L’annosa questione dei mutui…perché?
‘sti mutui sono diventati davvero una “palla”.
Non fraintendermi, non sto dicendo che è una “palla” analizzarli o contestarli, piuttosto nell’immaginarli.
Pensaci un attimo…
Quando mi dico “mutuo”, l’attenzione va sempre sul modello alla francese. La rata costante è l’elemento fondante. In pochi, però, badano al regime finanziario impiegato per determinarlo.
Tu sai bene oramai che questo può essere o “semplice”, o “composto”. E che l’uno o l’altro genera differenze non da poco. Più lunga è la scadenza, più frequenti sono i pagamenti, maggiore è il TAN…
… maggiore è il differenziale prodotto dai due regimi.
Tempo addietro mi ero “scomposto” di fronte ad alcune conclusioni lette in alcune sentenze.
“sebbene il regime finanziario non è indicato in contratto, il piano di ammortamento consente al mutuatario di desumere il meccanismo sottostante … il ‘prezzo’ ed il ‘tasso d’interesse’ non possono essere indeterminati”
Ora, le parole scritte non erano esattamente queste. Ammetto di averle enfatizzate un pochino (lo so, sono di “parte”). Però ci siamo capiti. In tale occasione, scrissi in una newsletter che “cliente non è un ctp”. Ero parecchio “scocciato”, come direbbe mia moglie.
Adesso, però, ne ho effettivamente la conferma – reale.
Ti spiego.
Ho letto due recenti sentenze che letteralmente mi han fatto gioire perché, di fatto, hanno smentito l’ultimo passaggio “svirgolettato” e “sottolineato”.
In un caso si parla di mutuo a tasso variabile con tanto di piano di ammortamento allegato. E proprio di questo vorrei parlarti (l’altra è specifica per un consumatore – te ne parlerò in una prossima lettera).
Per fartela breve, il giudice ha dichiarato il il piano di ammortamento ed il tasso di interesse indeterminati perché
… il regime finanziario non era stato determinato in contratto;
… (bada bene) il tasso annuo effettivo non è stato indicato ai sensi dell’art. 6 Delibera CICR 09/02/2000 (se il regime fosse stato quello “composto”, avrebbe dovuto esserlo).
Tali indicazioni (omesse) rendono di fatto indeterminato a priori il prezzo del credito, non fornendo al cliente la formula né il metodo per ricavare ogni volta la quota interesse.
Ma non solo.
Considerando che il tasso d’interesse era variabile nel caso trattato, l’incertezza di quanto avrebbe “speso” è stata – ad avviso del GI – letteralmente “esplosa”.
In assenza di specificazione del regime di capitalizzazione degli interessi, il mutuatario non era in grado di ricostruire la corretta rideterminazione degli interessi nel corso del rapporto – sempre suscettibile di modifiche automatiche al variare del parametro sottostante (Euribor).
Capisci che quando ti trovi di fronte un contratto del genere puoi premere in fondo l’acceleratore.
In altre parole, puoi proporre un ricalcolo del mutuo in regime di capitalizzazione semplice – come già ripetuto in altre occasioni.
Ti consiglio però di stare sempre prudente.
Prima di accelerare di conviene “dimostrare”.
“dimostrare che?”
Bè, ad esempio che
… due diverse rate (o tre addirittura) possono essere costruite applicando le stesse condizioni economiche … ma con regimi diversi.
… due diversi tassi d’interesse (apparente “indicato” VS effettivo applicato) coesistono ingiustificatamente (quale è quello giusto?) all’interno del contratto.
Perché ingiustificatamente?
Sai, senza un regime finanziario indicato do per scontato che quello da applicare sia il “semplice” – rispettoso (secondo giurisprudenza e dottrina più attenta) dell’art. 821 CC.
Anche perché, se manca il “TAE” con gli effetti della capitalizzazione composta (vedi art. 6 Delibera CICR 09/02/2000), come faccio a dar cittadinanza al “composto”?
Lascia che te lo dica.
Dimostra, prima a te stesso e poi al prossimo, a quanto ammonta il tasso effettivo in capitalizzazione composta e, altrettanto, in capitalizzazione semplice.
Fai vedere che differenza c’è tra l’uno e l’altro.
A quel punto passa allo step successivo.
Come quantifichi il maggior costo prodotto dal regime composto non pattuito?
Nelle perizie tecniche cerco essere il più ligio possibile e di non lasciar scappare nulla – e di non lasciare nulla al caso.
In un prospetto specifico riporto la differenza tra rata calcolata impiegando il TAN iniziale in regime “composto” (che sarà più alta) e quella impiegandolo in regime “semplice”. Poi moltiplico per il numero di rate totali… e mi illumino.
Per essere ancor più incisivo, rapporto l’ “in più” calcolato al capitale iniziale – a ‘mo di commissione occulta (ti dicono nulla i derivati IRS?)
Se non è un “prezzo” privo di giustificazione (e quindi nullo), cosa altro potrebbe essere?
Fatto questo, passo alla “rettifica” vera e propria di ciò che in quel mutuo non ci può stare
Espungo tale onere formulando due ipotesi di calcolo alternative, ossia con:
- Regime di capitalizzazione semplice con tasso sostitutivo ex art. 117 c. 7 TUB
- Regime di capitalizzazione semplice con tasso d’interesse convenzionale.
Per ogni casistica, detraggo i pagamenti effettuati (ciascuno alla sua data) generando un “estratto conto del mutuo” fino all’ultima data utile. Di solito, ottengo
… un “credito” per eccedenze pagate
… un debito residuo in linea capitale ridotto.
Trovi tutto nella guida specifica (e pratica) che ho perfezionato nel tempo.
Un’interessante conferma di questo procedimento l’ho potuta leggere palpitante in una recente CDA di Perugia – se non l’avessi notata, rispondimi alla mail e chiedimela (è la n. 358/2023)
In questo caso, la scelta della “corte” è stata la “2” – ritenendo comunque corretto lasciar “intatto” il tasso d’interesse iniziale.
Segnale comunque incoraggiante in vista dello scioglimento dell’altra “corte”, quella “suprema”.
Un abbraccio ????
Tommaso