Quale è il vero danno quando si parla di sofferenza in Centrale Dei Rischi?
O meglio, c’è un modo univoco – o un ELEMENTO COMUNE DA CUI PARTIRE – per quantificare il danno da illegittima segnalazione in Centrale Rischi?
Mi spiace illuderti, ma direi di no.
Purtroppo, aggiungerei.
O, meglio, forse qualcosa c’è – sotto sotto.
Ma lascia che ti spieghi e continua a leggere.
L’altro ieri ho avuto il piacere di leggere una sentenza-pilota del Tribunale di Prato che condannava la banca a pagare qualche decina di migliaia di Euro ad una società.
La banca aveva segnalato la società a “sofferenza” – in maniera del tutto illegittima secondo il tribunale. Mancavano i presupposti per equiparare l’azienda ad uno stato di insolvenza (come vorrebbe la Circolare 139/91).
Tutto bene quel che finisce bene?
Nossignore.
Dal fatto “pregiudizievole” al “lieto fine” sono passati anni.
La banca aveva segnalato a “sofferenza”. L’azienda è dovuta correre ai ripari per tappare i buchi creati dai fidi che gli altri istituti hanno creduto bene di revocare da lì a poco.
Una brutta storia, per l’imprenditore, altroché.
E non è certo l’unico caso nella nostra beneamata nazione.
Se ti è già capitato, sai di cosa parlo.
Fortunatamente, l’azienda ha assorbito il colpo – ci sono voluti molti anni per recuperare il terreno perso in termini di fatturato, ma pensa che adesso il fatturato è incredibilmente lievitato.
Dove sta qui la situazione equiparabile all’insolvenza? Dove sta la crisi?
“crisi ‘na cippa” mi verrebbe da dire.
Certo, i tre/quattro anni successivi alla “segnalazione” sono stati destabilizzanti. Le perdite di fatturato (poi ripresi) e margini (ripresi anche questi) ci sono stati veramente – a causa della “sofferenza” (illegittima).
Poi fortunatamente il “gap” è stato colmato (pure con gli interessi).
Ma lascia che ti riporti il pensiero “principe” che aleggia nella mente di ogni imprenditore e che tiene a condividere con me ogni volta che è preso da questi momenti maledettamente stressanti.
“tirami fuori un valore … nel modo più imparziale possibile” .
Sarò franco e diretto.
Una segnalazione a sofferenza non legittima ha tutte le carte in regola per essere fatale all’azienda.
Ogni volta spero che quando il danno sarà davvero quantificato da un CTU, non sarà troppo tardi.
In questa guida troverai tutti i dettagli su come opero. Quando si tratta di azienda, credo molto nell’utilizzo e nell’abbinamento di tecniche di “valutazione d’azienda”.
Ma permettimi di porti la domanda da un milione di dollari che traduce il pensiero dell’imprenditore danneggiato …
… come si misura l’impatto della revoca improvvisa dei fidi sul valore d’impresa?
Potrò senz’altro sbagliarmi ma…
… personalmente non credo molto nella “semplice” perdita di fatturato o nell’importo del fido revocato – come si potrebbe banalmente pensare intuitivamente (io stesso lo pensavo, lo ammetto).
Parto sempre da un presupposto.
Se l’azienda non è classificabile a “sofferenza”, significa che ha i ancora i fondamentali per reggersi in piedi senza per forza cadere.
Inutile però prendersi in giro.
La revoca dei fidi è senz’altro uno “scossone”, se ti servono per mantenere snello e “unto” il ciclo operativo.
Quel che devi fare – se sei tu l’imprenditore – è saper gestire la tua barca nella tempesta e dirigerla dove il mare è calmo.
Se la barca non fa acqua, puoi reggere.
Io credo che il danno si distribuisca qui: nel percorso insidioso che sta tra l’inizio della burrasca e la sua fine. In quel tragitto, la barca perde velocità, si infrange nei flutti, si rovina in alcuni punti. Ma non affonda – se ha i fondamentali (di cui non starò a parlare qui).
