Quando la prova della cessione del credito da parte di una cessionaria è (il)legittima?
In questo post troverai spunti dannatamente interessanti per tutto ciò che riguarda il tema delle “cessioni in blocco”. In particolare, su quali elementi ti puoi soffermare per accertarti che una “cartolarizzazione” (fidati, non è un parolone) sia regolare o meno.
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Sei sei un assiduo lettore del mio blog avrai capito che non mi interessa darti solo pillole informative, ma vere e proprie mini-guide da cui puoi estrapolare spunti tratti direttamente dalla mia esperienza.
La mia è un condivisione gratuita ma, se ci pensi, di immenso valore.
Diciamoci la verità.
Quando mi sono appassionato di contenzioso bancario nell’ormai lontano 2011 – ero appena entrato all’Università – avrei pagato oro per leggere post approfonditi ed articoli sulla materia.
Salvo mia ignoranza (e non lo escludo) non ne conoscevo, a parte i siti che si limitavano a pubblicare, commentare ed approfondire sentenze.
I miei “maestri” sono stati i testi “sacri” del Codice Civile, del Testo Unico Bancario e, sì, tanta tanta giurisprudenza. E, certamente, alcuni libri di testo.
Il principale campo di “combattimento” era dato naturalmente dai conti correnti ed aperture di credito.
Oggi sul blog puoi trovare diversi post sul punto. Per non farti perdere troppo tempo in ricerche, te li cito direttamente. Non ti resta che cliccare su ognuno per atterrare direttamente sull’articolo. Ti prego, però, di aprirli cliccando il tasto destro del mouse in opzione “apri link in un’altra scheda” e di leggerli una volta completato questo.
Ti ho parlato di:
- rimesse solutorie e ripristinatorie;
- come individuare gli affidamenti in conto corrente e dimostrarne l’esistenza;
- come impostare una “routine” in fase pre contenziosa;
- quali elementi individuare per rideterminare il saldo reale di conto corrente.
Tutti temi ancora attualissimi ed all’ordine del giorno.
Ma torniamo a noi.
Qui si parla di quando la prova della cessione del credito da parte dei una cessionaria è legittima, non di tecnicismi su rapporti di conto corrente, ricordi?
La prova della cessione del credito è divenuta dannatamente importante negli ultimi 5 anni, a mio avviso.
Oggigiorno è molto probabile affrontare un contenzioso con avverso una cosiddetta “società di cartolarizzazione”.
“ma che è sta società di cartolarizzazione?”
Se non sai di cosa parlo è per me doverosa una premessa.
In un precedente post ti ho dato una piccola infarinatura informativa su cosa si intende per “cartolarizzazione” e, appunto, per “società di cartolarizzazione” o “società veicolo”.
Lascio a fonti ben più “istituzionali” di me per darti adeguate nozioni in merito.
Se vuoi sapere cosa si intende per “cartolarizzazione”, clicca qui.
Detto terra terra – giusto per risparmiarti alcune ore di studio – la cartolarizzazione è un meccanismo per cui:
- esiste in principio una banca che detiene dei crediti (es: mutui concessi, apertura di credito, garanzie correlate);
- per vari motivi – tra cui politiche di “pulizia” di bilancio – ne seleziona una parte;
- cede “in blocco” le posizioni creditorie selezionate ad una società appositamente costituita per farlo – entra in gioco la “società di cartolarizzazione” (o SPV);
- la SPV non ha i fondi per l’acquisto – spesso un capitale iniziale di Euro 10.000;
- la SPV emette dei titoli di debito – obbligazioni – sul mercato per finanziarie l’operazione;
- con la finanza reperita acquista i crediti dalla banca cedente.
Se non ti è ben chiaro, rileggi l’elenco due volte.
Poi che accade?
Diciamoci la verità.
Gli investimenti effettuati dalla SPV sono del tutto particolari.
Sono gestiti in un “patrimonio separato” rispetto al Capitale Sociale iniziale.
Spesso, inoltre, non si tratta di investimenti a lungo termine.
O meglio, bisogna distinguere gli scenari.
Solitamente, per quello che ho potuto visionare in questi ultimi anni, le politiche per cui le banche decidono di “cartolarizzare” una parte di credito sono principalmente due.
Se collabori o lavori per una di queste e vedi che sto “sparando” grosso, ti prego di farmelo sapere nei commenti compilando il form che trovi in calce alla presente pagina.
Dicevo che gli obiettivi principali di una cartolarizzazione sono essenzialmente due.
