Nel leasing finanziario le prove sono importanti. O meglio, sono davvero importanti le prove quando contesti un leasing finanziario?
Ti pongo questa domanda prendendo spunto dalla mia ultima newsletter che invio gratuitamente agli iscritti ogni Venerdì.
Nell’ultima ho fatto una profonda riflessione che vorrei condividere.
Tutto è partito da una domanda.
È possibile perdere le cause sapendo di avere moltissimi elementi vincerla? O meglio, di avergli provati in modo specifico?
Ovvio.
Benvenuto nel magico mondo della contesa bancaria, dove tutto (a quanto pare) è possibile.
Mettiti comodo/a, procediamo con ordine.
Lo spunto di riflessione parte da una causa azionata diversi anni fa. Era l’anno 2015. La società di leasing aveva risolto il contratto per inadempimento di alcuni canoni, circa 100.000 Euro. Dopo la risoluzione, però, si era limitata ad intimare i canoni insoluti e quelli a scadere attualizzati per oltre 1,4 milioni.
Una bella somma.
Per dovere di cronaca, non crederai ai tuoi occhi se ti dicessi che in tutto questo tempo la locatrice non ha mai intimato il rilascio. La cliente è tutt’ora dentro, operativa nella sua attività.
Prima che potesse partire il rilascio, anticipammo l’azione di accertamento del saldo del rapporto.
Dalla perizia di parte che avevo redatto assieme a mio padre (all’epoca non ero ancora abilitato), emergevano tutti gli elementi che ti ho raccontato nel blog, ossia:
- tasso interno di attualizzazione non indicato;
- regime finanziario occultato,
- sovrastima dei canoni;
- sovrastima del corrispettivo;
- clausola di risoluzione illegittima (all’epoca, non era entrata in vigore la L. 124/2017)
Tutto documentato.
Eppure qualcosa è andato storto.
Dopo 6 anni, la domanda è stata interamente rigettata. La CTU purtroppo non aveva ben esposto la problematica evidente di omessa indicazione del regime finanziario e del tasso interno di attualizzazione, ed i tentativi di mediazione plurimi sono naufragati.
Ti spiego meglio.
Il contratto di leasing finanziario era del 2003, e come spesso accadeva all’epoca, non aveva su scritto il tasso di interesse. Quella misura poi chiamata “tasso interno di attualizzazione”.
Devi sapere una cosa. Prima della Delibera del 04/03/2003, i contratti di leasing finanziario non lo riportavano.
Si limitavano ad indicare il maxi canone iniziale, la serie costante dei canoni, e l’opzione di riscatto finale.
Ma non il tasso di interesse (come diavolo faceva l’intermediario a calcolare quei canoni?)
Vorrei solo che ti concentrassi sul fatto che i tassi di interesse ultralegali devono essere scritti dal 1942 – pena di nullità dell’interesse ultralegale (ti dice nulla l’art. 1284 CC?)
Eppure, il motivo principale di rigetto è stata proprio la corretta (ritenuta dal GI) non indicazione del tasso leasing.
Ti dico anche questa.
Pochi mesi fa avevo per le mani un altro caso. Leasing finanziario del 2002 con tasso leasing assente. La nullità del tasso di interesse è stata riconosciuta, eccome. Il GI ha avallato l’ipotesi del CTU di ricostruire tutto quanto a tasso legale.
Stesso vizio ma esito diverso.
Quale dei due giudici ha ragione?
Io sono pro-utente da sempre, per cui non ti nascondo che il secondo giudice ha seguito la strada maestra.
Ma vorrei ripercorrere insieme a te il ragionamento.
Il primo giudice ha fatto propria la Delibera CICR del 04/03/2003
Il secondo, ha creduto più nel TUB e nell’art. 1284 CC.
Il primo ha rigettato la domanda, l’altro l’ha accolta (con vantaggi per il cliente per oltre 800k).
Il primo ha ritenuto che il tasso si poteva desumere dai canoni, anche se non riportato. Se posso parafrasare la sentenza a parole mie, la virgoletterei così: “i ctp sono stati in grado di determinare il tasso in via autonoma, dimostrando la perfetta determinabilità” questo è il motivo sottostante. Il “tasso” non poteva che essere determinato.
In realtà non è così banale come sembra.
Qualche giorno fa (rispetto al giorno di invio della newsletter) ho partecipato a un convegno in presenza come non mi capitava dai tempi prima del COVID.
Tra tutti gli argomenti si disquisiva anche di leasing. E tra i relatori c’era anche un giudice. Quando ha preso parola – prima del suo intervento – ha ammesso di non aver mai trattato leasing, prima di allora. Ne capiva poco, disse.
Però, continuava nel suo “speech”, se il leasing finanziario fornisce il prezzo del bene sottostante e l’importo dei canoni costanti, tutti gli elementi essenziali del contratto sussistono. Del resto, a suo viso, il leasing è come una vendita a rate. Una volta stabilita la rata, la determinatezza è salva.