Se affonda, la barca aveva danni già da prima – e allora la “sofferenza” ci sta (se la banca ha fatto le dovute valutazione). Se mi rendo conto che non affonda, cerco di identificare il danno con la “velocità” persa, il rallentamento dovuto alla burrasca, e con i costi necessari per rimetterla in sesto.
Ok, ok, forse mi sono perso nei meandri romanzeschi della vicenda.
Cerco di tradurti tutto questo in termini più “aziendalistici” – condividendo alcuni spunti del mio modo di operare.
Il mio primo step è sempre quello di valutare la perdita di marginalità dell’azienda dal momento della segnalazione a sofferenza (la tempesta).
A quanto ammontano gli affidamenti persi a causa della sofferenza?
Quale impatto hanno sul Capitale Investito Netto (CIN) che va a ridursi per il non più possibile utilizzo del monte “fidi”?
A quanto ammonta il margine operativo netto (EBIT) non più perseguibile dall’azienda a causa della “sofferenza”?
E l’utile?
Ti conviene pesare anche il numero di anni in cui la sofferenza ha rilasciato i suoi effetti negativi sull’operatività fisiologica.
Per quanto mi riguarda, non estendo il periodo a più di 36-60 mesi.
Dopodiché…
… attualizzo il differenziale di ogni anno al tasso di interesse che sconti anche il rischio di impresa.
Un po’ come ti ho indicato QUI.
Sai, la valutazione del danno è dannatamente soggettiva.
Inutile nasconderlo e fare i fenomeni (infatti non dico che il mio criterio sia corretto…)
Ci sono enormi falle nel sistema.
Possibile che non ci sia un vademecum oggettivamente perseguibile da ognuno di noi?
Certo, penserai giustamente che ogni caso è a sé, e che le dinamiche imprenditoriali sono talmente ampie da rendere ogni situazione “unica”.
Lascia però che te lo dica.
Lo stesso caso trattato dal Tribunale ha avuto tre valutazioni distinte. Da tre professionisti distinti.
Il “range” va…
… da poche decine di migliaia di Euro
… fino ad una manciata di milioni… di Euro.
Ed è maledettamente ampio.
Capisci allora che è un bel problema per la giustizia.
E’ vero che devi essere tu a provare la quantificazione del danno. Ma se hai davvero “faticato” per provarlo con perizie e controperizie, è difficile far digerire al cliente questa “voragine”.
Chi ha sbagliato?
Forse nessuno.
Serve un vademecum
Il mio personale ha senso solo se l’azienda …
… è commerciale/industriale (per intendersi, non una immobiliare “pura” o una “holding” di partecipazioni)
… non versa effettivamente in stato di crisi conclamata o insolvenza al momento della sofferenza (perché altrimenti sarebbe stata legittima)
In casi differenti, ti consiglio di cambiare completamente il “format”.
Qualche mese fa mi è stato sottoposto un caso di valutazione del danno da illegittima segnalazione del tutto diverso.
In questo caso, la segnalazione è partita dopo pochi anni che l’imprenditore aveva acquisito – tramite società appositamente costituita – un ramo d’azienda. Si parlava di attrezzature, beni, pacchetto clienti, avviamento per qualche milione di Euro.
La segnalazione ha compromesso l’intero investimento.
Vale dunque l’impostazione che ti ho elencato sopra?
NI
Se hai sotto mano un piano industriale a 3-5 anni probabilmente hai una pezza d’appoggio per capire a quanto ammonta la marginalità perduta.
Però pensa anche ai milioni di Euro investiti dall’imprenditore appena due anni prima. Dopo la segnalazione quel valore è praticamente perso per l’intero – quanto meno per la parte relativa all’avviamento acquistato.
Studiare la perdita di marginalità allora ha davvero poco senso.
Caso diverso richiede una impostazione diversa.
Il fattore comune è uno solo.
La valutazione d’azienda. Questo è il collante da cui dovresti sempre partire.
p.s.
Il post non da’ certo una soluzione, me ne rendo conto. Mi piacerebbe sapere cosa ne pensi. Non esitare a compilare il form in calce alla pagina per descrivere la tua opinione
p.p.s.
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