Sgombriamo intanto il campo da ogni dubbio.
Le banche non si liberano solo dei crediti “poco buoni” o “pessimi” – tipo quelli a sofferenza.
Se così la pensavi, ti sbagli.
No, vi sono anche specifiche cessioni in blocco di crediti performanti o “buoni”.
Per esempio, anche il mio mutuo personale (non mi fraintendere, lo pago regolarmente ogni mese!) è stato cartolarizzato un anno dopo l’erogazione.
La banca mi ha forse ritenuto pericoloso o a rischio insolvenza?
Ovvio (o almeno spero) che no.
Lascia che ti spieghi.
Cartolarizzare i crediti – di solito i mutui – “buoni” e performanti può essere un buon investimento per entrambe le parti – banca cedente e SPV cessionaria.
In questa sede non voglio tediarti sul “prezzaggio” di questi crediti, però tieni bene in mente che la cedente ha buoni motivi per farlo. Genera nuove risorse da poter investire in altre operazioni di credito.
Dall’altra parte, la cessionaria investe in una rendita futura sostanzialmente sicura.
Dai crediti ipotecari si assicura sostanzialmente flussi di cassa costanti (in pratica, le rate che il debitore originario paga volta volta).
Con questi remunera gli obbligazionisti che hanno acquistato i titoli appositamente emessi per finanziare la “cartolarizzazione”.
Al suo posto, mi sentirei in una “botte di ferro”.
Tutto chiaro e lineare fino a qui?
Ne sono sicuro.
Il problema arriva quando la singola cartolarizzazione riguarda crediti “non buoni” e “non performanti”. In altre parole, quelli per cui la banca cedente ha già risolto i contratti sottostanti o aveva intenzione di farlo nel breve termine.
Cosa cambia rispetto al caso che ti ho raccontato poco sopra?
Dannatamente tanto.
Cambia tutto.
In primis, per la cedente.
Ti sembrerà un bel controsenso, ma la cedente “gode”.
“come fa a godere se una bella perdita non gliela toglie nessuno? facile ragionare con le perdite altrui …”
Aspetta, aspetta… adesso ti spiego e capirai cosa intendo.
Non mi fraintendere, la banca non è certo soddisfatta.
Se il credito è non performante può dipendere anche da valutazioni imponderabili fatte in fase di istruttoria.
Oppure semplicemente perché il “cliente” ha perso le condizioni iniziali di essere solvente.
Come CTP seguo parecchie opposizioni a precetto, esecuzioni e quant’altro e ti assicuro che non è infrequente veder mutato il merito creditizio anche nel giro di (soli) cinque anni.
Nel momento in cui la banca sceglie di “cartolarizzare” un credito non performante, non la fa certo ad un prezzo pieno.
Il valore di mercato di quel credito è pesantemente compromesso.
Così come compromessa è una parte del cosiddetto “patrimonio di vigilanza” della banca.
“patrimonio di vigilanza”, ma che roba è?
Non è questo il luogo adatto per parlarne. Oggetto di questo post è solo quello di spiegarti quando la prova della cessione del credito da parte dei una cessionaria è legittima e consigliarti cosa fare per difenderti.
E’ giusto comunque che tu conosca almeno questi aspetti.
Il “patrimonio di vigilanza” non è il capitale sociale della banca.
Questo puoi levartelo dalla testa.
Come potrai tu stesso verificare leggendo qui, si tratta di una dotazione di “mezzi propri” regolamentare (che comprende anche il capitale sociale, ma non solo).
Ogni banca che sottostà al regime del TUB deve rispettare alcuni requisiti di vigilanza prudenziale secondo quanto stabilito dagli “Accordi di Basilea” che si sono susseguiti nel tempo.
Uno di questi, come ti ho detto, è il patrimonio di vigilanza.
Ma da cosa è composto?
Te la faccio brevissima, dandoti l’informazione che serve per riallaciarmi a quanto ho da dirti in questo post.
Sappi che il patrimonio di vigilanza è costituito:
- da elementi del capitale primario di classe 1;
- da elementi di classe 2 al netto di alcune deduzioni.
Non è finita qui.
Il Capitale di classe 1 è, a sua volta, suddiviso in:
- Capitale primario di classe 1;
- Capitale aggiuntivo di classe 1.
Il “primario” di classe 1 comprende il capitale versato, le riserve o gli utili non distribuiti, senza alcun tipo di limitazione.
