) l’inconsistenza del saldo iniziale negativo per la correntista per giocare la carta del “saldo zero”.
Non ti resta che provare e metterle in pratica.
Mi piacerebbe sapere cosa ne pensi.
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Nel caso tu abbia differenti opinioni, fammelo sapere.
A questo punto, non mi resta che ringraziarti di nuovo del tuo preziosissimo tempo che hai dedicato alla lettura del presente post.
Non esitare a contattarmi o a commentare nel caso tu abbia idee o interpretazioni diverse oppure se nutri ancora dubbi o perplessità sull’argomento.
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Un abbraccio
Tommaso