In questo post scoprirai esattamente come azionare un leasing. Un contratto di leasing, ovviamente.
Intrattieni uno più leasing con la tua azienda e muri dalla voglia di sapere cosa farne?
Sparati d’un fiato questo racconto. Un format che sto sperimentando, come potrai leggere in fondo. Se vuoi leggere gli altri, cerca sul blog tutti i post con immagine la “macchina da scrivere”.
Buona lettura!
(inizio)
Erano le 8:00 in punto. John aveva parcheggiato la sua Porsche nel parcheggio accanto al capannone come ogni mattina. Era sempre il primo ad arrivare. Adorava il gusto dell’alba. Ogni mattina si alzava prima di tutti in casa, mai dopo le 5. La calma mattutina era sempre stata fonte di grande ispirazione e garantiva sempre delle belle pensate. Dopo alcuni momenti di riflessione, usciva per una corsetta o per una camminata.
Era già successo in passato, soprattutto quando si trattava di affari e investimenti. John era un maniaco degli investimenti. La sua “ditta” contava 40 dipendenti ma lavorava come se ne avesse 80, grazie ai massicci investimenti fatti nel corso degli anni. Impianto su impianto. Macchinario su macchinario. E sì, anche immobile su immobile. Perché la produzione si fa nei magazzini e nei capannoni, prima di tutto. Ed i suoi erano all’avanguardia.
Da qualche mattina, John era stranamente in apprensione. Aveva letto di alcuni articoli che parlavano di possibili difetti intrinsechi nei contratti di leasing, che ne turbavano la trasparenza e la “determinatezza”. Interessante, non ci aveva mai pensato.
“sono 15 anni che pago canoni di leasing mese dopo mese. ho sempre onorato i miei impegni. possibile ci fosse qualcosa fuori posto?”
Due post avevo incuriosito la sua attenzione. Il primo parlava di tasso interno di attualizzazione – tratto caratteristico dei leasing rispetto ai mutui “classici” – il secondo si soffermava invece su difetti nascosti nelle clausole di indicizzazione.
In effetti, era una bella coincidenza. “Tutti i leasing che ho sottoscritto prevedevano sempre una clausola di indicizzazione”, pensava. “Gli ultimi tempi me lo hanno ricordato bene. Da quando il maledetto Euribor 3m ha ripreso a cavalcare dopo anni di stagnazione sotto lo zero, i canoni si sono impennati del 30%”.
Tutti i macchinari, le attrezzature ed i capannoni gli aveva acquisiti tramite specifici leasing finanziari. Aveva sempre preferito, o quanto meno, così consigliava il suo commercialista. I vantaggi fiscali immediati – deduzione canoni, IVA, ecc. – lo avevano sempre convinto.
Però l’impennata della spesa gli aveva acceso una lampadina tale parlarne apertamente col suo commercialista, che si limitò con un <<che vuoi, sono incrementati i tassi di interesse. L’indicizzazione è correlata al tasso interbancario. Vedrai che si stabilizzerà, una volta superato il picco. Ti ci abituerai>>.
Il caso ha voluto che navigando su LinkedIn si imbattesse in un post diffuso che parlava proprio di leasing e di clausola di indicizzazione. Ci aveva cliccato senza pensarci troppo.
“Diamine, non è il solito articolo accademico che usa paroloni incomprensibili per noi ‘comuni mortali’. Questo tipo ‘parla’ come mangia”
Non si limitò a questo. Dette fiducia al “blogger” che era prima di tutto un commercialista che bazzicava da anni nel settore del contenzioso bancario e si iscrisse alla sua NEWSLETTER.
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Dopo molti Venerdì trascorsi a leggere le e-mail che puntualmente arrivavano si accorse anche che poteva approfondire alcuni aspetti critici dei leasing tramite una guida specifica che si chiamava “Leasing finanziario e capitalizzazione semplice: come (ri)costruire il piano di ammortamento”.
Altra lettura interessante che fece aprire gli occhi a John soprattutto su degli aspetti che aveva sempre dato per scontato. Grande errore, a quanto pare.
In effetti non si era mai interrogato sulla bontà di tutti quei canoni che pagava ogni mese da anni, con le indicizzazioni che facevano variare la spesa ogni volta senza avere ben chiaro il meccanismo di calcolo.