Il capitale “aggiuntivo” di classe 2 contiene, invece, strumenti che possono assorbire parte delle perdite della banca in caso di situazioni di crisi o liquidazione.
In generale, le principali classi che compongono il patrimonio di vigilanza di una banca sono queste.
Capitale Azionario
Costituisce naturalmente la base patrimonio della banca. È composto da azioni emesse dalla banca e possedute dagli azionisti.
Riserve di Capitale e di Utili
Sono i fondi che vengono trattenuti dalla banca dai suoi utili al fine di creare un cuscinetto di capitale per far fronte a potenziali perdite future o per soddisfare i requisiti normativi.
Strumenti di Debito Subordinato
Sono obbligazioni emesse dalla banca che possono essere convertite in azioni o soggette a perdite nel caso di difficoltà finanziarie.
Riserve per Rischi e Oneri
Sono fondi riservati dalla banca per coprire potenziali perdite o spese impreviste, come deterioramento degli attivi, esposizioni di credito inesigibili o contenziosi legali.
Coperture di Liquidità
Rappresentano gli strumenti finanziari, come riserve di liquidità o linee di credito, che garantiscono che la banca abbia accesso a fondi sufficienti per far fronte alle sue necessità immediate di finanziamento e per preservare la stabilità operativa.
So bene che se un funzionario di banca leggesse le descrizioni che ti ho dato mi darebbe quasi del “somaro” per la sinteticità in cui ti ho riassunto del principali voci del “patrimonio di vigilanza”.
Come ti ripeto, non è obiettivo di questo post spiegartelo.
Lascia dunque che mi riallacci al ragionamento di cui sopra. Ora ho tutto ciò che mi serve per proseguire.
Tra tutte le voci che ti ho vergognosamente (lo ammetto) sintetizzato, mi interessa tirare per un orecchio e prendere da una parte la “Riserva per Rischi e Oneri” – guarda caso, l’unica che ti ho sottolineato.
Per quanto mi riguarda, è uno dei motivi che induce la banca a “cartolarizzare” i crediti non performanti.
Sai perché?
Eccoti servito.
La banca dovrebbe costituire – proprio così – una specifica riserva per affrontare i potenziali deterioramenti degli attivi, tra cui in particolare i crediti non performanti.
Questa riserva viene creata per coprire le perdite che potrebbero derivare dai crediti problematici e ridurre l’impatto negativo sul patrimonio della banca.
La costituzione di riserve per rischi e oneri è una pratica prudenziale che aiuta a garantire che la banca abbia fondi sufficienti per far fronte a eventuali perdite e preservare la sua solidità finanziaria.
“forse ho capito, mi stai dicendo che la banca deve mettere altri soldi da parte per mitigare il rischio di non vedersi rimborsare i soldi già prestato?”
E’ ben più complesso di così, però SI.
“quindi cartolarizzare significa…”
… che la banca non solo alleggerisce il bilancio da un credito che magari non frutta più interessi MA SOPRATTUTTO …
… toglie di mezzo una riserva (i soldi da parte “extra” – la riserva per “rischi e oneri”) creata per mitigare il rischio.
Detto terra terra, questi fondi appositamente costituiti e messi da parte non potevano (ahibanca) essere investiti.
Ecco perché ti dicevo quanto può godere, da un lato, la banca che “cartolarizza” crediti a “pancalate”.
Libera risorse da poter investire, migliorando così anche – effetto non secondario – il “patrimonio di vigilanza”.
“ascolta Tommaso, tutti questi discorsi sulle voci di patrimonio non hanno nulla a che fare con la prova della cessione, adesso me ne vado…”
Ti ringrazio per avermi seguito fin qui.
Se in questo posto non hai trovato quello che cercavi ti assicuro che ci siamo quasi. Prendi fiato per 5 minuti, poi prosegui.
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Perché non provi?
Lascia a questo punto che prosegua con il ragionamento.
Poco più sopra ti avevo descritto l’interesse per la SPV di acquisire crediti buoni e performanti.
In un’ottica di medio lungo periodo si assicura rendite regolari, costanti e (quanto meno) sicure.
Quando acquista “crediti non performanti”, l’ottica cambia di brutto.
Cambia completamente.
L’obiettivo è quello ovviamente di massimizzare l’investimento, perché di questo (brutalmente) si tratta.
Il fine è quello di recuperare, massimizzare la “plusvalenza” e ripagare l’investitori che hanno gentilmente acquisito i titoli obbligazionari emessi per finanziare l’acquisto dei crediti in “blocco”.
