Sai perché penso che il fido non passa mai di moda?
Sarà per le ultime bombe della giurisprudenza ma sono sempre più convinto che, checché se ne dica, ci sono ancora molti conti correnti in giro affidati da decenni che aspettano solo di essere analizzati.
Non sono certo nessuno per dirlo, se non un umile appassionato di contesa bancaria che si sporca le mani dall’ormai lontano 2011. All’epoca parlare di “contesa” significava solo conti correnti. Poi il mondo si è evoluto, naturalmente. Te ne sarai accorto.
Però un’idea me la sono fatta.
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Ora possiamo tornare a noi.
E’ un periodo caldo per la “nostra” contesa.
Gli argomenti più pesanti del momento orbitano intorno ai nostri cari mutui, al modello matematico con cui sono costruiti e alla parabola dell’Euribor.
Tutto molto scopiettante.
Non solo. A ben vedere, c’è stata una grande esplosione anche nella nicchia delle cartolarizzazioni, soprattutto su quale soggetto è davvero legittimato ad agire e recuperare il credito in via giudiziale.
Vogliamo parlare della legittimità dei servicer o sub-servicer?
Iscritti o non iscritti all’albo 106 TUB?
Saneranno l’omessa iscrizione a breve?
Tutto molto interessante e da approfondire.
Ma …
Lascia però che ti dica una cosa.
Nonostante tutto questo ci sono storie che non passano mai di moda anche se hanno il sapore di “antico”.
Lo sono senz’altro le aperture di credito regolate in conto corrente. In gran voga negli ultimi 25 anni ma sempre in gran spolvero tutt’oggi.
Checché se ne dica, non sono per nulla da mettere in ghiacciaia. Anzi, la giurisprudenza sta offrendo ulteriori interpretazioni che non possono che farle bene.
Qualche settimana fa ho pubblicato un post che parlava proprio su come dimostrare un fido nel 2024 – ispirato dalla “bordata” della Cassazione n. 34997/2023 – confermando alcuni criteri che già erano riportati in un mio post dell’anno precedente.
Altra Cassazione, altra “bordata”, a favore del correntista.
E’ la n. 2338/2024.
Non starò qui a raccontartela per filo e per segno. Perché mi basta che tu ti soffermi su un unico punto per me dannatamente importante.
… l’esistenza del fido in conto corrente non si dimostra (solo) con un contratto di credito
… se non c’è il contratto di fido, puoi dire che il fido c’è ma che le sue condizioni non sono state regolamentate per iscritto – andando a reclamare l’applicazione del tasso d’interesse ex art. 117 TUB sulle somme affidate utilizzate
… non può dire la banca che il fido non esiste o, peggio, che è nullo. Tu correntista sei protetto dalla nullità di protezione (art. 127 c. 2 TUB) – solo tu puoi invocare una nullià che ti sfavorisce. Nessun altro può farlo, né la banca, né il tribunale.
Tienilo bene in mente.
Dunque, devi mantenere ben salda una cassetta degli attrezzi pronta per ogni evenienza.
Dimostrare l’esistenza e il limite del fido può sembrare complesso ma ti assicuro che non lo è poi così tanto.
Ecco qualche trucchetto che sicuramente saprai ma che è bene ripeterselo, di tanto in tanto.
Estratti scalari
Guarda bene gli interessi calcolati dalla banca e liquidati ogni volta.
Se ci sono tassi d’interesse differenziati alla stessa data di decorrenza e su quote distinte di saldo, allora stai sicuro che un affidamento c’è.
Devi solo “impanicarti” per capire e stabilire il limite
Commissioni di affidamento
Se il rapporto è successivo al III trimestre 2009, noterai senz’altro l’addebito della “CDF” ad ogni trimestre. Essendo applicata in % sul fido accordato, non ti sarà difficile compiere lo sforzo matematico di calcolare CDF : % x 100 per determinare quanto è il fido in quel momento.
Commissioni di Massimo Scoperto
Per il periodo temporale anteriore al III trimestre 2009 non troverai commissioni di affidamento su cui individuare la % a rovescio. Quasi sicuramente, però, ritroverai le dannate commissioni di massimo scoperto.
Uno degli oneri “cult” a cavallo del millennio. (Quasi) sempre addebitato sulla massima esposizione debitoria raggiunta dalla correntista in un trimestre seppur in assenza di accordo scritto. Per la “cms”, infatti, non c’è mai stata una disciplina di legge.
E’ sempre stata inserita nei contratti come semplice “aliquota” – senza un concreto meccanismo di calcolo a lato da rendere edotto al cliente. Ti ricorda qualcosa?
Però qui non voglio parlarti di nullità per indeterminatezza ma del fatto che molto spesso l’aliquota di “cms” veniva sdoppiata in base alla quota di indebitamento massima raggiunta.
Hai capito bene dove voglio arrivare …
… una certa aliquota applicata sulla quota “fido” – la prima delle due o la più bassa
… una cert’altra (o la stessa) applicata sulla quota “extra fido”
Se così fosse, il primo limite è quasi senza dubbio il valore del fido in quel momento.
Centrale dei Rischi
Ma ecco la mia preferita. La Centrale dei rischi.
Estrarla è un tuo dovere da cliente/consulente. Per il tempo più esteso possibile, fino all’origine del rapporto più vecchio.
Da qualche parte sul blog ti avevo già spiegato come fare. A questo link trovi tutte le istruzioni del caso.
Il fatto è che in centrale dei rischi trovi tutti i limiti di fido concessi dalla banca nel tempo, per categoria di rischio.
Quello che più ti interessa è il “rischio a revoca” – le aperture di credito in conto corrente.
Fino alla metà del 2008 il limite censibile era di minimo 75.000 Euro (quelli più bassi non è detto che tu li legga). Dopo, è sceso a 35.000 Euro.
In poche parole, la Centrale Rischi è un forziere adornato da tutti gli altri indizi e prove che ti ho elencato sopra.
Sta a te trovarci dentro il tesoro e ostenta in faccia alla controparte alla prima eccezione di prescrizione ed ogni qualvolta ti dirà in modo falso che l’unico modo per dire che il fido c’è è il contratto di credito.
Unisci tutti i puntini e troverai la quadra.
Buona ricerca
Alla prossima.
p.s.
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