“Mi importa fino a un certo punto. Ho il lavoro a cui pensare, la mia fabbrica, i miei dipendenti e le mie commesse vanno avanti a tutto. Mi fido della società di leasing e non ho voglia di perder troppo tempo del fare calcoli matematici che non mi competono”
Questa era la corrente di pensiero degli ultimi anni, dopo ogni singola fattura ricevuta e pagata.
In quel momento, però, l’impennata della “spesa” aveva fatto tornare in mente che forse una verifica poteva essere salutare, quanto meno per capire se quanto pagava era giusto oppure no.
La ricerca non tardò molto ad arrivare ed ecco che si trovò di fronte ad articoli di blog, guide e newsletter. Tutti strumenti che avevano contaminato la sua modalità di pensiero e che avevano in certo senso tolto lui il paraocchi.
Al punto da buttarsi.
Il suo commercialista non dette troppa importanza alle sue perplessità. Ma John non si fermò. Prese il numero di telefono del professionista autore di tutti quegli articoli – che sembravano in effetti tratti dalla propria esperienza sul campo – e lo contattò, prendendo un appuntamento.
Il primo incontro non durò molto, ma fu perspicace.
Il professionista spiegò meglio la questione
… del tasso interno di attualizzazione
… dell’omessa indicazione del regime finanziario
… delle furbesche clausole di indicizzazione
Che aveva letto nei vari post.
Il primo era un vizio comune a molti contratti di leasing finanziario.
<< La normativa secondaria di Banca d’Italia impone di inserire il ‘tasso interno di attualizzazione’ al posto del tasso di interesse >>
<< Dalle analisi che ho condotto in questi anni, mi è capitato spesso di verificare la totale assenza del tasso interno di attualizzazione. O comunque una differenza con i valori riportati sul contratto. Spesso risulta più alto. Il che genera un vizio di indeterminatezza non da poco, che può costare la nullità del tasso di interesse con sostituzione del tasso sostitutivo ex art. 117 c. 8 TUB >>
<< Infatti il TUB prevede espressamente che particolari forme tipiche di contratti devono avere un contenuto tipico determinato. Quelli difformi dallo “schema” sono nulli.
Il contratto di leasing rientra in questo gruppo. Lo si legge nella circolare 229/1999 in cui la Banca D’Italia lo dice espressamente: non deve essere indicato il tasso di interesse, bensì il tasso interno di attualizzazione. La Banca D’Italia ha confermato questo non trascurabile dettaglio nelle Disposizioni di Trasparenza pubblicate nel 2009 >>.
L’imprenditore non è che ci avesse preso molto da quei ragionamenti un po’ contorti, a dire la verità. Lui aveva in mente solo il tasso di interesse, l’elemento che conta più di tutti secondo la sua cultura finanziaria. I contratti gli aveva sempre firmati solo se il tasso di interesse proposto dalla banca/società di leasing sembrava ragionevole. Se fissi, meglio.
Aveva sempre temuto i “variabili” perché poteva supervisionare come partivano ma non sapeva mai dove sarebbero andati a finire.
Proprio come accaduto nel 2006-2008 e nel 2015-2016.
Ricorda ancora quando un paio di banche proposero investimenti in prodotti derivati di tipo interest rate swap. All’epoca quasi tutti i suoi contratti erano a tasso variabile, ed erano in crescita, soprattutto nel 2008. John era solito redigere business plan assieme al suo direttore finanziario ogni 3 anni e di verificare gli scostamenti anno dopo anno per aggiustare i numeri, se necessario.
Il documento stilato nel 2008 si rivelò molto prudente – nella spesa per interessi, appunto. Il parametro Euribor aumentò in modo graduale ma vertiginoso, tanto che il rigo “oneri finanziari” a consuntivo era di oltre il 50% in più di quello preventivato.
Fu proprio in quei periodi che la banca di riferimento bussò alla porta.
<< Caro John, ho letto i tuoi bilanci per la revisione degli affidamenti e ho notato un preoccupante aumento degli oneri finanziari che ti hanno eroso i margini. Devi fare qualcosa per mitigare e ottimizzare il rischio>>.
John sedeva di fronte al perito mentre ricordava questa conversazione di ben 15/16 anni prima. Col senno di poi, è stato lungimirante.