Da CTP, ti dico che quando tratto con i gestori delle SPV per formulare accordi transattivi per conto dei miei clienti, di fatto parlo “con investitori”, non con banche.
L’unico obiettivo che hanno in testa è il valore della garanzia sottostante il credito che hanno acquistato. Ed è quel valore che vuol essere realizzato.
Tutto il resto non conta. E’ pura speculazione, dal mio modestissimo punto di vista.
A questo punto, fermi tutti.
Urge fare un recap rapido di tutto quello che ci siamo detti fin qui.
Ti ho parlato:
- delle cartolarizzazioni,
- del perché una banca decide e ritiene opportuno “cartolarizzare”,
- del perché una SPV viene costituita.
Ma, soprattutto, della ragion d’essere di una SPV.
Ecco che arriviamo finalmente al nocciolo di questo post.
Ti avevo promesso fin dall’inizio che ti avrei dato delle dritte su come capire se la prova della cessione del credito da parte di una “cessionaria” SPV è legittima.
Mi ricollego perfettamente a questo ultimo passaggio.
La SPV non acquista soltanto crediti in sofferenza, risolti e da recuperare esecutivamente.
La SPV investe ANCHE in questo tipo di crediti.
L’unico modo per realizzarli (o quanto meno tentare) è aggredire le garanzie o procedere con intimazioni di pagamento.
In questi casi, la SPV procede con decreti ingiuntivi e precetti a “manetta”.
Ed è giusto che agiscano in questo modo.
D’altra parte, tu cosa faresti al posto loro?
Ti faccio questo esempio.
Ogni riferimento a prezzo e percentuale è puramente casuale.
Acquisti un credito di Euro 100.000.
Il credito è a “sofferenza”, risolto e non più performante.
Lo acquisti per 40.000
Questo credito è garantito da un immobile con ipoteca di primo grado.
L’immobile ha un valore commerciale attuale di 80.000 Euro.
Sto semplificando parecchio soltanto per farti entrare direttamente nel punto di vista della società “cessionaria”.
Il processo è molto più complicato di questo, però sappi che la linea di condotta è più questa.
Ora, come agiresti?
Potrei sicuramente sbagliarmi, e non sarebbe certo la prima volta, però procederei:
- dapprima intimando il pagamento facendo presente di essere il “nuovo” creditore;
- procedendo con l’esecuzione immobiliare (c’è un immobile sottostante a garanzia, ricordi?) se non ho avuto risposta dal debitore.
Adesso mi pongo dal lato del debitore, che è l’aspetto che ci interessa maggiormente e che, in fondo, è l’oggetto principale di questo post.
Ricordati bene questo concetto.
Chi pretende da te (se vesti i panni del debitore) il saldo dell’esposizione non è la banca.
E’ un terzo acquirente del credito.
Ma il 99% delle volte non ha acquistato solo il tuo, di credito. Ne ha acquistati a “pancalate”.
Ci troviamo infatti nell’ambito delle cessioni in blocco disciplinate dalla L. 130/99.
Ed è qui la differenza fondamentale rispetto all’esempio da quattro soldi che ti ho riportato sopra.
Nel momento in cui il nostro “terzo” acquista migliaia e migliaia di posizioni in una “botta” sola – ecco perché banalmente si parla di “cessioni in blocco” – come fa a rendere noto a tutti del “passaggio”?
“grazie a Dio esistono le PEC e la posta raccomandata…”
Lascia che ti dica una cosa.
La L. 130/99 agevola molto questo passaggio.
Con una bella pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della notizia della cessione in “blocco” tra banca cedente e SPV cessionaria, la SPV avrebbe assolto il suo compito… pubblicitario (rileggi una seconda volta).
Questione risolta?
No di certo.
Adesso viene il bello.
Se hai letto bene le parole, ti ho evidenziato in grassetto “notizia” e “pubblicitario”.
Adesso ti spiego il perché.
Quando la SPV si fa avanti il tuo compito non è contestare l’avvenuta operazione o meno.
Se Banca Spa ha ceduto a SPV Srl un pacchetto di crediti, non puoi certo metterlo in discussione.
E’ un fatto accaduto.
La questione che mi interessa è più sottile.
Il punto focale è come fai ad essere certo che all’interno di quell’operazione di cartolarizzazione c’è anche la tua posizione.
Rileggi per due volte anche questa frase.
Qui si gioca una parte della “partita” importantissima.