Ora, il discorso può anche sembrarti lineare. Fossi un profano della materia, forse sarei pure d’accordo con lui.
Da commercialista e tecnico quale sono, però, il ragionamento mi sembra zoppo. Quel che non viene compreso è la necessaria impostazione di stampo matematico che sta a monte di quella rata.
Se tu sei un giurista, stai bene a sentire.
Se il leasing è il traslativo, il canone costante non riflette un prezzo di mercato delle locazioni. C’è una precisa formula di equivalenza finanziaria a monte del processo di quantificazione
… costo del bene al lordo (di solito) delle tasse
… regime finanziario (capitalizzazione semplice o composta?)
… tasso interno di attualizzazione
… numero di canoni
… prezzo di opzione di acquisto
Senza questi elementi, il canone costante non lo determini, a meno che non lo stabilisci tu a caso.
>> scarica la mia guida e-book per apprendere il meccanismo <<
Ma c’è di più.
Per come la penso io, da buon appassionato, il tasso interno di attualizzazione dev’essere stabilito prima. Non ex post.
Mi spiego.
Sempre il giudice relatore, sosteneva che puoi ricavare il tasso di leasing una volta che hai tutti i canoni costanti ed i flussi di pagamento attesi (dunque, ex post)
E quindi, che non era essenziale determinarlo in contratto,
Se fosse così, allora non può che esser giusta la sentenza che ti ho descritto all’inizio. Ti torna?
Lì il tasso leasing non c’era – essendo un contratto ante Delibera CICR del 04/03/2003.
O forse no.
Checché se ne dica. Il leasing traslativo ha una natura finanziaria. Un’alternativa al mutuo “classico”, seppur con caratteristiche giuridiche molto diverse.
Ma la causa è “finanziaria”, inutile girarci intorno.
Sennò perché la Banca d’Italia lo inserisce tra le “categorie di credito” rilevanti ai fini dell’usura?
Se non si trattasse di “credito”, non ci sarebbe alcun sospetto che possa far incorrere nell’usura (fenomeno ormai ridotto in brandelli dalle Sezioni Unite…).
Quindi il tasso di interesse (pardon, “interno di attualizzazione”) conta. E non come ricavabile ex post. Dev’essere stabilito per iscritto sul contratto.
Anche perché diciamoci la verità.
Se la causa è finanziaria, il costo del bene finanziato dalla società di leasing frutta interessi, giustamente. E sono più che legittimi. Ma se non sono descritti, penso, non posso che ricondurmi all’art. 1284 CC.
O anche all’art. 117 TUB. Sappiamo bene entrambi che il comma 4 impone la pattuizione scritta del tasso di interesse e di ogni altro prezzo. Sappiamo anche che il comma 8 prevede la nullità dei contratti difformi. Difformi da quelli che dovrebbero avere un contenuto tipico determinato da Banca D’italia.
Come il leasing finanziario, appunto.
Il tasso interno di attualizzazione viene rammentato per la prima volta dalla Delibera CICR del 04/03/2003, come ti dicevo. Per i leasing avrebbe dovuto essere indicato al posto del tasso di interesse. Questo vale a partire dall’01/10/2003.
Ma prima? Bastava il canone e la società di leasing era apposto? Aveva indicato tutte le condizioni del contratto?
Da oltre 10 anni difendo utenti bancari. Tendo l’occhio su ogni aspetto che possa favorirlo. Il fatto che il leasing finanziario sia una tipologia impiantata dal mondo anglosassone (tipo i derivati) non significa che bisogna accettare le condizioni con cui viene regolato in quei paesi.
Noi abbiamo le nostre regole, o sbaglio?
La Banca d’Italia lo schiaffa tra le “categorie di credito” (vedi L. 108/96).
Ecco perché, per me umile professionista, il 117 TUB viene avanti a tutto e, prima ancora, il 1284 CC.
Devo sapere quale tasso “interno” la banca ha utilizzato per generare il canone (e il piano di ammortamento che mai viene allegato al contratto). Devo sapere anche quale regime finanziario è stato utilizzato per quel dannato calcolo.
Il primo giudice ha sposato la Delibera CICR – abbiamo perso il primo grado. Guarda caso, però, senza condannare la cliente al pagamento delle spese legali.
Il secondo, invece, ha dato ragione.
Entrambi i contratti erano anteriori al 01/10/2003 (entrata in vigore della Delibera). Entrambi non riportavano misure di tasso di interesse (o interno di attualizzazione, chiamalo come ti pare).
Solo il secondo ha beneficiato del tasso sostitutivo ex art. 117 TUB.
Volgo allora la domanda a te.
Quale dei due giudici ci ha azzeccato?
Fammelo sapere.
Un abbraccio
p.s.
Se vuoi ricevere gratuitamente ogni settimana la newsletter (come questa) direttamente nella casella di post …