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<< Sai, noi di banca teniamo molto al tuo lavoro, alla tua attività e ai tuoi dipendenti >> ricordava tra sé << Non possiamo permettere che ulteriori aumenti del costo del denaro possono mangiare ulteriore ricchezza nei prossimi anni. >>
<< Non capisco, che potrei fare? >> Rispose John, all’epoca piuttosto allarmato.
<< Abbiamo una soluzione da proporti per bloccare il tasso di interesse ad una certa soglia. In altre parole, ti proponiamo uno “scambio”. Noi ci assumiamo il rischio del tasso “variabile” dei tuoi finanziamenti; in cambio ti prendi un “fisso”, che concorderemo insieme. >>
Messa così, poteva sembrare allettante.
<< Con questo strumento “derivato” su tassi di interesse puoi coprirti dal rischio di incremento del tasso di interesse. Nessuno presta denaro, sia chiaro. La banca e la tua azienda si impegnano a scambiarsi dei pagamenti calcolati su un valore teorico che faremo coincidere con i piani di ammortamento residuali.
Questi pagamenti gli calcoleremo così:
- la quota a carico della banca applicando il tasso Euribor;
- la quota a carico dell’azienda applicando un tasso fisso che stabiliremo. >>
<< E io che ci guadagno? >>
<< Beh, sicurezza prima di tutto. Bloccheremo il tasso di interesse su tutti i finanziamenti sterilizzando gli effetti dell’Euribor – indipendentemente dall’andamento del tasso …
In altre parole, tu avrai un effetto congiunto tra finanziamenti e derivato pari a: Euribor + spread + tasso fisso – Euribor = spread + tasso fisso. >>
<< Però se i tassi di interesse per un motivo o per un altro si riducono, l’effetto svanisce. Ora, va bene che non sono un esperto di finanza ma leggo “Il Sole 24 Ore” quasi tutti i giorni. Seguo sempre le quotazioni di materie prime, di alcuni titoli e … anche dei tassi di interesse. L’Euribor 6m oggi è oltre il 5,50%. Dovesse aumentare ancora non so quanto l’economia potrà reggere. Per istinto, mi aspetterei una riduzione dei tassi piuttosto che un incremento e mi sentirei di lasciare le cose come stanno, senza avventurarmi in ulteriori prodotti finanziari che non conosco. >>
Questo ultimo pensiero gli salvò la vita, col senno di poi.
John non firmò quel derivato, e fece bene. A fine anno ci fu il crack di Lehman Brothers, il tracollo dei mercati e, poco dopo, politiche monetarie maledettamente ribassiste.
Avesse scommesso sul rialzo dei tassi di interesse avrebbe perso rovinosamente. Da quella volta, pensò, avrebbe pensato esclusivamente con la propria testa.
Sollevato di nuovo per aver aver fatto la mossa giusta molti anni prima, ripiombò la sua attenzione alla riunione col perito.
I derivati erano un passato ormai lontano. Il pensiero di adesso erano mutui, finanziamenti e leasing di cui si era circondato, sia per scopi di liquidità che per investimenti.
Ora che a distanza di anni, l’Euribor è tornato a correre, la spesa per interessi è letteralmente lievitata come quindici anni prima. Solo che adesso la crescita è stata ultrarapida e nessuno, per fortuna, ha proposto contratti derivati. “Forse perché ancora non sono programmati abbassamento dei tassi di interesse”, pensò.
Dopo aver letto tutti quegli articoli, John si pose il dubbio se potessero esserci dei meccanismi di calcolo “occulti” anche nei suoi, di contratti.
E il consulente evidentemente confermò.
Da una rapida disamina vide che il regime finanziario – base di calcolo di ciascun piano di ammortamento – non era indicato in nessuno dei documenti che gli aveva portato a “campione”.
Proprio in nessuno.
Questo significava una cosa soltanto.
<< La banca potrebbe aver applicato il regime composto senza dirglielo. Si tratta di una formula di calcolo che produce più interessi rispetto al regime semplice, a parità di tasso di interesse, scadenza e periodicità di pagamento. >>
<< So che la questione potrebbe sembrare più complessa di quella che è. Le consiglio di leggere QUESTA GUIDA dove spiego in pochi semplici passi come capire se un finanziamento nasconde un regime composto occulto. >>
Dopo 30’ il discorso si concluse.