COSA SERVE PER CAPIRE QUANDO LA PROVA DELLA (TUA) CESSIONE E’ LEGITTIMA?
Rifletti un attimo.
Banca Spa decide di cedere un pacchetto di crediti in blocco ad SPV Srl (lo so, ammetto che la mia fantasia per i nomi è alquanto scadente).
Come pensi che si concluda l’accordo tra le parti?
Forse con una bella stretta di mano, pacche sulle spalle di fronte ad un buon caffè?
Certo, anche… ma non prima di aver firmato un contratto scritto in qualche studio notarile…
Bingo!
La prova è legittima SOLO SE è assistita da un contratto di cessione che evidenzi per filo e per segno:
- le parti in causa – per intendersi, Banca Spa e SPV Srl;
- quanti crediti e posizioni rientrano nell’operazione di cessione;
- per quale prezzo
Ma soprattutto QUALI CREDITI SONO INCLUSI NEL PASSAGGIO.
Devi accertarti che all’interno del “pacchetto” ci sia anche il TUO.
Altrimenti non c’è certezza che la SPV sia realmente il tuo creditore, ammesso che lo sia.
E se poi Banca Spa viene a richiederti la stessa cifra della SPV?
Chi paghi?
Chi è il soggetto giusto a cui pagare?
Lascia che te lo dica.
Sarebbe una bella confusione, da perderci la testa.
Ecco perché ti serve a tutti i costi il contratto di cessione.
Lo dico io?
Certo che no. Io sono solo un ardente appassionato che divulga direttamente a te spunti pratici e consigli tratti dalla mia esperienza ultradecennale – che non fa di me ovviamente un esperto.
E’ la Corte di Cassazione in “persona” che ha stabilito il principio.
Vediamolo nel dettaglio.
CONTRATTO DI CESSIONE
Il contratto è la prova “regina”.
Non è altro che l’accordo scritto con tutte le clausole in cui cedente e cessionaria hanno perfezionato il “passaggio” delle posizioni dall’una all’altra.
Ti dico la verità, ne ho visti pochi. Le SPV difficilmente lo allegano ai propri atti. Se proprio lo fanno, si prendono la briga di oscurare dati sensibili, tra cui (guarda caso) anche il prezzo di cessione.
Tra quelli che ho potuto visionare, ho notato la stesura delle clausole “standard” che potrebbero essere imputabili ad una ordinaria cessione di un credito.
Ma i singoli crediti dove stanno?
Solitamente vengono allegati ad una lista che – di solito – non viene prodotta.
LISTA DEI CREDITI – in che forma?
Può sembrarti banale, ma anche la forma della lista dei crediti assume una discreta importanza.
Se sei un professionista che si sporca le mani (nel senso più nobile del termine) nel contenzioso bancario, ti sarai sicuramente imbattuto in delle liste di crediti preformattate.
Avrò letto sicuramente pochi contratti di cessione – quelli che sono stati effettivamente prodotti dalla cessionaria di turno.
Tutti questi menzionavano una lista della posizioni cedute tra gli allegati al contratto.
Questo qua come ti sembra?
Sembra quasi una lista redatta su file “excel” e convertite in “pdf”.
Può avere un senso tutto questo?
A mio parere no.
Ecco perché diffido da tutti i prospetti che non riportano alcunché, neppura una firma delle parti. Ritengo che una parte della giurisprudenza sia piuttosto convincente sul punto.
DICHIARAZIONE DELLA BANCA CEDENTE
E se ti ritrovi con una dichiarazione scritta della banca Spa “cedente” che ti “certifica” di aver trasferito il credito alla SPV, come ti comporti?
Personalmente, condivido questa impostazione.
La dichiarazione del cedente non può avere valenza sostitutiva del contratto di cessione o dell’elenco recante le posizioni cedute che allo stesso avrebbero dovuto essere allegate.
Sarebbe altrimenti troppo semplice “bypassare” l’onere della prova con una paginetta.
Recentemente, il Tribunale di Brescia è stato abbastanza chiaro sul punto.
SPECIFICA DEI CREDITI NELLA GAZZETTA UFFICIALE… quando può valere?
L’avviso in pubblicazione in Gazzetta Ufficiale è idoneo a dimostrare l’effettiva cessione del credito SE E SOLO SE:
- il contenuto indica senza lasciare incertezza o dubbi su quali crediti sono stati oggetto di cessione – ai fini della determinatezza ex art. 1346 CC;
- sono esplicitati i crediti inclusi ed esclusi dalla cessione
Se ti trovi a leggere un “avviso” ben circostanziato, allora non importa che ci sia un contratto di cessione a supporto.