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I due rimasero in parola che John avrebbe prodotto tutti i contratti che aveva archiviato, sia quelli pendenti che quelli estinti da meno di dieci anni (<< fossero viziati anch’essi, potremmo andare a chiedere direttamente l’indebito … >>).
Il perito si sarebbe preso qualche giorno di tempo per analizzare le clausole e ricostruire tutti i piani di ammortamento secondo le condizioni contrattuali o, eventualmente, quelle sostitutive.
In quel preciso momento storico, a John importava per lo più i leasing.
Senza ancora aver studiato i contratti, il consulente sospettava che nessun tasso interno di attualizzazione fosse davvero riportato su quei contratti. Al più avrebbe trovato un “tasso leasing”, ma probabilmente in misura “nominale” e non “effettiva”.
Sarebbe stato “il” vizio principale.
Subito dopo avrebbe indagato sul regime finanziario con cui la società di leasing aveva quantificato il canone periodico. Avrebbe scommesso che il tasso interno di attualizzazione di equilibrio di ogni operazione era non solo in “composta” ma bensì difforme e più alto rispetto a quello di “leasing” (forse) riportato sul contratto.
Senza l’indicazione del regime finanziario avrebbe dovuto verificare il tasso interno di attualizzazione calcolato secondo le formule in regime di capitalizzazione semplice. Che ovviamente sarebbe stato ancor più alto.
Quale era il tasso giusto?
Difficile a dirsi. Nella forma ci sarebbe stato solo un tasso di interesse, nella sostanza tre …
… quello indicato dalla società di leasing sul contratto, appunto;
… quello accertato in regime di capitalizzazione composta;
… e, sì, quello determinato secondo le leggi del regime di capitalizzazione semplice.
Tre tassi di interesse (interni di attualizzazione). Uno diverso dall’altro, ognuno che esprime il costo in percentuale al capitale prestato in modo diverso dall’altro.
John ripensò alle altre indicazioni che aveva suggerito il perito durante il primo incontro.
Le differenze rivelavano vizi di trasparenza del contratto di non poco conto.
La percezione del cliente è diversa in base al valore prospettato. Solo in base al regime finanziario utilizzato.
Il regime finanziario è un concetto poco capito in tribunale, rifletté il consulente proprio di fronte all’imprenditore. Si tratta di un tema talmente complicato e tecnico, oltre che sfumato, che i giuristi tendono a sottostimarne il potenziale effetto in ogni contratto. Sarà che nessuno di essi lo riporta. Sarà che il sistema bancario e finanziario ha abituato ad una proliferazione del regime composto dando per scontato che esistesse solo quello, tanto da renderlo un vero e proprio “uso”, una vera e propria “prassi” e “consuetudine”. Ma la questione è molto diversa.
<< Sa, sig. John >> disse durante l’incontro << quando ho studiato matematica finanziaria all’università, ogni manuale riportava la sola possibilità di costruire piani di ammortamento sviluppando il tasso di interesse in regime composto. Sembrava l’unica regola possibile. Solo molti anni dopo ho appreso che esistevano molte alternative. Come riporta un noto professore che ha divulgato negli ultimi anni molti retroscena, scenari e particolari del regime “semplice”, questo è “semplice” solo nel nome. In realtà è molto complicato da implementare. Non esiste un’unica formula per generare l’importo della rata costante. Ne esistono molte, in base all’istante temporale in cui vuoi determinare l’equivalenza dei flussi. Non voglio entrare nei meriti per non tediarla in questioni tecniche, ma le assicuro che sviluppare un piano di ammortamento in capitalizzazione semplice – oltre che per mostrare il costo effettivo di uno calcolato in regime composto – necessita molta “manualità”. Chi non ha mai maneggiato formule e ricostruzioni, non può comprendere a fondo. >>
<< I giuristi, infatti, spesso non comprendono l’impatto. Molte volte si basano sugli elementi “statitici” del contratto: tasso di interesse, importo della rata – o del canone, se si tratta di leasing – della periodicità di pagamenti e della scadenza finale. Sono tutti i pezzi di un motore da far funzionare in modo congiunto. Da soli non producono effetti. Ci vuole una formula specifica per farlo, e questa te la può dare solo il regime finanziario appunto. >>
Ciò si rifletteva sull’importo del canone, a suo dire. Nel senso che il canone del leasing – visto che John aveva sottoposto proprio quel tipo di contratto – rappresentava il risultato della formula utilizzata per mettere insieme quei pezzi visibili a tutti. Ciò che non è visibile, appunto, è il regime finanziario.