Se l’avviso precisa già tutto, effettivamente è chiaro.
Vuoi sapere la verità?
Nella mia – scarsa o abbondante non so – esperienza, non mi è mai capitato di leggerne una dettagliata. Se a te sì, fammelo sapere nei commenti compilando il form.
Ne ho letti sempre “generici”. Questo perché ovviamente le cessioni in blocco trattano solitamente migliaia di posizioni. Magari mi sbaglio, ma credo sia difficile trovare dei fattori comuni a tutti.
IN CASO NEGATIVO è indispensabile produrre il contratto di cessione, con annesso dettaglio delle singole posizioni creditorie vantate dalla banca cedente nei confronti del debitore ceduto.
CONCLUSIONI
“ma insomma Tommaso, come faccio a capire se merita eccepire la prova della cessione ?”
Mi rendo conto che le informazioni date sono tante, per cui credo sia necessario concludere con un bel riassunto.
Quando leggi “cessionaria”…apri bene gli occhi
Ci sono due aspetti a cui devi far fronte.
Uno è quello tecnico. Hai sempre a che vedere con una forma di intimazione di pagamento. L’analisi della regolarità del mutuo o del conto corrente è la prima cosa.
L’altro è quello della valutazione sulla prova della legittimazione della SPV ad agire.
Chiedi sempre a te stesso se la SPV ha fornito prova adeguata. È lei la titolata ad incassare i soldi che chiede?
È lei che può agire – se non paghi – esecutivamente?
Le domande non sono per nulla banali. Soprattutto se rivesti il ruolo di Curatore o di delegato alla vendita.
Lascia che te lo dica e accetta questo consiglio.
Non ci sono regole scolpite nell’acciaio. Anche se segui ciò che sto per dirti, non è detto che tu ottenga il risultato sperato.
Gli orientamenti giurisprudenziali cambiano con una frequenza spaventosa.
Ho una mia “checklist” che vorrei condividere con te, basata proprio su questi.
“dimmela”
Ecco la mia “checklist”, in ordine:
- Avviso di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale;
- Contratto di cessione;
- Lista dei crediti oggetto di cessione;
- Dichiarazione della cedente.
Lo so lo so, non sono nell’ordine che ti ho esposta sopra.
È tutto calcolato per agevolare la tua valutazione (o del tuo professionista).
Controllo la Gazzetta Ufficiale per verificare la precisione con cui sono esposti i fatti. Se i crediti ceduti sono ben circostanziati, e chiaramente “inquadrati” senza margine di incertezza, l’eccezione di mancata prova “scricchiola”.
Non posso negarlo.
Altrimenti, puoi procedere ai punti successivi.
È giunto il momento di chiedere la produzione del contratto di cessione.
Non viene prodotto?
Allora l’eccezione è – in base a quei principi elaborati dalla giurisprudenza – fondata. In linea teorica la “SPV” che richiede i soldi non ha titoli per farlo.
Se il giudice ti dà ragione, la domanda di intimazione viene respinta.
Bello no?
Certo, potrebbe però non essere sufficiente.
Magari viene allegata una lista con un elenco – probabilmente numerico – di posizioni numerate.
Che forma ha questa lista?
Se non è autenticata e controfirmata (è un allegato al contratto di cessione, ricordi?), potrebbe anche essere un file appositamente predisposto per la difesa.
Sono il primo a credere nell’onestà e correttezza dell’operato degli altri, però a volte il formato ed il tempismo con cui sono prodotti questi “listoni” fanno pensar male.
Io mi ostino a dire che la mancata “firma” non è sintomo di approvazione della parti. Ergo, il documento non è un vero allegato dell’atto di cessione.
E se la cedente produce una dichiarazione in cui dice che il credito Alfa lo ha ceduto effettivamente alla SPV?
Beh, io seguo il filone per cui questa letterina non può bastare per sostituire il contratto vero e proprio.
****
Siamo arrivato in fondo.
Ti ringrazio di avermi accompagnato per tutto il post.
Credo tu abbia molto chiaro il concetto di “cartolarizzazione” e di cosa tu debba fare per fronteggiare l’eventuale carenza di prova.
Se hai idee o tesi diverse da quelle qui sopra esposta, ti prego di farmelo sapere compilando il form in calce alla pagina.
Un abbraccio, alla prossima.
Tommaso
p.s. Voglio agevolarti sulle prossime volte.
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