Senza l’indicazione, la banca/società di leasing ha pieno potere di utilizzare quello a suo piacimento facendo leva sull’ignoranza del cliente-debole.
Ma vi era di più.
<< Rispetto a i mutui “classici”, i leasing sono ancora più incerti, a mio modo di vedere. >> Mentre sfrecciava con la sua Porsche, John ripensava ancora ai punti salienti dell’incontro consumato poco prima. << Se lei prende in mano ogni contratto firmato, vedrà che non c’è mai un benedetto piano di ammortamento allegato. Noterà solo le “condizioni generali” e le “condizioni particolari”. Nelle prima leggerà per filo e per segno tutte le clausole con carattere davvero piccolo. Nelle “particolari”, invece, potrà individuare
… il maxi canone iniziale,
… l’importo del canone costante
… il prezzo di opzione di riscatto.
Nessun piano di ammortamento.
Eppure è un documento fondamentale, non solo per capire la suddivisione del rimborso – si tratta comunque di un prestito – tra quote di capitale ed interessi, ma anche per attuare la clausola di indicizzazione del canone. >>
In effetti i pagamenti che ho affrontato nel corso di tutti questi anni non corrispondevano mai agli importi letti nelle “condizioni particolari”, ricordò John. Tra il 2006 ed il 2008 erano molto più alti. Tra il 2015 ed il 2022, addirittura, ricevevo addirittura dei bonifici.
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Una delle clausole più contorte di un contratto di leasing, spiegò il perito, era proprio quella di indicizzazione. In pratica, consentiva all’intermediario di calcolare un conguaglio – di solito trimestrale o annuale – moltiplicando al debito residuo in linea capitale un importo pari alla differenza tra un parametro quotato (tipo Euribor) ed uno base fissato all’inizio.
John capì qualcosa leggendo questo post del blog. Ma non ne apprese appieno il significato. Non era una grande esperto di formule matematiche e mai avrebbe avuto voglia di mettersi a ricontrollare clausola per clausola. Del resto, lui era un imprenditore. Una volta fatto l’investimento, si concentrava sulla produzione e, semmai, sul pagarli, quei canoni.
Per il consulente, invece, era determinante a quanto pare. Si sforzò di ricordarsi il ragionamento, mentre ancora si trovava nel traffico, galvanizzato dal fatto di avere una chance di recuperare pagamenti ingiusti da poter reinvestire nella propria azienda in futuro.
<< Il primo aspetto della formula di indicizzazione è che necessita la conoscenza del debito residuo ad ogni scadenza. Altrimenti, come faccio, io cliente, a riscontrare la correttezza della voce “conguaglio per indicizzazione” sotto il valore del canone periodico? Poniamo il caso che le interessi controllare quel valore “extra”.
E’ sufficiente spulciare l’appendice con la formula di conguaglio e, dopo, i termini che le servono per fare il calcolo. In tutta onestà, non le riesce. Manca (quasi) sempre un elemento del contratto che mai come ora si dimostra come essenziale: il piano di ammortamento con l’indicazione del debito residuo ad ogni scadenza. Necessario per il controllo della spesa. Senza di esso, il leasing cela un costo non conoscibile a priori dal cliente – che, ribadiamo, non è un esperto né di finanza né, tantomeno, di matematica. >>
In effetti, John si sentiva ridicolo di fronte a quelle parole, ma in effetti era vero. Non ci capiva nulla. E come lui, chissà quanti altri “colleghi” imprenditori…
<< Il secondo aspetto rilevante della clausola di indicizzazione è il valore del cosiddetto “parametro base”. Quello a cui viene confrontato il parametro indicizzato volta volta e la cui somma, positiva o negativa, per il cliente, viene giust’appunto moltiplicata al debito residuo per calcolare il “conguaglio”. Il valore del parametro base è davvero importante, non trova?
Ecco le criticità che ho riscontrato più spesso.
Tra tutte, la fissazione di un “parametro base” più basso rispetto alla quotazione rilevabile al momento della stipula. In tal caso, l’intermediario si è assicurato a sua insaputa un vantaggio calcolato come in questo esempio banale. Se l’Euribor all’atto fosse 1,00% e il parametro base fosse indicato come 0,90% (anziché 1,00% appunto), ecco che l’intermediario si è assicurato fin da subito un vantaggio dello 0,10% (da inserire nella formula, ovvio).
Questo comporta due effetti immediati.
- Il primo canone indicizzato diverge da quello concordato fin da subito. Ne rimarrai sorpreso, ma era prevedibile. L’ho visto fare nei periodi in cui le quotazioni Euribor erano “sottozero”. Gli intermediari inserivano come parametro di riferimento lo “zero”, lucrandoci lo spread rispetto al valore di mercato: molti miei clienti se ne sono accorti grazie ai pagamenti più alti rispetto a quelli concordati.
- Il tasso interno di attualizzazione, oltre a quanto ci siamo detti all’inizio su tutte le possibili opzioni se manca il regime finanziario, differisce ancora di più rispetto al “tasso leasing”.
Il corollario è che, fin da subito, il corrispettivo totale – dato per convenzione dalla somma del maxi canone iniziale e dei canoni periodici esclusa l’opzione di riscatto finale – diverge da quello indicato.
In questi casi, l’indeterminatezza del prezzo del contratto si taglia a fette. >>
L’immagine del coltello concluse quel sintetico ma esaustivo ragionamento.
<< E’ sempre bene controllare la clausola di indicizzazione, il parametro base ed il piano di ammortamento del leasing, se c’è – prima di ogni altra cosa. >>
Dopo che si erano salutati, John era convinto del successivo step: farsi sotto.
In una semplice seduta aveva ben compreso i passi successivi da fare per poter mettere a disposizione del consulente tutta la documentazione necessaria per scandagliare le decine di contratti di leasing che aveva gestito negli ultimi 15 anni. In pratica da quando aveva iniziato ad investire in modo massiccio in macchinari e immobili industriali.
Non si era appuntato nulla, semplicemente perché ricordava tutto. Come lesse in qualche libro del blogger americano Tim Ferris – forse era “Tool Of Titans” – la roba “cazzuta ti rimane dentro”. In effetti, così era in quel momento. Per sicurezza, però, ripeteva tutto nella mente più e più volte, come se fosse un “mantra”.
Prima di tutto, pensò, vado in archivio ed estraggo tutti i contratti di leasing con le proprie condizioni generali e particolari, pensò. Guardo, inoltre, se ci trovo pure i piani di ammortamento – ma ne dubito.
Poi, estrapolo tutti i pagamenti fatti. Non sarà difficile, visto che posso estrapolare dagli archivi le varie fatture dei canoni di leasing, comprensivi degli addebiti “extra delle indicizzazioni”.
Tutto questo basta per…
… verificare i vari istituti hanno quantificato i canoni impiegando il tasso leasing in regime di capitalizzazione semplice o composta
… accertare la misura del tasso interno di attualizzazione (quella vera e reale)
… ricostruire il piano di ammortamento fin dall’inizio in regime semplice, in mancanza di pattuizione di uno diverso e più oneroso
… stornare le indicizzazioni passive qualora queste avessero alterato il costo in maniera occulta fin dall’inizio.
Ecco tutto. Aveva fatto un buon lavoro di memoria.
Ma era solo il primo passaggio.
Col senno di poi, a distanza di anni, sarebbe stato grato. Proprio come quel giorno che entrò su quel blog. Quel giorno fu soltanto l’incipit.
(fine)
STRUMENTI UTILI e nota dell’autore
Caro lettore, questo è il terzo articolo in formato racconto che pubblico. Potrebbe sembrarti insolito, e lo è, sono sincero.
Lascia però che ti dia una dritta che giustifica tutto questo.
Alcune questioni di contesa sono talmente complesse che l’unico modo che mi pare giusto adottare per rendere più chiari e fluidi alcuni concetti altrimenti preclusi ai non addetti al settore, è quello di trasferirli attraverso storie.
A chi non piacciono le storie?
Le abbiamo nel DNA fin dai tempi antichi in cui gli uomini di tribù se le raccontavano intorno al fuoco.
I contenuti non sono inventati, ogni sfondo è tratto da esperienze personali di vita professionale vissuta.
Spero ti piaccia.
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